giovedì 26 novembre 2015

Il pastiche e la letteratura in dialetto nel poliziesco: Da Ingravallo a Montalbano

Il famoso attore e regista Pietro Germi, che dal romanzo di Gadda trasse il film “Un maledetto imbroglio”, non riuscì a finire di leggere il libro, come svela lo sceneggiatore Alfredo Giannetti: «in un'intervista. “Germi ne lesse metà e poi disse: ‘Senti, ma chi è l’assassino? Io non sono riuscito a capire, sono arrivato a metà. Pieno di parole complicate…’ Non l’ha mai letto”. In effetti, il Pasticciaccio di Gadda non è esattamente un libro da regalare per Natale. Proprio per questo, forse, però io l'ho amato e non sono invece riuscito a finire di vedere il film di Germi (preferendo di gran lunga lo sceneggiato con Flavio Bucci). Non è il classico giallo stile Conan Doyle al quale siamo abituati. E' invece, un giallo senza soluzione. Un'analisi della società, la quale, per Gadda, è troppo complicata perché si risolva il caso, sulla stessa linea d'onda di Svevo ne La Coscienza di Zeno.
Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana è un pasticciaccio in tutti i sensi: non solo il caso affidato al commissario, è un gran pasticcio, uno “gnommero”, un caso complicato, anzi, i due casi che non si sa se sono collegati o meno, “Quanno me chiammeno!… Già. Si me chiammeno a me… può stà ssicure ch’è nu guaio”,  ma il libro è anche una Babele, un pastiche linguistico, che alterna italiano, dialetto, arcaismi, forestierismi e latinismi. “’quacche gliuommero… de sberretà…’ diceva, contaminando napolitano, molisano, e italiano”.
All'inizio, a causa del dialetto romanesco, si può fare un po' di fatica a leggere, ma dopo aver preso confidenza con il testo, chi ama la letteratura e l'originalità in essa, troverà quest'opera sublime. Parte come un giallo, ma subirà delle variazioni. A Gadda, infatti, interessa raccontare il reale, analizzare il lavorio mentale dei poliziotti.
Il commissario dottor Francesco Ingravallo, detto Don Ciccio, è un poliziotto molisano in servizio a Roma, “non ancora cavaliere”, nell'epoca del fascismo. Mescola, infatti, - come abbiamo visto - romano, molisano e napoletano. Anche la sua lingua è un pasticciaccio. Alter-ego di Gadda, il quale, diventando funzionario della Rai, si trasferisce a Roma, dove impara il dialetto romanesco e scrive quest'opera proprio in dialetto grazie all'aiuto di alcuni amici esperti romani.
Ingravallo è un poliziotto filosofo, malinconico e introverso, non si sente amato dalle donne e, durante le indagini, infatti, invidia quei giovanotti sospettati o interrogati di cui si parla come dei seduttori, di uomini amati e ricercati dalle donne.
Anche da questo punto di vista, Ingravallo è l'alter-ego di Gadda. Il romanzo è pieno d’ironia, di satira sul duce, sulla sua figura caricaturale: “Quel pazzo che sbraita al Palazzo Chigi”, o “Il Mascellone”, e altre espressioni grottesche riguardando Mussolini. Una critica al fascismo si avvertirà sempre. Anche, per esempio, leggendo la frase “Di questi tempi esistono ancora ladri e assassini?” Un'espressione sarcastica contro il luogo comune di alcuni contemporanei nostalgici che descrivono, a torto, il regime fascista come una società di totale ordine sociale.
Il commissario Ingravallo è amico dei coniugi Balducci che un giorno lo invitano a cena. Liliana, la moglie, soffre perché non è riuscita ad avere figli. Qualche giorno dopo, la contessa Menegazzi viene derubata dei suoi gioielli. Questo furto, che agita tutto il palazzo, precede un altro crimine: l'assassinio di Liliana Balducci. Ingravallo è incaricato dell'indagine. Iniziano i sospettati: Giuliano, colui che ha scoperto il cadavere, cugino di Liliana. Il prete, padre spirituale di Liliana.
Le domestiche: una di loro ha avuto una relazione con il marito. La scena dell'indagine si sposta sui castelli romani. Dalle indagini, risulta che il sospettato avesse una sciarpa verde. Tutto porta all'arresto di Ines: da lì si risale al proprietario della sciarpa: Enea Retalli, detto Igino. La sciarpa era finita in lavanderia, una lavanderia che copre una casa di appuntamenti in cui si trova una certa Zamira, con le sue giovani prostitute. A Gadda piaceva molto l'idea di scrivere un giallo, soprattutto perché attratto dalla cronaca nera. Dietro questo delitto, c'è un conflitto irrisolto. Per Gadda il giallo è l'orizzonte da cui far emergere un groviglio. Il giallo è esso stesso un “pastiche”. Trovare il senso in una vicenda apparentemente insensata. Gadda, come Ingravallo, ama l'ordine e nota che il mondo è in disordine. Il pasticciaccio è un'opera realista che presenta meccanismi narrativi e linguistici e una duplicità di personaggi e scene: furto e omicidio, le scale sono due. Insomma, il due è un numero corrente, nel romanzo.
Ora andiamo verso il presente, a una letteratura dei giorni nostri, facciamo un breve confronto con uno degli autori più letti del nostro secolo.
Potrebbe solo essere una mia impressione, ma leggendo le prime righe del Pasticciaccio, ho notato una certa somiglianza con i romanzi di Camilleri, un po' per la personalità di Ingravallo, per certi versi analoga a quella del commissario Montalbano, pigro, introverso, sonnolento ma sveglio allo stesso tempo; un po' per il registro linguistico che alterna italiano e dialetto. Certo, la lingua siciliana e lo stile di Camilleri sono molto più fluidi rispetto al pastiche di Gadda che talvolta utilizza i due punti dove potrebbe benissimo utilizzare la virgola o i puntini sospensivi, ma non è un caso se Camilleri si era ispirato proprio a Ingravallo, quello interpretato proprio da Pietro Germi nel film “Un maledetto imbroglio”, per la fisionomia di Montalbano. Lo descrive, infatti, così, molto differente dall'immagine celebre di Zingaretti tant’è che l’attore stesso riconosce che:

Camilleri diceva che sì, ero un bravo attore, ma non ero il suo Montalbano. L'aveva scritto pensando a Pietro Germi, con i baffi, quella sua andatura, i capelli. E ancora ci tiene a dire che non si è mai ispirato a me, che l'autentico Montalbano è altro da Zingaretti. Così come vi sono differenze tra il Pasticciaccio e i romanzi di Camilleri: nel primo, infatti, il registro linguistico cambia continuamente e non si limita, come nel caso di Camilleri, ad alternare l’italiano ed un solo dialetto, ma è addirittura “polifonico”. Tuttavia, il famoso commissario Montalbano, quello letterario, assomiglia, quanto alla fisionomia, all’Ingravallo cinematografico di Germi, a livello caratteriale, all’Ingravallo letterario, ma Ingravallo non si sente amato dalle donne, mentre Montalbano è fidanzato con Livia ed è amato dalle donne. Se andiamo, però, a vedere anche gli altri commissari letterari, nati successivamente, – a partire dal Santamaria di Fruttero fino al Ricciardi di De Giovanni, sembrano tutti nati da una cellula del malinconico Ingravallo.

