giovedì 23 febbraio 2017

Alcune precisazioni sul video "Questo non è il Bronx" dedicate al parco San Vito.

Quando scrissi quello stato su Facebook, da cui è nato il cortometraggio "Questo non è il Bronx" in collaborazione con Usertv, la nota finiva così "che nessuno lo chiami più Bronx, per un semplice motivo: si chiama parco San Vito", quel "per un semplice motivo" era proprio per sottolineare che, sicuramente anche il Bronx americano, quello vero, è vittima di pregiudizi, tuttavia - e proprio per questo -  il Parco San Vito è stato soprannominato "Bronx"in modo denigratorio.  O meglio, come spiegato nel video, alcuni adolescenti dell'epoca, lo avevano soprannominato così per scherzo (ma sempre a causa del degrado, che a quei tempi era maggiore, sia per qualche elemento poco rispettabile, sia perché non c'era né luce, né asfalto né niente).

Lo stato originale era questo:


Come vedete, come accade anche per i film tratti dai romanzi, il cortometraggio è un po' diverso dalla nota originale. Alcune cose le ho cambiate o aggiunte io, altre sono state una scelta dell'attore, come ad esempio la frase "il luogo dove ho trascorso la mia adolescenza". In realtà, - come si legge nello stato originale - non ho trascorso qui la mia adolescenza, ma soltanto gli ultimi anni dell'infanzia (11-12) e i primi anni dell'adolescenza (13-15). Nel senso, che ho vissuto qui, ma non frequentavo il luogo, tant'è che non sono riuscito mai a legare con le persone del luogo (ma questa è una questione caratteriale e personalissima), trovando amici sempre al di fuori del rione.
Crescendo, capii che quegli elementi poco rispettabili sono in tutto il paese (anzi, in tutto il mondo) e un po' alla volta, diminuirono tutti, finché non è diventato uno dei posti più tranquilli del paese. All'inizio, quando mi trasferii, era molto più chiassoso, tra gente che metteva musica ad alta voce, e faceva guerra con gli stereo (dai neomelodici, alla techno, all'house), forse ognuno per non sentire l'altro. Talvolta qualche elemento nostalgico (mi si perdoni la battuta) lo fa ancora, ma rispetto a prima è davvero raro, rarissimo. Parlando con i miei compaesani che vivono in altre zone cervinaresi, mi comunicano che da loro è molto peggio. Ecco perché ho detto "ma tutto ciò non è forse ovunque?" 
Come si vede dal video, molte cose dovrebbero essere sistemate, lavori completati (di cui si sta finalmente prendendo provvedimento) e le strade dovrebbero essere ripulite dall'immondizia, quindi non vogliamo nascondere certo che i problemi ci sono. 

Inoltre, avrei voluto concluderlo con la nota "che poi nemmeno il Bronx, forse, è quello che crediamo", ma il discorso si sarebbe prolungato e inoltre pensavo sarebbe stato chiaro con l'ultima frase. Se un Parco ha il nome, perché non chiamarlo con il proprio, anche perché appunto, in questo modo, si offende anche il Bronx e magari avremo l'occasione di sfatare anche i luoghi comuni riguardo a esso. Quando ho cercato su Facebook, quanta visibilità avesse questo video, scrivendo "Questo non è il Bronx", mi sono imbattuto in molti articoli, anche freschi di giornata, in cui - come nel nostro caso - si difendeva il luogo in cui si vive. La mia rabbia, però, nasce proprio dal fatto che non si riesce ancora a chiamare il Parco San Vito, con il suo vero nome. Capisco che per molti anni, questo parco non aveva alcun nome e che per distinguerlo dalle tante "palazzine", fosse comodo chiamarlo con il soprannome, ma adesso un nome ce l'ha ed è Parco San Vito. Il Bronx è quello americano. Un luogo che non conosco, se non tramite i film che ce lo dipingono come un luogo pieno di delinquenza e criminalità. Non sta a me quindi, smontare i luoghi comuni, ma agli americani, proprio perché appunto non lo conosco.
P.S. un ringraziamento a La Gazzetta di Avellino che è stata l'unica testata online tra Irpinia e Sannio che ci hanno considerati. 

