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domenica 12 febbraio 2017

Domenico J Esposito intervista Maurizio De Giovanni

Nel 2014 collaboravo con la rivista L’AltraFaccia di Tommaso Bello e stava per uscire il “numero 0” dell’edizione cartacea dove pubblicai un’intervista a Maurizio De Giovanni. L’intervista fu fatta il 13 novembre del 2014, ma per questioni di organizzazione la rivista uscì nella primavera del 2015. In estate Maurizio De Giovanni diventò cittadino onorario di Cervinara, paese in cui vivo.  Riporto qui di seguito l’intervista. 
Ci racconti come ha iniziato a scrivere.
Ho cominciato per puro caso, anzi per mano altrui. Nel 2005 seguivo un corso di Scrittura e Lettura Creativa intitolato ad Achille Campanile. Per la verità era, o allora potevo credere che fosse, solo un passatempo: accompagnavo a calcetto i miei due figli e per ingannare l’attesa avevo deciso di frequentare queste lezioni ispirate all’opera di quello che io ritengo uno dei massimi geni che abbiamo avuto in Italia. I docenti, per farmi uno scherzo, mi iscrissero a un concorso per giallisti esordienti sponsorizzato dalla Porsche. Inopinatamente vinsi la tappa di Napoli e poi la finale, a Firenze, con due racconti che avevano come protagonista un Commissario che vedeva i morti. Poiché l’eliminatoria si svolse al Gambrinus, l’ambiente liberty mi spinse ad ambientare le storie negli anni Trenta. Il premio consisteva non già in un’automobile, ma nella pubblicazione del racconto vincitore nel numero di Agosto dell’Europeo. Di qui, una serie di colpi di fortuna con la C maiuscola: prima il contatto di una signora di Padova, agente letterario che mi chiese un romanzo col medesimo protagonista dei racconti, ipotizzando che io ne avessi diversi già pronti (e invece fui salvato dalle ferie, che mi consentirono di inventarmi “Il senso del dolore”); poi la pubblicazione con un piccolo editore napoletano; poi l’arrivo di Fandango; poi Einaudi e non solo. In poco tempo il passatempo è diventato il mio lavoro a tempo pieno. Anzi: tempo proprio non ne ho più. Dovrò inventarmi una formula di presentazione dei libri notturna, per ottimizzare: la veglia con l’Autore, per esempio.
A quali autori s’ispira?
Adoro Ed McBain, grandissimo autore statunitense scomparso nel 2005, proprio quando io ho cominciato a scrivere. La sua serie dell’87° Distretto è letteratura pura, con uno stile partecipe e doloroso che lascia spesso senza fiato. I suoi romanzi sono perle e io, ogni volta che comincio a scrivere, ne rileggo uno sperando che un po’ di quella magia mi resti attaccata alle dita. Ma qeusto vale per il ciclo dei Bastardi: il personaggio di Ricciardi e la sua particolarità sono una mia invenzione!
Molti si chiedono quale sia la differenza tra un giallo e un noir, Lei come la spiegherebbe?
In due parole, direi che il giallo è un enigma, il noir una storia di violenza geograficamente e socialmente ben collocata.
Un film noir che le è piaciuto particolarmente.
Black Dalia. Ma non escluderei di essere stato influenzato dal fascino delle protagoniste femminili.
Quali, tra gli scrittori  di romanzi polizieschi del passato, ammira di più?
Al di là di McBain, direi senz’altro Simenon, che per me è uno dei più grandi scrittori del secolo in assoluto.
E tra gli scrittori del presente?
Noi giallisti, diversamente forse dagli autori di letteratura generalista, siamo molto legati tra di noi. Per questo conosco bene, e ammiro moltissimo, Dazieri, Carlotto, Carrisi, De Cataldo, Biondillo, Morchio, tra i miei amici più cari. Un posto speciale lo riservo a Diego De Silva, per me senz’altro la migliore penna contemporanea.