Domenico Esposito, scrittore

lunedì 8 giugno 2015

“Libriamoci” – 2^ edizione – 26/31 ottobre 2015

Dal 26 al 31 ottobre 2015 si terrà la seconda edizione di "Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole". Il programma si svilupperà attraverso reading, maratone e incontri speciali che potranno prevedere la presenza di illustri autori, presenza di forte rilievo culturale, fondazioni e associazioni.

della Redazione

Nell'ambito delle attività previste dal protocollo d'intesa tra il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, si inserisce l'iniziativa "Libriamoci", realizzata grazie al lavoro del Centro per il Libro e la Lettura.

 La seconda edizione di "Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole" si terrà dal 26 al 31 ottobre 2015 e l'auspicio è che diventi un appuntamento annuale del calendario scolastico.

L'obiettivo di tale iniziativa è di riuscire a coinvolgere il maggior numero di studenti, avvicinandoli ai libri attraverso attività di lettura ad alta voce organizzate con gli insegnanti, senza alcun fino valutativo, ma con l'unico scopo di far riscoprire ai più giovani il piacere della lettura e la possibilità di sfruttare il proprio tempo in modo costruttivo ed educativo, con la piacevole compagnia di un buon libro. Il programma si svilupperà attraverso reading, maratone e incontri speciali che potranno prevedere la presenza di illustri autori, presenza di forte rilievo culturale, fondazioni e associazioni.

Gli insegnanti sono pertanto invitati ad inserire queste attività nel POF degli istituti scolastici e a organizzare attività di lettura ad alta voce che coinvolgano gli studenti. All'iniziativa possono partecipare scuole di ogni ordine e grado.

Per avere suggerimenti e informazioni, per condividere i propri progetti e per organizzare le iniziative (contattando associazioni, autori, biblioteche, lettori, etc...), gli insegnanti potranno avvalersi del nostro sito, dove saranno rese note tutte le iniziative segnalate dalle scuole, grazie al coordinamento del Centro per il Libro e la Lettura.

Si ricorda che chi aderisce alla campagna descrivendo sul sito l'iniziativa riceverà un attestato di partecipazione e parteciperà all'estrazione di 50 premi in libri tra le prime 1000 iniziative registrate.

In considerazione del valore dell'iniziativa le SS.LL. sono pregate di assicurare la più ampia e tempestiva diffusione dell'iniziativa in oggetto presso le istituzioni scolastiche.

Fonte: http://www.libriamociascuola.it/?p=830

domenica 22 marzo 2015

Presentazione Bumerang di Aniello Troiano a Cervinara

Domenica scorsa ho avuto il piacere di presentare nel mio paese a Cervinara, "Bumerang", il romanzo d'esordio di Aniello Troiano, giovane scrittore di San Martino Valle Caudina. Un romanzo che vi consiglio. Lettura piacevole, scorrevole e divertente, una sorta di commedia nera ambientata proprio nella nostra zona  (in Valle Caudina, per chi non lo sapesse) che racconta la nostra realtà. Prossimamente, la mia recensione su Sololibri.net


(In foto: a sinistra il giornalista Peppino Vaccariello, al centro l'autore Aniello Troiano e a destra io, lo scrittore Domenico Esposito).

Ultima intervista per L'AltraFaccia online, allo scrittore Luca Favaro

Intervista allo scrittore Luca Favaro

Luca Favaro è nato a Treviso. E’ sposato, ha due figli, vive a Breda di Piave (TV), lavora come infermiere in un ospedale di Treviso, scrive, canta nel coro Gospel Sonoria ed è piuttosto attivo
nell’ambito del volontariato. Nei pochissimi ritagli di tempo, sfida il suo daltonismo tentando di
dipingere con, dice lui, pessimi risultati. Ti ho visto è il suo terzo libro, e segue Il sole in una lacrima e Il sentiero della libertà. Leggendo le informazioni che Luca mi ha mandato per l’intervista, man mano m’incuriosiva sempre di più e m’ispirava sempre più domande, ma dovremmo accontentarci dello spazio che ci riserva la nostra rivista, sperando di riuscire ad esaurire almeno la curiosità dei nostri lettori e d’invitarli a leggere il romanzo del nostro autore.  
Sul sito della casa editrice La Gru, un estratto del libro http://www.edizionilagru.com/ti-ho-visto

Domenico Esposito: Ciao, Luca, benvenuto a questa nostra breve intervista su L’Altra Faccia.
Luca Favaro: Ciao! Grazie di cuore per l’invito all’intervista, a cui partecipo con molto piacere.
Domenico Esposito: Quando hai iniziato a scrivere e com’è nata la tua passione per la scrittura?
Luca Favaro: La passione nasce sicuramente dalla lettura. Ho sempre letto molti libri, fumetti o riviste. Ho avuto la fortuna di aver incontrato un maestro che ha saputo trasmettermi la passione per la lettura così come anche per la musica. Non saprei identificare con chiarezza il periodo in cui ho cominciato a scrivere, credo dall’adolescenza o poco prima. Scrivevo in un diario gli avvenimenti che mi capitavano durante il giorno, immaginando che prima o poi qualcuno lo avrebbe letto. Adesso non so neanche che fine abbia fatto. Credo di averlo perso. Mi è sempre piaciuto scrivere lettere alle persone che amo, anche se ultimamente da quando scrivo racconti la cosa si è un po’ persa. Un giorno ho mandato una lettera a un caro amico, che non è neanche italiano, vive in America. Probabilmente devo avergli scritto qualcosa di particolarmente forte, perché mi ha risposto manifestando un certo stupore dicendo: “E’ stata una delle lettere più belle che abbia mai ricevuto, sei un poeta. Un raffinato e umano poeta… “ esortandomi a scrivere libri. Essendo lui una persona che amo e stimo molto, il suo incoraggiamento ha costituito una spinta piuttosto forte.