Domenico J. Esposito

venerdì 17 febbraio 2017

Cervinara, lo scrittore Domenico J. Esposito in difesa del Parco San Vito

Questo testo non è tratto dai miei libri, ma da un semplice sfogo su Facebook che, grazie a un'idea di Gianfranco Marchese (Usertv), è diventato un video dedicato al mio rione, ancora oggi, dopo tanti anni, vittima del pregiudizio. Ancora oggi soprannominato in modo denigratorio con il nome di "Bronx", ma il vero nome del rione è "Parco San Vito".

Testo: Domenico J. Esposito
Voce: Vito Gabriele Cioffi
Da un'idea di Gianfranco Marchese.


mercoledì 15 febbraio 2017

Cervinara, lo scrittore Domenico J.Esposito ospite all’Einaudi (2015)


Oggi voglio semplicemente condividere qualche ricordo.
Il 23 aprile del 2015 fui invitato all’istituto Einaudi di Cervinara, alla Giornata Mondiale del Libro, “io leggo perché”.
ioleggoperche
In seguito, il 17 dicembre dello stesso anno, fui nuovamente invitato, per discutere con gli studenti del mio romanzo d’esordio “La Città dei Matti”, del quali gli alunni realizzarono anche una sorta di booktrailer, con la colonna sonora di Simone Cristicchi.