 Com’è nata l’idea di creare il commissario Ricciardi?
Ricciardi nasce per puro caso; oltre all’ambientazione liberty del caffè Gambrinus, galeotti furono il caldo opprimente di giugno e una bambina che passava fuori in strada e che, sentendosi osservata, mi fece una smorfia. Piccoli elementi che fecero scattare dentro di me l’idea di come debba essere il poter vedere quello che gli altri non vedono. Nacque così il “Fatto”, che non è altro che la metafora della compassione, portata alle estreme conseguenze. Ricciardi è condannato a vedere il dolore senza avere la possibilità di distoglierne lo sguardo. Questa sua perenne condizione, in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti, lo costringe alla solitudine.
Com’è nato invece l’ispettore Lojacono?
Una reazione a una domanda ricevuta durante una cena con l’Autore a Napoli (l’Autore ero io!). Mi fu detto che il cognome de Giovanni era ignoto ai più: si parlava di me come l’autore del Commissario Ricciardi e questo, secondo l’intervistatrice, avrebbe dovuto crearmi dei problemi.
In realtà, non mi sentivo danneggiato dalla popolarità di Ricciardi. Anzi. Colsi però quella che voleva essere una provocazione, e nemmeno troppo benevola, come una sfida: decisi di affrancarmi dalla coperta degli Anni Trenta e mi rivolsi al contemporaneo. Devo dire con buon successo, almeno per ora.
Quanto è importante leggere, a prescindere se si è scrittori o meno?
Anche, o forse soprattutto nella nostra era ipertecnologica, leggere resta fondamentale. Dico sempre che potrei tranquillamente smettere di scrivere (temerei solo la reazione di Paola, se lo facessi), ma non potrei mai smettere di leggere. Per niente al mondo.
Il Pasticciaccio di Gadda, il poliziesco più odiato dagli studenti. Lei cosa ne pensa?
A me Gadda ha sempre affascinato: un ingegnere prestato alla letteratura, quando tra gli studenti circola la voce che gli ingegneri – e mio figlio maggiore lo è – sono ignoranti, nel senso  che sono poco inclini – per usare un eufemismo – alla lettura, data la loro particolare forma mentis.
Qual è il suo metodo scrivere?
A immersione totale. Scrivo velocissimamente, ma per fare ciò devo letteralmente entrare nel mondo dei miei personaggi. Una sorta di metodo Stanislawsky, frainteso da Paola che in una recente intervista lo ha definito una particolare forma di autismo. E’ proprio vero: dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna….che lo prende a calci!
Come si diventa oggi scrittori affermati?
Affermati non lo so. Serve fortuna, poi fortuna, ancora fortuna, e infine passione e desiderio di condividere e di mettersi sempre in discussione.
Che cosa consiglia, quindi, agli aspiranti scrittori?
Di non allontanarsi mai dalla vita vera.
Si vociferava, un po’ di tempo fa su una serie tv su Ricciardi.  Un’idea sfumata?
Assolutamente no. Nel 2015 uscirà la serie ispirata ai Bastardi su RAI 1, ma ho già contrattualizzato la cessione dei diritti TV di Ricciardi. In altre parole, de Giovanni sta per invadere l’etere!
Prossime uscite e altri progetti per il 2015?
Ho scoperto che la cosa che più mi appassiona è il teatro. Ho quindi accettato con entusiasmo la proposta di Alessandro Gassmann che mi ha chiesto di riscrivere Qualcuno volò sul nido del cuculo, ambientando la vicenda nel manicomio criminale di Aversa negli anni Ottanta. Andrà in scena al Bellini nell’aprile del 2015. E questo mi riempie di gioia e di orgoglio.