Domenico Esposito: Spesso si crede che un romanzo o un racconto contenga molti spunti autobiografici e che il protagonista sia l’alter-ego dell’autore: tu che ne pensi? E’ così nei tuoi libri oppure sia personaggi che storie sono frutto della tua fantasia?
Luca Favaro: In linea di massima nei miei racconti ci sono fatti accaduti veramente, alcuni a me, alcuni a persone che incontro quotidianamente. Racconto la verità della vita che mi circonda, nella maggior parte dei racconti narrando in prima persona, in altri passando lo scettro ad altri protagonisti. Nei miei libri parlo moltissimo di me, tuttavia non mi sento di definirli autobiografici.

Domenico Esposito: Mi dicevi che tu scrivi più per esprimere te stesso o trasmettere le tue emozioni al lettore, piuttosto che lanciare un messaggio. Leggendo la tua citazione, però, non mi sembra che tu non voglia trasmettere un messaggio “Lo sai figliolo qual è il bello della vita? Che puoi sempre ricominciare da capo.” Mi sembra un chiaro invito a non arrendersi. Inoltre, quella che tu chiami la predilezione per gli ultimi non è un chiaro invito alla solidarietà? Questi elementi, come anche la ricerca di Dio, non ti sembrano appunto dei profondi messaggi trasmessi al lettore?
Luca Favaro: Indubbiamente sì. Quando si scrive, si finisce inevitabilmente per lanciare dei messaggi. Tuttavia non è quella la mia finalità. Non mi metto mai a scrivere qualcosa con lo scopo di lanciare un messaggio, scrivo quello che vedo, che vivo e che sento, spesso commuovendomi e lasciandomi trasportare dal sentimento. Direi che più che messaggi mi piace trasmettere emozioni. Se lo scrittore si commuove scrivendo, è molto probabile che accada anche la stessa cosa al lettore leggendo, in un sorta di comunicazione empatica che si trasmette attraverso la parola scritta.
Domenico Esposito: Quelli che io ho interpretato come inviti alla solidarietà mi fanno sorgere spontanea una domanda: pensi che la tua attività di volontariato influiscano molto in quella di narratore?
Luca Favaro: Certamente sì. Sia il volontariato che la mia professione di infermiere. Non a caso il mio primo libro “Il sole in una lacrima” è una raccolta di storie vere di malati che ho assistito nel corso della mia carriera infermieristica.
Domenico Esposito: Il mondo editoriale è un mondo difficile in cui riuscire a emergere, promuoversi o semplicemente a essere pubblicati: quali difficoltà stai affrontando dalla pubblicazione del tuo primo libro fino a ora? Come riesci a superarle?
Luca Favaro: All’inizio la difficoltà era quella di essere pubblicato da qualcuno che non mi chiedesse soldi. Sono molto contento di aver pubblicato “Ti ho visto” con la Gru principalmente perché è un editore non a pagamento, ma a dire la verità, ho ricevuto proposte da altri editori non a pagamento e questa è stata una vera spinta in avanti per la mia autostima. Il vero problema per me adesso sta proprio nell’emergere, nel trovare spazio, nel diffondere le mie opere. Non è facile avere un po’ di visibilità, sono un esordiente, ai più uno sconosciuto, e nessuno è disposto a dare spazio agli sconosciuti. Comunque alla fin fine la cosa più importante per me è continuare e farlo con passione. Scriverò finché farlo mi darà piacere. Poi smetterò.
Domenico Esposito: Quali sono i tuoi autori preferiti ai quali magari t’ispiri?
Luca Favaro: Dino Buzzati, Mario Rigoni Stern, il Mauro Corona dei primi libri. Ultimamente leggo molti libri di esordienti o sconosciuti, e recensisco quelli che mi piacciono sul mio blog.

Domenico Esposito: Il tuo libro preferito
Luca Favaro: “Finché il cuculo canta” di Mauro Corona.
Domenico Esposito: Altri progetti?
Luca Favaro: Sto lavorando al mio primo romanzo. Dopo tre libri di racconti, credo che i tempi siano sufficientemente maturi per poterlo fare. Ne ho altri tre in cantiere, di cui uno commissionato da un editore.
Domenico Esposito: Grazie per aver accettato l’invito e in bocca al lupo per tutto.
Luca Favaro: Grazie di cuore anche a te, e sapendo che anche tu sei uno scrittore, non posso che augurarti buona fortuna. Un saluto anche ai miei lettori.


Domenico Esposito

Intervista a Eujenia (Eugenia Goria), sempre per quella che FU L'AltraFaccia

Intervista alla cantante e ballerina Eujenia

Oggi proponiamo l’intervista a una giovane cantante, Eugenia Goria, in arte Eujenia, che vanta collaborazioni con artisti del rango di Max Gazzè, Paolo Meneguzzi, Mimmo Cavallo, sia come corista sia come ballerina. Eugenia ci racconta delle sue esperienze nel mondo della musica e dei suoi progetti.
Scopriamo un’artista molto in gamba, una ragazza umile e piena di sogni e ambizioni, con un curriculum di tutto rispetto. Notai Eujenia, quando, in una delle sue tappe in tour con Mimmo Cavallo, si esibì proprio nel mio paese, a Cervinara. Avevo quindi in mente già da tempo, di intervistarla e ora finalmente abbiamo l’occasione di scambiare qualche chiacchiera.

Domenico Esposito: Ciao, EuJenia, Benvenuta a questa nostra intervista per L’AltraFaccia, è davvero un piacere intervistarti.

Eujenia: Il piacere è mio, grazie per questa bellissima opportunità di farmi conoscere meglio!

Domenico Esposito: Raccontaci innanzitutto dei tuoi esordi e del tuo primo approccio con la musica

Eujenia: Avevo circa sei anni, ero in vacanza con la mia famiglia in Sardegna e ricordo che il cantante che lavorava nel villaggio mi fece cantare un brano di Patty Pravo, dopo aver insistito molto a causa della mia timidezza. E' stata la prima volta che ho cantato con un microfono e per me è stata quasi una magia, ancora oggi è una sensazione che mi porto dentro quando canto.
Professionalmente il mio esordio è stato in studio, quando ho partecipato alla registrazione di un brano di Paolo Meneguzzi, "Love".

Domenico Esposito: Cosa ti affascina dell’ambiente musicale e quali, invece, sono le difficoltà che deve affrontare una giovane cantante durante il suo percorso artistico?