domenica 12 febbraio 2017

Domenico J Esposito intervista Maurizio De Giovanni

Nel 2014 collaboravo con la rivista L’AltraFaccia di Tommaso Bello e stava per uscire il “numero 0” dell’edizione cartacea dove pubblicai un’intervista a Maurizio De Giovanni. L’intervista fu fatta il 13 novembre del 2014, ma per questioni di organizzazione la rivista uscì nella primavera del 2015. In estate Maurizio De Giovanni diventò cittadino onorario di Cervinara, paese in cui vivo.  Riporto qui di seguito l’intervista. 
Ci racconti come ha iniziato a scrivere.
Ho cominciato per puro caso, anzi per mano altrui. Nel 2005 seguivo un corso di Scrittura e Lettura Creativa intitolato ad Achille Campanile. Per la verità era, o allora potevo credere che fosse, solo un passatempo: accompagnavo a calcetto i miei due figli e per ingannare l’attesa avevo deciso di frequentare queste lezioni ispirate all’opera di quello che io ritengo uno dei massimi geni che abbiamo avuto in Italia. I docenti, per farmi uno scherzo, mi iscrissero a un concorso per giallisti esordienti sponsorizzato dalla Porsche. Inopinatamente vinsi la tappa di Napoli e poi la finale, a Firenze, con due racconti che avevano come protagonista un Commissario che vedeva i morti. Poiché l’eliminatoria si svolse al Gambrinus, l’ambiente liberty mi spinse ad ambientare le storie negli anni Trenta. Il premio consisteva non già in un’automobile, ma nella pubblicazione del racconto vincitore nel numero di Agosto dell’Europeo. Di qui, una serie di colpi di fortuna con la C maiuscola: prima il contatto di una signora di Padova, agente letterario che mi chiese un romanzo col medesimo protagonista dei racconti, ipotizzando che io ne avessi diversi già pronti (e invece fui salvato dalle ferie, che mi consentirono di inventarmi “Il senso del dolore”); poi la pubblicazione con un piccolo editore napoletano; poi l’arrivo di Fandango; poi Einaudi e non solo. In poco tempo il passatempo è diventato il mio lavoro a tempo pieno. Anzi: tempo proprio non ne ho più. Dovrò inventarmi una formula di presentazione dei libri notturna, per ottimizzare: la veglia con l’Autore, per esempio.
A quali autori s’ispira?
Adoro Ed McBain, grandissimo autore statunitense scomparso nel 2005, proprio quando io ho cominciato a scrivere. La sua serie dell’87° Distretto è letteratura pura, con uno stile partecipe e doloroso che lascia spesso senza fiato. I suoi romanzi sono perle e io, ogni volta che comincio a scrivere, ne rileggo uno sperando che un po’ di quella magia mi resti attaccata alle dita. Ma qeusto vale per il ciclo dei Bastardi: il personaggio di Ricciardi e la sua particolarità sono una mia invenzione!
Molti si chiedono quale sia la differenza tra un giallo e un noir, Lei come la spiegherebbe?
In due parole, direi che il giallo è un enigma, il noir una storia di violenza geograficamente e socialmente ben collocata.
Un film noir che le è piaciuto particolarmente.
Black Dalia. Ma non escluderei di essere stato influenzato dal fascino delle protagoniste femminili.
Quali, tra gli scrittori  di romanzi polizieschi del passato, ammira di più?
Al di là di McBain, direi senz’altro Simenon, che per me è uno dei più grandi scrittori del secolo in assoluto.
E tra gli scrittori del presente?
Noi giallisti, diversamente forse dagli autori di letteratura generalista, siamo molto legati tra di noi. Per questo conosco bene, e ammiro moltissimo, Dazieri, Carlotto, Carrisi, De Cataldo, Biondillo, Morchio, tra i miei amici più cari. Un posto speciale lo riservo a Diego De Silva, per me senz’altro la migliore penna contemporanea.
 Com’è nata l’idea di creare il commissario Ricciardi?
Ricciardi nasce per puro caso; oltre all’ambientazione liberty del caffè Gambrinus, galeotti furono il caldo opprimente di giugno e una bambina che passava fuori in strada e che, sentendosi osservata, mi fece una smorfia. Piccoli elementi che fecero scattare dentro di me l’idea di come debba essere il poter vedere quello che gli altri non vedono. Nacque così il “Fatto”, che non è altro che la metafora della compassione, portata alle estreme conseguenze. Ricciardi è condannato a vedere il dolore senza avere la possibilità di distoglierne lo sguardo. Questa sua perenne condizione, in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti, lo costringe alla solitudine.
Com’è nato invece l’ispettore Lojacono?
Una reazione a una domanda ricevuta durante una cena con l’Autore a Napoli (l’Autore ero io!). Mi fu detto che il cognome de Giovanni era ignoto ai più: si parlava di me come l’autore del Commissario Ricciardi e questo, secondo l’intervistatrice, avrebbe dovuto crearmi dei problemi.
In realtà, non mi sentivo danneggiato dalla popolarità di Ricciardi. Anzi. Colsi però quella che voleva essere una provocazione, e nemmeno troppo benevola, come una sfida: decisi di affrancarmi dalla coperta degli Anni Trenta e mi rivolsi al contemporaneo. Devo dire con buon successo, almeno per ora.
Quanto è importante leggere, a prescindere se si è scrittori o meno?
Anche, o forse soprattutto nella nostra era ipertecnologica, leggere resta fondamentale. Dico sempre che potrei tranquillamente smettere di scrivere (temerei solo la reazione di Paola, se lo facessi), ma non potrei mai smettere di leggere. Per niente al mondo.
Il Pasticciaccio di Gadda, il poliziesco più odiato dagli studenti. Lei cosa ne pensa?
A me Gadda ha sempre affascinato: un ingegnere prestato alla letteratura, quando tra gli studenti circola la voce che gli ingegneri – e mio figlio maggiore lo è – sono ignoranti, nel senso  che sono poco inclini – per usare un eufemismo – alla lettura, data la loro particolare forma mentis.
Qual è il suo metodo scrivere?
A immersione totale. Scrivo velocissimamente, ma per fare ciò devo letteralmente entrare nel mondo dei miei personaggi. Una sorta di metodo Stanislawsky, frainteso da Paola che in una recente intervista lo ha definito una particolare forma di autismo. E’ proprio vero: dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna….che lo prende a calci!
Come si diventa oggi scrittori affermati?
Affermati non lo so. Serve fortuna, poi fortuna, ancora fortuna, e infine passione e desiderio di condividere e di mettersi sempre in discussione.
Che cosa consiglia, quindi, agli aspiranti scrittori?
Di non allontanarsi mai dalla vita vera.
Si vociferava, un po’ di tempo fa su una serie tv su Ricciardi.  Un’idea sfumata?
Assolutamente no. Nel 2015 uscirà la serie ispirata ai Bastardi su RAI 1, ma ho già contrattualizzato la cessione dei diritti TV di Ricciardi. In altre parole, de Giovanni sta per invadere l’etere!
Prossime uscite e altri progetti per il 2015?
Ho scoperto che la cosa che più mi appassiona è il teatro. Ho quindi accettato con entusiasmo la proposta di Alessandro Gassmann che mi ha chiesto di riscrivere Qualcuno volò sul nido del cuculo, ambientando la vicenda nel manicomio criminale di Aversa negli anni Ottanta. Andrà in scena al Bellini nell’aprile del 2015. E questo mi riempie di gioia e di orgoglio.