Domenico J. Esposito

martedì 31 maggio 2011

Intervista a Pietro De Bonis (scrittore e poeta)

Amo la poesia forse addirittura più della narrativa e sarà, forse, proprio per questo che prima di ritornare a cimentarmi a scriverla, ho esitato persino a “toccarla”: oggi fare poesia è difficile, ci vuole coraggio, anche perché agli altri risulta difficile persino comprenderla. Rimango, infatti, sempre più deluso da alcune poesie adolescenziali, troppo semplici, quasi banali e, nonostante ciò, sopravvalutate e premiate. Rimango, quindi, deluso soprattutto dalle giurie che, invece, non riconoscono quei rarissimi adolescenti che veramente valgono e meritano (poiché la poesia è un'arte e l'arte non appartiene a tutti).
L'artista che intervisterò oggi, però, non è un adolescente, ma un giovane di ventisette anni: Pietro De Bonis, nato a Roma, che ha pubblicato il suo primo libro di poesie intitolato “Tempeste Puniche”, edizioni Il Filo. Pietro De Bonis ha frequentato la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Vergata, poi ha intrapreso la strada della recitazione e della fotografia. Conosciamolo e vediamo cosa ne pensa.

Ciao, Pietro, ti do il benvenuto.

A proposito di ciò che dicevo nell'introduzione: perché, secondo te, molti giovani che scrivono poesie sono sopravvalutati, mentre altri più validi sono sottovalutati, soprattutto nei Premi Letterari?

Ciao! A questa domanda non saprei risponderti in modo approfondito, in quanto non ho mai avuto modo di venire a conoscenza di persone e poesie premiate con una valutazione eccessiva. Al contrario, posso dirti che riscontro nella gente, soprattutto i giovani di oggi, una sottovalutazione del genere letterario poetico. Quasi venga, non voglio dire evitato, ma sicuramente scansato, come se le poesie appartenessero ancora a una reminiscenza scolastica, per questo fastidiosa, orticante, riconducibile solo a un discorso legato a parole messe lì a fare rima. La poesia non è rap. Questo per me è un pensiero inqualificabile, in quanto riduce di molto, di troppo, il significato e la bellezza della poesia e conseguentemente la bravura del poeta. La poesia non è affatto scontata, sono scontati gli occhi che non sanno leggerla. Poi, riagganciandomi al discorso iniziale, sta sempre all'individuo cercare di farsi valutare più che può, di farsi conoscere più che può, così da estendere la propria cerchia di lettori e aumentare i consensi o, come anche logico, i dissensi.

Una domanda, forse, poco originale, ma che sorge spontanea: quando e come ti sei accorto di essere un poeta e di amare la poesia?

Tutto ciò che sorge spontaneo non è affatto poco originale. Vedi, la mia poesia è sorta spontanea. Ho iniziato a buttare giù qualche riga senza mai aver letto prima un libro, le parole sono venute da se, innate e insite in me. Il primo a esserne sorpreso è stato proprio il sottoscritto, a volte mi svegliavo nel cuore della notte con dei versi in mente e li scrivevo su un pezzo di carta e poi li riprendevo l’indomani, li aggiustavo e concludevo il senso, uscivano suoni dalla mia bocca, fantastici. Amo la poesia perché credo di amare la vita e le persone che ne fanno parte, e amo me, la mia arte, la mia persona. Anche se sinceramente essere definito "poeta" un po' mi appesantisce, io debbo crescere ancora tanto per giungere a quel titolo.

C'è un poeta o una corrente letteraria che ami particolarmente?

Amo Alda Merini. Ti do un'anticipazione, vi sarà una poesia dedicata a lei nella mia prossima (si spera) pubblicazione. Non coltivo passioni per le correnti letterarie, mi piace scoprire gli individui singolarmente, li estrapolo da qualsiasi periodo mondiale.

Spiegaci un po' il titolo della raccolta, perché proprio “Tempeste Puniche”?

Il titolo intero è Tempeste Puniche, Il Profumo della Quiete. Rappresenta un passaggio di testimone, ossia dalle tempeste interiori che si hanno nel corso della propria vita, soprattutto adolescenziale, sino al profumo della quiete, ossia a quella sensazione che forse il peggio sia passato e che il bello, sempre più bello, è dietro l'angolo, basta solo avere il coraggio di arrivarci e fargli... tana!

Scrivi solo poesie o ti cimenti anche nella prosa?

Scrivo poesie e prose, ma mi sto cimentando anche nel romanzo, confido molto anche in quello, e in me che lo scrivo. Se avrete la pazienza e io la fortuna di pubblicare, mi leggerete anche a pie' pagine.