Eujenia: Sono affascinata dalla possibilità di far diventare le mie passioni un lavoro, e dunque di poter vivere di questo. Ovviamente le difficoltà sono tante, come in tutti i settori non solo quello dell'industria musicale, e di questo negli ultimi anni ne siamo tutti testimoni. Uno degli aspetti da valutare è il fenomeno dei talent, da qualche anno a questa parte sembra che se non partecipi a un programma non combinerai mai nulla. Io non sono contro i talent, anzi ammetto di aver partecipato un anno ad alcuni provini, esperienza che mi è servita per crescere e capire su cosa lavorare. La conseguenza da considerare è che poche produzioni investono nei giovani che non hanno acquisito visibilità tramite i talent, questo ti porta a dover essere produttore di te stesso artisticamente ed economicamente e a dover prendere tutte le decisioni, a volte giuste a volte sbagliate, decisioni e responsabilità che però ti permettono di imparare il mestiere.

Domenico Esposito: Che cosa consigli, quindi, ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa strada?

Eujenia: Penso che noi giovani non dobbiamo scoraggiarci, e anche se raggiungere un piccolo obiettivo sembra difficile, ciò che mi dico sempre per andare avanti è " Fai qualcosa", nel senso che anche la più piccola azione fa la differenza, e tutto nella vita torna indietro, o almeno questo è quello in cui credo io. Forse non immediatamente, ma presto o tardi coglierai il frutto del tuo lavoro.  
Prima pensavo che da sola non ce l'avrei mai fatta, che avevo bisogno di terze persone per combinare qualcosa, poi ho capito che tutte le persone che hanno raggiunto i loro obiettivi sono sempre partite da sole (guardando documentari e leggendo biografie di vari artisti), e dopo sono arrivati gli altri a portare al livello massimo le loro potenzialità!  Una cosa fondamentale è imparare a usare qualsiasi strumento tecnologico che possa aiutarti a realizzare la musica che hai in testa, come per esempio i software musicali Logic, Pro Tools etc.…non aver paura a seguire il proprio istinto, e studiare, studiare e studiare. Per ricordarmi che si può sempre migliorare m’ispiro a una frase di Aristotele: "Noi siamo quello che facciamo ripetutamente. L'eccellenza, quindi, non è un atto ma un'abitudine”.

Domenico Esposito: Parlaci un po’ del tuo progetto che hai intitolato con il tuo nome “Eujenia”.

Eujenia: E' un progetto musicale che vuole unire ciò che più amo di due mondi, il sound americano r'n'b hip hop per la parte musicale, e la bellezza della melodia e dei testi italiani. Ovviamente sto ancora sperimentando, ma questo è l'obiettivo finale, tutto unito nell'aspetto live del progetto, in cui la danza è parte complementare della musica. Per me sono inscindibili. Quando scrivo e scelgo un suono, immagino già come vorrei la parte coreografica.

Domenico Esposito: Quando hai iniziato a cimentarti nella composizione dei brani?

Eujenia: Quando sono partita con l'idea del progetto, ho cercato degli autori, ma quasi subito mi sono messa in gioco e ho deciso che volevo fare qualcosa di veramente mio, consapevole che sarebbe stato, ed è ancora difficile.
Per prima cosa ho ascoltato autori di qualsiasi genere, facendo attenzione a ogni particolare di testo e melodia, poi ho studiato alcuni libri che approfondivano tecnicamente la scrittura, e poi…ho provato e riprovato. Ho tanto da imparare ancora, e spero un giorno di lavorare con veri autori e imparare da loro.


Domenico Esposito: Raccontaci, invece, il tuo primo approccio con la danza

Eujenia: Mi ricordo la mia prima lezione di danza come se fosse ieri. La danza è il mio primo amore, è ciò che mi ha migliorato nella mente e nel carattere, se studiata seriamente e non come passatempo, ti cambia la vita. I ballerini sanno a cosa mi riferisco!  E' spesso sottovalutata, ma è un'arte stupenda…io purtroppo in questi ultimi anni l'ho messa un po' da parte per dedicarmi al mio progetto, e spero ne sia valsa la pena!


Domenico Esposito: Hai avuto la fortuna di collaborare con degli artisti famosi, del rango di Paolo Meneguzzi e Mimmo Cavallo. Come ti sei trovata a lavorare con loro?

Eujenia: Benissimo! Ho sempre provato un grandissimo rispetto per tutti gli artisti con cui ho lavorato. Sono stata molto fortunata perché ho avuto l'immenso onore di stare sul palco con Brian May, non si può descrivere l'emozione! Poi successivamente sono stata in tour con Max Gazzè, Mario Venuti, Matteo Becucci e Simona Bencini.  Con Mimmo Cavallo ho visto un vero cantautore preparare i suoi brani in studio, vedere i testi scritti a mano, fogli su fogli di parole …Paolo ora per me è un amico, sul palco con lui e la band c'è un'atmosfera bellissima ormai siamo una piccola famiglia in tour! Sono molto grata per le esperienze che ho fatto e spero di farne altrettante!

Domenico Esposito: Come sono nate le collaborazioni con questi cantanti?

Eujenia: Con Paolo ho visto il bando su internet dell'audizione, cercavano una ballerina-corista e quindi mi sono presentata, ed è andata bene! Con Mimmo perché il mio ragazzo che è musicista, suonava nel suo spettacolo, e cercavano una ballerina che sapesse anche cantare, quindi ho fatto una prova con lui ed è andata bene di nuovo!

Domenico Esposito: I tuoi sogni nel cassetto

Eujenia: Il mio sogno nel cassetto è riuscire ad avere una vita piena di progetti da realizzare e di felicità con la mia famiglia….penso quello che desideriamo tutti!

Domenico Esposito: Grazie per aver accettato l’invito e in bocca al lupo per tutto.

Eujenia: Crepi! Grazie di tutto e a presto!


Domenico Esposito

Intervista all'attrice Cristina Arnone (Altra intervista perduta a causa della negligenza de L'AltraFaccia)

