domenica 12 febbraio 2017

Domenico J Esposito intervista Maurizio De Giovanni

Nel 2014 collaboravo con la rivista L’AltraFaccia di Tommaso Bello e stava per uscire il “numero 0” dell’edizione cartacea dove pubblicai un’intervista a Maurizio De Giovanni. L’intervista fu fatta il 13 novembre del 2014, ma per questioni di organizzazione la rivista uscì nella primavera del 2015. In estate Maurizio De Giovanni diventò cittadino onorario di Cervinara, paese in cui vivo.  Riporto qui di seguito l’intervista. 
Ci racconti come ha iniziato a scrivere.
Ho cominciato per puro caso, anzi per mano altrui. Nel 2005 seguivo un corso di Scrittura e Lettura Creativa intitolato ad Achille Campanile. Per la verità era, o allora potevo credere che fosse, solo un passatempo: accompagnavo a calcetto i miei due figli e per ingannare l’attesa avevo deciso di frequentare queste lezioni ispirate all’opera di quello che io ritengo uno dei massimi geni che abbiamo avuto in Italia. I docenti, per farmi uno scherzo, mi iscrissero a un concorso per giallisti esordienti sponsorizzato dalla Porsche. Inopinatamente vinsi la tappa di Napoli e poi la finale, a Firenze, con due racconti che avevano come protagonista un Commissario che vedeva i morti. Poiché l’eliminatoria si svolse al Gambrinus, l’ambiente liberty mi spinse ad ambientare le storie negli anni Trenta. Il premio consisteva non già in un’automobile, ma nella pubblicazione del racconto vincitore nel numero di Agosto dell’Europeo. Di qui, una serie di colpi di fortuna con la C maiuscola: prima il contatto di una signora di Padova, agente letterario che mi chiese un romanzo col medesimo protagonista dei racconti, ipotizzando che io ne avessi diversi già pronti (e invece fui salvato dalle ferie, che mi consentirono di inventarmi “Il senso del dolore”); poi la pubblicazione con un piccolo editore napoletano; poi l’arrivo di Fandango; poi Einaudi e non solo. In poco tempo il passatempo è diventato il mio lavoro a tempo pieno. Anzi: tempo proprio non ne ho più. Dovrò inventarmi una formula di presentazione dei libri notturna, per ottimizzare: la veglia con l’Autore, per esempio.
A quali autori s’ispira?
Adoro Ed McBain, grandissimo autore statunitense scomparso nel 2005, proprio quando io ho cominciato a scrivere. La sua serie dell’87° Distretto è letteratura pura, con uno stile partecipe e doloroso che lascia spesso senza fiato. I suoi romanzi sono perle e io, ogni volta che comincio a scrivere, ne rileggo uno sperando che un po’ di quella magia mi resti attaccata alle dita. Ma qeusto vale per il ciclo dei Bastardi: il personaggio di Ricciardi e la sua particolarità sono una mia invenzione!
Molti si chiedono quale sia la differenza tra un giallo e un noir, Lei come la spiegherebbe?
In due parole, direi che il giallo è un enigma, il noir una storia di violenza geograficamente e socialmente ben collocata.
Un film noir che le è piaciuto particolarmente.
Black Dalia. Ma non escluderei di essere stato influenzato dal fascino delle protagoniste femminili.
Quali, tra gli scrittori  di romanzi polizieschi del passato, ammira di più?
Al di là di McBain, direi senz’altro Simenon, che per me è uno dei più grandi scrittori del secolo in assoluto.
E tra gli scrittori del presente?
Noi giallisti, diversamente forse dagli autori di letteratura generalista, siamo molto legati tra di noi. Per questo conosco bene, e ammiro moltissimo, Dazieri, Carlotto, Carrisi, De Cataldo, Biondillo, Morchio, tra i miei amici più cari. Un posto speciale lo riservo a Diego De Silva, per me senz’altro la migliore penna contemporanea.
 Com’è nata l’idea di creare il commissario Ricciardi?
Ricciardi nasce per puro caso; oltre all’ambientazione liberty del caffè Gambrinus, galeotti furono il caldo opprimente di giugno e una bambina che passava fuori in strada e che, sentendosi osservata, mi fece una smorfia. Piccoli elementi che fecero scattare dentro di me l’idea di come debba essere il poter vedere quello che gli altri non vedono. Nacque così il “Fatto”, che non è altro che la metafora della compassione, portata alle estreme conseguenze. Ricciardi è condannato a vedere il dolore senza avere la possibilità di distoglierne lo sguardo. Questa sua perenne condizione, in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti, lo costringe alla solitudine.
Com’è nato invece l’ispettore Lojacono?
Una reazione a una domanda ricevuta durante una cena con l’Autore a Napoli (l’Autore ero io!). Mi fu detto che il cognome de Giovanni era ignoto ai più: si parlava di me come l’autore del Commissario Ricciardi e questo, secondo l’intervistatrice, avrebbe dovuto crearmi dei problemi.
In realtà, non mi sentivo danneggiato dalla popolarità di Ricciardi. Anzi. Colsi però quella che voleva essere una provocazione, e nemmeno troppo benevola, come una sfida: decisi di affrancarmi dalla coperta degli Anni Trenta e mi rivolsi al contemporaneo. Devo dire con buon successo, almeno per ora.
Quanto è importante leggere, a prescindere se si è scrittori o meno?
Anche, o forse soprattutto nella nostra era ipertecnologica, leggere resta fondamentale. Dico sempre che potrei tranquillamente smettere di scrivere (temerei solo la reazione di Paola, se lo facessi), ma non potrei mai smettere di leggere. Per niente al mondo.
Il Pasticciaccio di Gadda, il poliziesco più odiato dagli studenti. Lei cosa ne pensa?
A me Gadda ha sempre affascinato: un ingegnere prestato alla letteratura, quando tra gli studenti circola la voce che gli ingegneri – e mio figlio maggiore lo è – sono ignoranti, nel senso  che sono poco inclini – per usare un eufemismo – alla lettura, data la loro particolare forma mentis.
Qual è il suo metodo scrivere?
A immersione totale. Scrivo velocissimamente, ma per fare ciò devo letteralmente entrare nel mondo dei miei personaggi. Una sorta di metodo Stanislawsky, frainteso da Paola che in una recente intervista lo ha definito una particolare forma di autismo. E’ proprio vero: dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna….che lo prende a calci!
Come si diventa oggi scrittori affermati?
Affermati non lo so. Serve fortuna, poi fortuna, ancora fortuna, e infine passione e desiderio di condividere e di mettersi sempre in discussione.
Che cosa consiglia, quindi, agli aspiranti scrittori?
Di non allontanarsi mai dalla vita vera.
Si vociferava, un po’ di tempo fa su una serie tv su Ricciardi.  Un’idea sfumata?
Assolutamente no. Nel 2015 uscirà la serie ispirata ai Bastardi su RAI 1, ma ho già contrattualizzato la cessione dei diritti TV di Ricciardi. In altre parole, de Giovanni sta per invadere l’etere!
Prossime uscite e altri progetti per il 2015?
Ho scoperto che la cosa che più mi appassiona è il teatro. Ho quindi accettato con entusiasmo la proposta di Alessandro Gassmann che mi ha chiesto di riscrivere Qualcuno volò sul nido del cuculo, ambientando la vicenda nel manicomio criminale di Aversa negli anni Ottanta. Andrà in scena al Bellini nell’aprile del 2015. E questo mi riempie di gioia e di orgoglio.

Domenico J. Esposito

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