Qual è la poesia che, in questa tua raccolta, ti è più cara? E perché?

La più cara è "Lettera aperta al cielo", la poesia conclusiva del libro, perché è dedicata a mia madre, come l'intera raccolta, del resto.

Quali altri progetti nell'ambito letterario e, visto che vedo che sei anche attore, nel campo della recitazione?

Anche qui andiamo calmi a definirmi attore, mi diverto solo a recitare sul palco con i fantastici amici della mia compagnia teatrale dei "folliattori", nulla più di questo. Come progetti, ti ripeto, ho il romanzo e una nuova raccolta di poesie.

Pietro, non mi rimane che ringraziarti e farti tanti in bocca al lupo per tutto! Un saluto!

Grazie infinite a te! Alla prossima! Ciao!

Domenico Esposito Mito, scrittore e giornalista


Rinascimento - Pietro De Bonis

Il profumo della quiete.
Delle foglie d’abete.
Il respiro interno.
L’odore del vento.
La libertà sulla pelle.
Rinascimento.

mercoledì 4 maggio 2011

Intervista a Vittoria Coppola, autrice del romanzo “Fino all'altra fermata – Chi ama sa”.

Vittoria Coppola è nata a Casarano e vive a Taviano. È laureata in Lingue e Letterature Straniere. Fino all'altra fermata (Edizioni Il Filo, Gruppo Albatros) è la sua prima pubblicazione.

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Ciao, Vittoria, ti do il benvenuto

Buongiorno e grazie a te!

Vuoi spiegarci un po' la questione delle omonimie dei personaggi della prima e della seconda parte del romanzo? Che cosa hai voluto rappresentare con questo? Oppure preferisci che sia il lettore, con un po' di riflessione e attenzione, a capirlo?

L'omonimia dei personaggi è un particolare del romanzo che lascerei intendere al lettore... Rafforza il legame tra le due protagoniste femminili, ma... è tutto da scoprire!

Speranza, una madre quarantenne di tre figli, si può dire che ella rappresenta, metaforicamente, appunto la Speranza che stava per morire nel cuore di ognuno e che invece è sopravvissuta?

Beh... la scelta di un nome così evocativo non è certo casuale. Si, questa donna rappresenta a tutti gli effetti la bellezza e la necessità di sperare, di credere nella forza del percorso che conduce ad una fermata successiva...

È dunque, la storia di Speranza, anche un messaggio che vuoi trasmettere ai lettori? Ovvero un messaggio di speranza appunto?


Il romanzo è sorretto dai sentimenti (i più vari) e dalla necessità di sperare in qualcosa.

C'è una parte del romanzo in cui Anita, la protagonista, s'iscrive a un corso di scrittura, per cui vorrei chiederti: ritieni importante frequentare corsi di scrittura creativa, al contrario di come altri autori affermano? 

Ritengo i corsi di scrittura molto importanti. È vero che per scrivere un libro debba esserci un'indiscussa predisposizione. Io però credo che, se dovessi scrivere oggi “Fino all'altra fermata”, non commetterei gli errori (grammaticali e non) che ho commesso. Non ho ancora avuto la possibilità di frequentare un corso, perché qui nella provincia di Lecce è difficile che ci sia. Però ho letto molto, a differenza di quanto accadeva a vent'anni.

Il tuo romanzo s'intitola “Fino all'altra fermata (chi ama sa)”. Vogliamo spiegare ai nostri lettori a cosa ti riferisci precisamente? Qual è “l'altra fermata?” 

L'altra fermata è prospettiva e speranza, allo stesso modo in cui può rappresentare un blocco, però utile, mai distruttivo. Potrei fare dei precisi riferimenti al testo... ma rischierei di svelare troppo. Lascio libera interpretazione al lettore.

Spiegaci invece l'espressione metaforica “a piedi nudi”, affiancata spesso all'altra espressione che, come abbiamo detto, dà il titolo al libro “fino all'altra fermata”. 