Cristina Arnone è un'attrice italiana.
Ha studiato al liceo classico Cicognini di Prato, dove ha cominciato a recitare partecipando agli spettacoli della compagnia "Nuova Colonia" fondata e diretta da Antonello Nave.
Si è laureata in Storia del Teatro e dello Spettacolo presso il D.A.M.S.
Dal 2004 al 2009 ha lavorato principalmente con la Compagnia teatrale di Glauco Mauri e Roberto Sturno ricoprendo ruoli da protagonista in classici come Delitto e Castigo di Dostoevskij e Faust di Goethe.
Ha lavorato in cinema e tv e curato registicamente i propri spettacoli da attrice “Gaia, terra di mezzo” (2005-2006) Rebecca (2008) e Congelata. Ha partecipato a serie televisive come "Il giovane Montalbano", con Michele Riondino, "Carabinieri 7" ,"La stagione dei delitti 2"  e in opere cinematografiche come "L'innocenza di Clara" di Toni d'Angelo, "Maternity Blues" di Fabrizio Cattani, “La casa sulle nuvole” di Claudio Giovannesi, “Il Caso Cindy S.” di Leonardo Rossi.
Domenico Esposito: Ciao, Cristina, innanzitutto grazie per aver accettato l'invito. Cominciamo dall'inizio: raccontaci il tuo primo approccio con l'arte e la nascita della passione per la recitazione.
Cristina Arnone: Credo che tutto sia cominciato molto presto. Ricordo la mia fascinazione per il mondo del balletto classico - avevo un'amichetta ai tempi dell'asilo che già frequentava una scuola di danza e ho insistito anche io finché non son riuscita a farmici portare - e la prima volta che son entrata in un teatro per vederne uno vero. Non andavo ancora a scuola. Un impatto magnifico. Ed oltre a ballare mi piaceva molto scrivere, in quinta elementare la maestra per Natale ci fece mettere in scena un testo scritto da me, in cui tra l'altro interpretavo un angelo. Il debutto era avvenuto in seconda elementare con il ruolo della Madonna!
Sono ironica ma realmente mi sembra che questo abbia fatto parte di me da sempre. Anche alle scuole medie organizzavo rappresentazioni - mi chiamavano "Lo Spielberg" - e così al liceo è stato naturale entrare nel gruppo teatrale della scuola. E lì questa passione ha preso forma in maniera così consistente da farmi pensare che potesse essere il mio mestiere, la mia strada.
Domenico Esposito: Qual è il tuo film preferito in cui hai recitato?
Cristina Arnone: Al cinema ho fatto solo piccole parti per ora, ma in tv ho lavorato con un regista cinematografico che stimo molto - Gianluca Tavarelli - che mi ha regalato un bellissimo ruolo ne Il giovane Montalbano
Domenico Esposito: E invece il tuo film preferito in cui non hai recitato, ma al quale magari ti sarebbe piaciuto partecipare?
Cristina Arnone: Un film che mi sarebbe piaciuto tantissimo fare è “Tutta la vita davanti”, di Virzì. Credo che quel ruolo mi sarebbe calzato bene.
Domenico Esposito: Il personaggio che hai interpretato in cui ti sei più rivista.
Cristina Arnone: Un personaggio che mi ha insegnato tanto e mi ha fatto capire alcune cose importanti di me è stato Sonja, in “Delitto e Castigo”, a teatro.
Domenico Esposito: Nell'intervista che ho fatto un po' di tempo fa a Ciro Ceruti, l'attore sottolineava il fascino superiore del teatro rispetto al cinema e alla televisione: tu che ne pensi? Sei dello stesso parere?
Cristina Arnone: Sono ambiti molto differenti. Avendone fatto poco, per me il cinema conserva ancora qualcosa di magico. Col teatro ho maggiore dimestichezza ma non per questo lo amo meno. Non li metterei in competizione.
Domenico Esposito: Tu hai recitato in opere teatrali tratte da grandi classici, volevo chiederti quindi, secondo te, quanto è importante la letteratura per un attore?
Cristina Arnone: Può esserlo molto come per niente. Io sono una grande lettrice per cui nel mio approccio ad un personaggio posso includere anche certe letture. Ma ci sono grandi attori che non leggono alcunché a parte il copione. Non credo ci sia una regola.
Domenico Esposito:  Il tuo scrittore preferito?
Cristina Arnone: Vado a cicli vitali. In questo momento della mia vita Elsa Morante
Domenico Esposito: Romanzi preferiti, invece?
Cristina Arnone: Pari merito per “Menzogna e Sortilegio” , “ Delitto e Castigo” e  “Anna Karenina”.
Domenico Esposito: Attori e registi preferiti del passato e del presente
Cristina Arnone: Ce ne sono troppi! Per l'Italia Garrone e Virzì al presente, tutto De Sica e Pietro Germi, per il passato. Poi Cassavetes, Alain Resnais, Lynch, Scorsese…no dai non ce la faccio, sono troppi i talenti nel mondo! Ultimamente apprezzo molto David O. Russel, “The Fighter” e “Il lato positivo” li trovo due film clamorosi, ho trovato meno 'perfetto' American Hustle ma comunque servito dalle interpretazioni straordinarie di grandissimi attori.
Domenico Esposito: A proposito de La Notte Degli Oscar, cosa ne pensi degli esiti e dei film premiati?
Cristina Arnone: Sono contenta che il premio sia stato dato ad un'opera italiana, anche se di Sorrentino ho apprezzato soprattutto i primi due film. Un altro dei film stranieri in concorso - Il sospetto - era un autentico capolavoro. Desideravo molto venisse premiato Gravity - eccezionale! - e Matthew Mconaughey per la sua interpretazione in Dallas Buyers Club e così è stato. Forse l'oscar femminile l'avrei dato ad Amy Adams che è un'attrice strepitosa e da noi poco nota, sensazionale in ogni ruolo della sua carriera.
Domenico Esposito: Un'ultima domanda che pongo spesso agli artisti: cosa consigli a chi vorrebbe intraprendere la tua stessa carriera?
Cristina Arnone: Di essere onesto con se stesso, di coltivare la propria forza e di circondarsi di persone che lo aiutino a tener saldo il proprio proposito. Ma questo forse vale per ogni essere umano.
Domenico Esposito: Grazie per la chiacchierata, Cristina, a presto!
Cristina Arnone: Grazie a voi.

Domenico Esposito


La mia seconda intervista Ciro Ceruti, risalente ormai a qualche anno fa, pubblicata su L'AltraFaccia

Ciro Ceruti ai giovani: Guardate poca tv, frequentate i teatri, è lì che c’è la vera arte.
Intervista di Domenico Esposito

Pochi anni fa, ebbi il piacere di intervistare l'attore napoletano Ciro Ceruti, uno dei protagonisti della fortunata sit-com napoletana “Fuori Corso”, durata ben dieci anni. Fu proprio il sottoscritto a ricevere per primo la notizia, dallo stesso Ceruti, che lui e Villano stavano preparando il film “Fallo per papà” con altri attori della sit-com (come le simpaticissime Floriana De Martino e Simona Ceruti) oltre al famoso Giacomo Rizzo. Nella mia inesperienza, però, non seppi cogliere la notizia come sarebbe stato giusto fare, magari annunciandolo nel titolo. A distanza di due anni, apprendo da Ciro altre due belle notizie: nuovi 20 episodi della sit-com che sono andati in onda dall'otto dicembre e che purtroppo  saranno le ultime e che sta per uscire il suo prossimo film “La legge è uguale per tutti... forse”, che vanta la presenza di attori come Riccardo Garrone, il giovane e noto Gianluca Di Gennaro, Marzio Honorato, Carolina Marconi e la bella e giovane Ester Glam che interpreterà la protagonista. Ciro ci parla inoltre della situazione campana in ambito teatrale, dei suoi modelli, dei suoi maestri e dei suoi sogni. E ai giovani raccomanda: guardate poca tv, frequentate i teatri, è li che c’è la vera arte.
Domenico Esposito: Ciao, Ciro, è un grande piacere risentirti, anche se il vero piacere è stato rivedere te e gli altri nella nostra amata sit-com.  Ti do innanzitutto il benvenuto alla nostra intervista per la rivista L'Altra Faccia. Dimmi un po': da cosa e da chi nasce la decisione di riprendere la sit-com?