Domenico J. Esposito

venerdì 3 febbraio 2017

Riflessioni di uno scrittore cervinarese (Domenico J. Esposito)


 Scrissi quest'articolo dopo il festival della Cultura, Cervinarte nel 2015, pubblicandolo su Il Caudino online. Oggi lo ripropongo qui sul mio blog

By Il Caudino on 4 settembre 2015




“Come va? Che si dice lì?” domanda l’emigrante che ostenta poca nostalgia e nessun pentimento della scelta di essere andato via e senza alcuna voglia di ritornare, neanche per le vacanze.
“Mah, non cambia nulla” risponderà il cervinarese che ha scelto di restare nella propria terra, come per dire “hai fatto bene ad andartene”. Ma non è vero. Deve trattarsi di cervinaresi troppo distratti o superficiali per non accorgersene o troppo sbruffoni per ammetterlo. Sì, perché il cervinarese attento se ne accorge dei cambiamenti del proprio paese. Magari non tutti i cambiamenti sono positivi, magari Cervinara ha bisogno anche di altri cambiamenti, ma non diciamo che non cambia nulla. Soprattutto non diciamo che cambia solo in negativo. Per la cultura, per esempio, non si era mai fatto tanto come quest’anno. Ora che siamo giunti agli sgoccioli di questa magnifica estate piena di arte e cultura, ora che l’autunno è alle porte, lo possiamo dire: a chi critica la Valle Caudina e in particolare Cervinara, si ricordi, ma prima di tutto abbia modo di notarlo: Cervinara non è solo la città dei bar, dell’aperitivo e delle scommesse, dei pettegolezzi, dei pregiudizi, degli snob, degli sbandati e degli spinelli nella villa. Cervinara non è solo invidia tra concittadini quando qualcuno raggiunge il successo; non è solo urla di gente che litiga perché la squadra avversaria ha perso (secondo ogni tifoso sempre ingiustamente). Cervinara non è solo quel paese in cui un neomelodico riempie la villa e un jazzista o un concerto rock la svuota. Cervinara non è solo il paese delle polemiche politiche, artistiche, sportive e di ogni tipo. Cervinara è quel paese in cui finalmente nelle scuole, i docenti spronano i ragazzi alla lettura, cercando di far capire loro, non solo la sua importanza, ma soprattutto il piacere di leggere, così come si cerca di farlo capire anche ai piccoli. Cervinara è la riscoperta dei palazzi storici in cui si ospitano i lavori degli artisti. Cervinara è anche quel paese in cui una mattina ti svegli e scopri che qualcuno sta diffondendo la cultura attaccando locandine con frasi sulla Bellezza e che ha sparso libri sulle panchine per farli leggere gratuitamente ai cittadini. Cervinara è quel luogo in cui si condivide l’amore per la montagna (difficile farlo comprendere a chi proviene dal mare), che diventa fonte d’ispirazione per gli artisti. Cervinara è poesia, fotografia, pittura, arte contemporanea. Non è solo quel paese in cui quando non si è protagonisti, si preferisce stare al bar piuttosto che tra il pubblico. Non è solo quel paese in cui quei cittadini che si lamentano perché “non ci sono mai eventi culturali, mai niente di bello e di nuovo”, sono sempre i primi a essere assenti. Cervinara è anche quel paese in cui altri cittadini ci provano, non desistono, non si arrendono, che continuano questa battaglia e di chi, come me, li ringrazia di cuore.
Domenico J. Esposito
scrittore cervinarese