“A piedi nudi” ovvero con assoluta umiltà e verità. Non è necessario avere delle “scarpe alate” ai piedi per prendere quota. Così come non occorrono fronzoli all'anima per accogliere la bellezza dell'esistenza.

Quali altri progetti per il futuro nell'ambito letterario?
 
Ho scritto il secondo romanzo. Attendo le risposte da parte degli editori. Spero presto possa essere pubblicato, incrocio le dita! Il terzo è appena nato... avrà tempo e modo di crescere...

Grazie, Vittoria, ti faccio tanti in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te per tutto, crepi il lupo!


Domenico Esposito Mito, scrittore e giornalista

giovedì 7 aprile 2011

Intervista a Dacre Stoker (Undead, Gli Immortali)

Dacre Calder Stoker (Montreal, 23 agosto 1958) è uno scrittore e sportivo canadese.Di origine canadese, ma residente da alcuni anni negli Stati Uniti, è il pronipote del celebre scrittore Bram Stoker. Campione mondiale di pentathlon e allenatore del team canadese al pentathlon alle Olimpiadi di Seul del 1988, vive nel South Carolina con la moglie e i due figli. Ha esordito come scrittore nel 2009 con il romanzo Undead - Gli immortali, primo sequel ufficiale di Dracula. Nella stesura del romanzo ha collaborato con lo scrittore e studioso Ian Holt.

Cliccate qui per leggere la mia recensione del libro

Salve, Signor Stoker. La prima domanda che volevo porle è questa: come mai lei e Ian Holt avete cambiato la trama del "Dracula" originale nel sequel che avete scritto? Per esempio, nel romanzo del suo antenato non esisteva alcuna storia d'amore di Mina con Dracula, anzi, al contrario, Jonathan Harker e Mina erano descritti come una coppia fedele e fiduciosa.


Sentivamo il bisogno di effettuare qualche cambiamento ai personaggi così da poter modernizzare la storia. Dracula fu scritto in stile epistolare, che non dava al lettore più di una semplice idea delle relazioni tra i personaggi centrali. Abbiamo pensato che dopo venticinque anni la "banda di eroi" abbia subito una serie di eventi traumatici durante la caccia al conte Dracula in Transilvania, e che ne abbiano subito gli effetto e quindi siano cambiati.
È come essere tornati da una guerra quando un tuo amico è stato ucciso, tu stesso potresti cambiare. Abbiamo anche pensato che che sarebbe stato interessante per i lettori se avessimo sviluppato la storia della relazione tra Mina e il Conte Dracula. Sappiamo che i due ebbero un "incontro" nel Dracula di Bram, ma niente fu detto riguardo gli effetti che esso ebbe su Mina.


Dichiaraste che il vostro intento era, con questo romanzo, di restituire alla figura di Dracula il suo spirito autentico e originale: poiché la trama differisce molto dal romanzo originale di Bram Stoker, che cosa intendevate dire allora?


La trama non cambia veramente, continua venticinque anni dopo. Offriamo dei cambiamenti all'interno dei personaggi originali di Bram per mantenere l'interesse nel lettore e gli offriamo nuove cose per poter sfidare le loro menti. Le locazioni a Parigi e in Inghiterra sono simili a quelle della storia originale, danno al lettore la possibilità di sentirle familiari e sentirsi sfidato da ciò che non si aspetta allo stesso tempo. Allo stesso tempo, diamo al Conte Dracula la possibilità di avere molto di più di una voce rispetto a come avveniva nel romanzo di Bram

Il finale del vostro romanzo è molto, per così dire, “aperto”: pensate quindi di scrivere un sequel? O comunque, in futuro, scriverete qualche altro libro?

Ian e Io abbiamo un abbozzo per un sequel di "Dracula the Un-dead". Se c'è abbastanza interesse da parte del lettore troveremo un editore, allora potremmo decidere di lavorare di nuovo insieme. Attualmente sto lavorando ad un libro di non fiction, con la dottoressa Elizabeth Miller. Si tratta di uno sguardo molto speciale a Bram quando era più giovane, prima di scrivere la maggior parte dei suoi libri. Abbiamo trovato un articolo di Bram in un attico di uno dei suoi figli , ci permette di penetrare nei suoi pensieri interiori che riteniamo che i lettori ameranno esplorare.