Ciro Ceruti: La decisione nasce sotto la continua richiesta dei nostri fan di vedere puntate nuove. In tutta onestà l’abbiamo fatto soprattutto per loro. Anche perché l’emittente per colpa di questa continua recessione del nostro paese non poteva più far fronte alla produzione. Ma per ringraziare e accontentare i nostri fan che ci seguono da più di dieci anni abbiamo praticamente lavorato gratis. Ma lo meritavano e lo abbiamo fatto con il cuore.
Domenico Esposito: Parlami un po' invece dell'esperienza del cinema che, dopo il primo film “Fallo per papà”, vi ha portati un po' fuori dal solito mondo della sit-com e da quello del teatro che sono, per così dire, gli ambienti ai quali eravate più abituati.

Ciro Ceruti: Il teatro continua a essere il mio unico e solo amore. Continuerò, se mi è permesso, a fare la tv e il cinema ma solo per avere la possibilità di fare teatro. Il sistema e il mercato teatrale oggi sono fortemente contaminati soprattutto dalla tv. E quindi questo costringe chi, come me, vuol fare teatro a prestarsi alla tv. Il cinema, a differenza della tv, ha comunque un fascino e una magia accattivante, ma ripeto: mai quanto il teatro.
Domenico Esposito: raccontaci com'è nata la collaborazione con Giacomo Rizzo e come vi siete trovati a lavorare con lui.

Ciro Ceruti: È stato un gran maestro e compagno di avventura, per me è stato un onore dirigerlo al cinema, visto che è stato il mio insegnante (frequentavo la sua scuola di teatro). E come dicevo prima lui, che allieta il pubblico in teatro da decenni e decenni, spesso è contrastato da fenomeni da barraccone provenienti dalla tv che occupano i cartelloni teatrali.

Domenico Esposito: i vostri rapporti con il regista.
Ciro Ceruti: Leopoldo Pescatore è stato la nostra regia tecnica in tutte e due i film. Che dire, ci sta insegnando un mezzo che io e Villano non conoscevamo, è una persona fantastica, sia artisticamente che umanamente. Con lui c’è sintonia, c’è affiatamento e soprattutto ci divertiamo insieme. Un lombardo che adora i napoletani, cosa rara di questi tempi.
Domenico Esposito: Per quanto riguarda, invece, il vostro nuovo film “La legge è uguale per tutti... forse”, ci dai qualche anticipazione?

Ciro Ceruti: L’uscita ufficiale è il 27 febbraio 2014. Il cast sembra ben fornito. Oltre a Lucio Pierri e  Floriana De Martino (Secondo e Bella) abbiamo un ospite d’onore che si chiama Riccardo Garrone, a girare con lui mi sono venuti i brividi, poi un attore giovane che oggi riscuote enorme successo che è Gianluca Di Gennaro, poi Marzio Honorato, Carolina Marconi, Ester Glam che è la giovane e bravissima protagonista.
Domenico Esposito: Domanda poco originale, ma che sorge sempre spontanea: com'è nata la tua passione per la recitazione?

Ciro Ceruti: Risposta poco originale ma sacrosanta, è nata con me.
Domenico Esposito: I tuoi modelli
Ciro Ceruti: Scontato, Troisi, Totò, ma soprattutto Nino Taranto, lo amo in modo esagerato. Ma devo dire che da ragazzo ho iniziato a scrivere grazie a Salemme, andavo a vedere le sue commedie e pensavo “forse posso farlo anch’ io”. Lo devo ringraziare.
Domenico Esposito: Che consigli ti senti di dare ai giovani che vorrebbero seguire la strada della recitazione?
Ciro Ceruti: Non fate ‘sto mestiere, siamo già in troppi. A Parte gli scherzi, vorrei dire una cosa ai giovani….guardate poca tv, frequentate i teatri, è li che c’è la vera arte, in tv è  tutto finto e potreste formarvi anche voi nella finzione. Lì diventereste solo prodotti usa e getta.
Domenico Esposito: Altri progetti?
Ciro Ceruti: Più che progetto, ho un sogno nel cassetto, avere un teatro in città tutto per me. E non stare più sottoposto all’imprenditoria teatrale campana che….lasciamo perdere…avremmo potuto regalare tante braccia all’agricoltura.
Domenico Esposito: grazie mille per la tua gentilezza e la tua disponibilità e per aver nuovamente accettato il mio invito.
Ciro Ceruti: Grazie a te, per la tua attenzione.



Il Cacciatore di E.M. Corder, un romanzo e un autore dimenticati. Uno strano caso editoriale e cinematografico

Iniziano da uno degli articoli che trovo più importanti, che avevo scritto su L'AltraFaccia

Il Cacciatore di E.M. Corder, un romanzo e un autore dimenticati. Uno strano caso editoriale e cinematografico