Qual è il suo film preferito su Dracula e quale attore lo ha interpretato meglio, secondo Lei?

Mi piaciacciono molto due film di Dracula : la versione originale di Todd Browning del 1931 e la versione di Coppola del 1992.
Penso che ci siano stati molti attori che hanno fatto un ottimo lavoro nell'interpretazione di Dracula, tutti sono un pò diversi, il Signor Christopher Lee, Bela Lugosi, Frank Langella e Gary Oldman sono al top della mia lista.


Cosa ne pensa della figura moderna del vampiro che è molto differente da quella originale di Dracula?

I vampiri sono stati in continua evoluzione sin da quando sono stati introdotti nei primi anni del 1800 nella letteratura. Le prime versioni hanno cambiato il vampiro in un ardito aristocratico dell'Europa Orientale. I Film invece hanno dovuto offrire sempre qualcosa di nuovo e diverso ad ogni nuova produzione altrimenti i fans si sarebbero stancati della "solita vecchia roba". Poiché si tratta di personaggi inventati, mi stanno abbastanza bene tutte le diverse versioni.

Chi è il suo autore preferito odierno di romanzi sui vampiri?

Mi piacciono Stephen King e Anne Rice, ho proprio sentito che hanno aggiunto del dramma molto realistico e horror al genere vampiresco.

La ringrazio, signor Stoker, in bocca al lupo per tutto. Un saluto.

Domenico Esposito, scrittore e giornalista

Grazie a Carlo Esposito per la traduzione

Clicca qui per leggere la versione originale



mercoledì 30 marzo 2011

Interview with Dacre Stoker (Dracula, The Undead)

Dacre Stoker is the author of Dracula the Un-dead (with Ian Holt) and the great-grand nephew of Bram Stoker

Hi there Mr. Stoker. The first question i would like to ask is the following: how come you and Ian Holt had decided to change the plot of the original “Dracula” in the sequel that you wrote? For example, in the novel of your ancestor there was no story about the love between Mina and Dracula, rather, on the contrary, Jonathan Harker and Mina were described as a faithful and confident couple.

We felt we needed to make some changes to the characters in order to modernize the story. Dracula was written in the epistolary style which did not give the reader much of an idea of the relationships between the central characters. We realized that after twenty five years and the fact that the “band of heros” underwent a series of very traumatic events in chasing Count Dracula back to Transylvania, that they would have been personally affected and changed. It is like coming back from a war when some of your friends had been killed, you would change yourself. We also thought it would be interesting for the readers if we developed the story of the relationship between Mina and Count Dracula. We know Mina and Count Dracula had an “encounter” in Bram’s Dracula, but nothing was mentioned about the effect it had on Mina.

You declared that your intention with this novel was to re-give Dracula’s figure his authentic and original spirit: since the plot is kind of different from the original one by Bram Stoker, what did you mean?

The plot does not really change, it continues 25 years later. We offer changes in Bram’s original characters to keep readers interested and offer them new things to challenge their mind. The locations in Paris and England are similar to the original story, giving the reader a chance to feel familiar yet challenged with the unexpected at the same time. At the same time we give Count Dracula and opportunity to have much more of a voice then in Bram’s novel.

The ending of your novel is, so to speak, "open", so then do you mean to write a sequel or maybe write another novel in the future?

Ian and I do have an outline for a sequel to Dracula the Un-Dead, if there is enough interest from readers and a publisher then we may decide to work together again.
I am currently working on a non fiction book with Dr. Elizabeth Miller. It is a very special look at Bram when he was a younger man, before he wrote most of his books. We have found a journal of Bram’s in an attic of one of his great grand sons, it gives us plenty of insight into his inner thoughts which we think readers will love to explore.


What’s your favourite Dracula movie? And Who’s the actor who played it the best way?

I really like two Dracula movies, the original 1931 Todd Browning version, and the 1992 Coppola version. I think that many actors have done a great job playing Dracula, all are a bit different, Sir Christopher Lee, Bela Lugosi, Frank Langella and Gary Oldman are at the top of my list.