Mi fu regalata una serie di libri dalla biblioteca del mio paese. Trovandomi tra le mani un'opera di narrativa americana, tra l'altro ambientata parzialmente in Vietnam nel periodo del conflitto, la prima cosa che pensai fu che sicuramente ne fosse stato tratto un film. M'informai in rete e trovai il trailer del film con Robert De Niro (eh già, a quei tempi non conoscevo questo famosissimo film, cose che capitano). Stranamente, però, non c'era alcuna traccia del romanzo né del suo autore E.M. Corder nemmeno su Wikipedia (non sappiamo quindi per cosa stiano le due iniziali puntate). Con una ricerca più accurata, nei limiti dei mezzi e delle possibilità, ho trovato il romanzo menzionato su Google Books, edito in lingua italiana dalla Sperling & Kupfer (gruppo Mondadori), 1979. Non esistono, però, attuali edizioni italiane, ed è possibile acquistare una copia soltanto su eBay. L'edizione in mio possesso è del “Club Italiano dei Lettori”, risalente anch'essa al 1979. Sulla quarta di copertina si legge “da Il Cacciatore è stato tratto un film omonimo che ha vinto cinque premi Oscar”. Continuando a cercare in rete, su Wikipedia, in lingua inglese, si trovano poche informazioni concernenti il romanzo, molto vaghe e strane dalle quali risulta che il film di Cimino non sarebbe stato tratto dal romanzo del misterioso Corder (al contrario di ciò che si legge sulla copertina dell'edizione italiana), ma all'inverso: è il romanzo che sarebbe stato tratto dalla sceneggiatura la quale sarebbe stata tratta, a sua volta, da un altro romanzo “Tre Camerati” dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque , la cui storia però non ha nulla a che vedere con quella de “Il Cacciatore”. In effetti, però, né il nome di Corder né quello di Remarque si leggono nei titoli di testo o in quelli di coda nel film. In ogni caso, a differenza del film (considerato uno dei massimi capolavori del cinema) sia il romanzo, sia il suo autore, sono stati dimenticati. Chi è dunque E.M. Corder? Cos'altro ha scritto? Cercando ancora su Google Books, non si trovano molte altre opere di questo autore. Cliccando sul suo nome appaiono solo: “Il Cacciatore”, “The Dee Hunter” (titolo originale de Il Cacciatore) e Nickelodeon (Random House Publishing, 1976; 140 pagine) che potrebbe essere un altro libro del medesimo autore, ma di cui non si hanno, anche in questo caso, informazioni e che non sembra reperibile in Italia.
Tra le edizioni (usate) in lingua inglese (New York, Exterbook edition), datate anni '70, troviamo su Amazon, “The Dee Hunter”, in francese “Voyage Au Sout l'enfer (cioè “Viaggio all'inferno”, versione francese de IL CACCIATORE); Citizen Band (1977) che sembrerebbe, invece, un'altra opera di cui non conosciamo dettagli, tranne che è stato scritto in collaborazione con lo sceneggiatore e regista Paul Brickman (noto soprattutto per aver diretto il film “Fuori i vecchi, i figli ballano”, con Tom Cruise), che sembra quindi una sceneggiatura e non un romanzo. “Citizen Band” è infatti il titolo originale del film “Chroma-Angel Chiama Mandrake”, diretto da Johnathan Demme. Nient'altro, però, sono stato in grado di scoprire su questo misterioso autore. Non esistono infatti nemmeno articoli su Wikipedia americana riguardanti l'autore di questo emozionante e commovente romanzo. Sarebbero dunque tre le opere scritte dal Corder: un romanzo, una sceneggiatura e “Nickelodeon” che non sappiamo se si tratti di una sceneggiatura o di un libro, ma è certo che tutte e tre le opere sono molto rare e introvabili. Per quanto “Il Cacciatore” sia un classico del cinema americano e, in generale, un capolavoro cinematografico, mettendolo a confronto con il romanzo, si nota la banalizzazione di alcuni dialoghi e dell'ironia, come spesso accade. In base a questi dettagli, avvalorerei l'ipotesi che il film è tratto dal romanzo e non viceversa. Se ho ragione, viene un po' di tristezza a pensare che un film di successo sia stato tratto da un romanzo di un autore dimenticato.


Domenico Esposito, scrittore

Torniamo al blog, meglio blogger che giornalista sfruttato e persino derubato

Cari lettori, so che anche se commentavate poco, mi leggevate abbastanza. Di certo, leggevate molto di più il mio blog che i giornali con cui ho collaborato. Per entrambi i giornali ho lavorato gratis. Il primo era un mensile Il Caudino, non ero pagato, è vero, ma almeno potevo usufruire gratuitamente della loro vasta biblioteca, esisteva una vera e propria redazione, mi regalarono molti libri, se non scrivevo un mese, nessuno si arrabbiava e soprattutto quando ho presentato il mio romanzo non mi hanno derubato dicendo che “i soldi servono per sostenere l’associazione”. Con il secondo giornale, o meglio, la rivista, chiamata L’Altra Faccia (nome originalissimo, ma vabbè),- progetto a cui tenevo molto perché si prefissava di partire dalla Valle Caudina e diventare nazionale – ho collaborato in modo frenetico ed estremamente serio e impegnato. Era partito come un settimanale online. Per il nostro giovane  fondatore, non bisognava mai mancare l’impegno oppure si scombussolava tutto. Io, che quando prendo impegni, li mantengo a costo di farmi venire l’ansia, spesso ero costretto a spremermi le meningi anche quando tornavo stanco da Napoli e a corto di idee. A differenza di molti altri che facevano arrabbiare il nostro fondatore, mai un giorno in cui non mandavo l’articolo: qualche volta una recensione, un’altra volta un articolo su qualche evento culturale, altre volte ancora interviste anche a personalità di spicco, come l’attrice Cristina Arnone, Eugenia Goria (Eujenia, cantante, corista e ballerina di Paolo Meneguzzi), l’attore Ciro Ceruti e altri. La rivista, per coerenza del nostro fondatore che pretendeva serietà, spesso veniva bloccata senza avviso e senza spiegazioni. Quante volte mi è capitato di raccontare di eventi (o farli raccontare agli intervistati) imminenti che venivano pubblicati con ritardo perdendone completamente il senso! Spesso la negligenza del nostro caro fondatore mi è costata un sacco di figuracce. Tant’è che stavo pensando di abbandonare il progetto, ma ho voluto dare una speranza al fondatore, collaborando almeno con la rivista cartacea che sarebbe uscita a luglio…no ad agosto…no un attimo…be’, alla fine è uscita a ottobre e un’intervista che avevo fatto a giugno ho dovuto farla pubblicare a Ottopagine perché L’AltraFaccia, contrariamente a ciò che era stato annunciato, non uscì a luglio, ma a pochi mesi dopo: OTTOBRE!
Ai primi del mese il nostro fondatore con l’aiuto dei suoi adepti, tranne il mio che già mi ero scocciato, organizza un evento composto di : presentazioni di libri, spettacoli teatrali, danza, ecc.
Tra questi, la presentazione del mio romanzo. Perché non approfittarne, dato che ho bisogno di soldi e posso guadarci qualche spicciolo con le vendite? All’inizio un po’ titubante, poi accetto la proposta.
Vendo qualche copia e a fine presentazione chiedo al nostro fondatore “Allora, i soldi delle vendite?”
“Scusa, ma adesso qui c’è un casino” mi risponde “te li do in questi giorni, comunque il 40% va all’associazione”.
Il 40%? Io ci guadagno il 45%, giacché erano le ultime copie, volli venderle a prezzo scontato, quindi non solo non ci avrei guadagnato nulla, ma ci avrei anche rimesso per restituire la percentuale all’editore e di tasca mia? No, proprio no, ma capisco che c’è casino e mi fido perché sono sicuro sia una persona seria e che presto mi ridarà i miei soldi. Ebbene, mi sbagliavo: perché il caro fondatore, essendo andato in rosso con il tecnico, le compagnie teatrali e tutto il resto, ha pensato bene di fregarmi i soldi (beh sì, prendere i soldi da una persona senza chiederlo, nel mio mondo si chiama rubare). Ma non è finita qui: “Non posso darti i soldi, perché ho pagato il tecnico, devo dare i soldi all’attore”. Non ho capito: puoi sborsare 200 euro per il tecnico, 150 euro per l’attore, 150 alla compagnia teatrale e non riesci a dare settanta euro a me? Perché non ti togli prima il debito minore, che tra l’altro non avresti nemmeno dovuto avere dato che di solito io vendo, mi prendo i soldi e me ne vado?
“Pensa che hai avuto pubblicità” si giustifica lui e i suoi adepti dell’associazione.
Ma scusate, a cosa mi serve una pubblicità se poi non vendo e anzi ci rimetto i soldi?
“Ma tu hai venduto grazie alla presentazione che hai fatto con l’associazione!”
Certo, e che vendo a fare, se poi i soldi te li prendi tu? Ah già, la pubblicità! E torniamo al punto di partenza.
Quindi, tutte le altre associazioni che mi hanno fatto fare le presentazioni, sono stupide che non si sono prese una percentuale?
“Ma che c’entra? E’ diverso perché tu facevi parte del progetto!”
Sì, ma nessuno mi aveva detto che ci avrei dovuto rimettere di tasca mia.
“Eh, ma quello non lo sapeva”
“Eh appunto, non lo sapeva lui, come potevo saperlo io?”
Il mio errore è stato dunque quello di non ascoltare quella voce che mi diceva “lascia perdere la presentazione, abbandona adesso la rivista, se vuoi salvarti”.
Ah a proposito, intervistai  Maurizio De Giovanni ai primi di novembre, con tanta fretta perché l’articolo doveva essere assolutamente essere consegnato per i primi di dicembre e la rivista doveva uscire ai primi di gennaio. Ebbene, la rivista è uscita solo pochi giorni fa. Inoltre, i miei vecchi articoli della rivista online sono andati perduti perché il nostro caro fondatore non rinnovò il contratto del sito, per cui li ripubblicherò qui sul mio blog. Infine, se voglio una copia della rivista cartacea, dovrei anche pagarla. Capito? Dovrei pagarla due euro! Dopo tutto questo, dovrei anche pagare una copia! Il Caudino le copie me le dava gratis e anche più di una.

Ora dunque, mai più presentazioni con gente del genere (che non mi era mai capitata prima), mettere sempre prima in chiaro la situazione (che cosa ridicola chiarire una cosa così ovvia!) e ho abbandonato il giornale.  Riprendiamo a scrivere sul blog e al diavolo tutto.

giovedì 26 febbraio 2015

Chiariamo questa frase "Se parti dal presupposto che non ce la fai, è ovvio che non ce la fai"

Da quando pubblicai il mio primo romanzo, "La Città dei Matti", molte delle mie frasi "ad effetto" sono diventate dei link di Facebook, a volte le più banali. La più citata è infatti la più banale "Se parti dal presupposto che non ce la fai, è ovvio che non ce la fai", degna proprio della pagina di Favio Bolo, letta così. Molti geni letterari, infatti, commentano in modo sarcastico "cazzo che genio!" oppure "Questo fa una pippa a Dante Alighieri" (che poi, in realtà la forma corretta sarebbe "Dante Alighieri gli fa una pippa a questo", ma vabbè).  Come dar torto a questi geni letterari? Io stesso mi lamento del fatto che sia la più citata, mentre ce ne sono altre molto più belle, profonde e intelligenti. Tuttavia si sa, alla gente piace la banalità, le cose semplici, scontate e ciò che hanno bisogno di sentirsi dire; ma a ci sono anche quelli che hanno bisogno di dire qualcosa e fare sarcasmo per sentirsi superiori. Ma nel libro, com'era veramente la frase che la gente crede che io abbia concepito come una riflessione filosofica? Ben, altro, è in realtà: si tratta di un dialogo tra una donna e il protagonista. La prima cerca di incoraggiare il secondo, che è pessimista e insicuro e non crede in se stesso.
Ecco com'è costruita:

"Romolo, devi combattere anziché piangerti addosso! Così
non risolverai nulla", intervenne d'un tratto Laura rivolgendosi
al giovane.
"Lo so, Laura, ma non sempre ci riesco, non ho le forze".
"Puttanate!", gridò Laura stizzita e in modo sgarbato, facendo
sobbalzare entrambi i suoi compagni, "Soltanto puttanate!
Ma che vai dicendo? Se ragioni così, se parti già dal presupposto
che non ce la fai, è ovvio che non ce la fai. Devi acquistare
sicurezza, Romolo! Ci siamo battuti con la consapevolezza che
nessuno ci avrebbe mai ricordato né considerato, ci siamo battuti
invano? Non ci siamo battuti per salvare persone rassegnate
come te! Non eri tu colui che consigliava alla gente di
non arrendersi mai? Predichi bene e razzoli male! Alza il sedere
e lotta! Studia e vai avanti, cerca di cambiare il mondo.
Puoi farlo! Sei una persona brillante! La tua intelligenza è
straordinaria e le capacità ce le hai: sfruttale, per dio! Sfruttale!".
Il giovane chinò il capo, intimidito, un po' rattristato. Laura
fermò la macchina e gli sollevò la testa guardandolo negli occhi:
"Guardami in faccia. Non abbassare la testa. Tu puoi farcela!
Cammina sempre e solo a testa alta! Romolo, devi combattere!
Devi lottare! Non darla vinta al mondo! Non darla
vinta alla vita, sfidala! Tu sei più forte! Il tuo problema è questo,
amico mio, che ti arrendi troppo presto. Oppure che ti accontenti
subito, a torto! Romolo, se io ti dico che sei un fallito,
mi devi dimostrare che mi sbaglio. Se io ti dico che sei una
grande persona, non devi sentirti pienamente soddisfatto. Altrimenti
penserai che basti così, che quello sia il tuo limite, invece
devi sempre andare avanti, fino a quando non trovi un
muro, e se puoi, perché non sfondare anche quel muro?! Magari
ci sarà un’ altra strada aldilà di quel muro che ti porterà
ancora più avanti, e potrai salire sempre più in cima! Romolo,
non perdere mai, mai, la fiducia in te stesso, hai capito? Mai!".
Insomma, è vero che ero un po' acerbo ed ero alle prime armi, ma vista così, è davvero così banale?