What do you think about the modern figure of the vampire wich is more different from the original that appears in Dracula?

Vampires have been constantly changing since they were introduced in the early 1800’s to literature. Stage versions first changed the vampire into a dashing eastern european aristocrat. Movies have had to constantly offer something new and different with each new production otherwise the fans would grow tired of the “ same old thing”. Sine they are fictional characters, I am quite happy with all the different versions.

Who’s your current favourite vampire novelist?

I like Stephen King and Anne Rice, I felt they added some very realistic drama and horror to the vampire genre.

Thank you really much Mr. Stolker, good luck for everything. Regards.


clicca qui per leggere l''intervista tradotta in
italiano.


Domenico Esposito Mito, writer and Journalist

giovedì 10 marzo 2011

Riepilogo delle attività: recensioni e interviste

Recensione del romanzo "L'idiota" di Dostoevskij, a cura di Domenico Esposito Mito.

Recensione de La Città Dei Matti su Sololibri.net

Quattro chiacchiere (contate) con...Domenico Esposito Mito, intervista di Matteo Grimaldi

Intervista di Domenico Esposito Mito a Sonia De Simone (scrittrice caudina di romanzi rosa)

Intervista di Domenico Esposito Mito a Rolando Giancola (attore e poeta isernino)

Intervista di Domenico Esposito Mito a Emanuele Cerullo

"Paese mio carissimo" il nuovo libro di Franco Martino

Intervista di Domenico Esposito alla doppiatrice italiana Giulia Tarquini

Presentazione "La Città Dei Matti" di Domenico Esposito a Solaro (MILANO), Centro Libri Larizza, breve articolo su "Inchiaro Scuro"

Recensione del romanzo "La Città Dei Matti" su SognandoLeggendo

Intervista a Giuseppe Vitale (scrittore)

Intervista a Serena Stanzani (cantante e scrittrice)

Intervista a Sara Orlacchio (cantante)

Recensione di Domenico Esposito Mito del romanzo Undead-Gli Immortali (Dracula, the undead) di Dacre Stoker e Ian Holt

Intervista a Davide Falossi, scrittore e fotografo naturalista

Recensione di Domenico Esposito Mito su Sololibri.net del romanzo "Urla Ancestrali" di Davide Falossi.

Domenico Esposito Mito intervista Niseem Onorato (attore e doppiatore italiano)

Intervista a Manuela Romeo (cantante di Reggio Calabria)

Intervista a Ciro Ceruti (attore comico di "Fuori Corso")

Interview with Dacre Stoker (english version/versione inglese)

Intervista a Dacre Stoker (versione italiana/italian version)

Intervista a Vittoria Coppola (scrittrice)


Intervista ad Antifeminist (giornale antifemminista e antisessista italiano)

Intervista a Francesco Ferrazzo (cantante)

Intervista a Pietro De Bonis (scrittore e poeta)

N.B. QUESTO POST SARA' AGGIORNATO DI VOLTA IN VOLTA

venerdì 4 febbraio 2011

Intervista a Davide Falossi (scrittore e fotograto naturalista)

Davide Falossi è nato nel 1966 a Torino ed è un fotografo naturalista. Le indimenticabili passeggiate nei boschi con il padre e la figura del nonno, guardiacaccia proprio nei boschi intorno a Torino, sicuramente hanno contribuito a far nascere la sua grande passione nei confronti della natura e degli animali che ha catturato nelle sue splendide foto.
"Urla ancestrali" è il suo primo romanzo.

Potrete leggere l’anteprima seguendo questo link

Ciao, Davide, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra intervista



Ciao Domenico grazie per l’interessamento al mio romanzo. Come sai Martedì 22-Febbraio ci sarà la presentazione ufficiale a Milano e questa può essere sicuramente un’anticipazione per i lettori.

La prima domanda che voglio farti è poco originale, ma per chi ha scritto il primo libro, penso sia opportuno spiegarlo: da dove è nata l’idea di questo romanzo?


L’idea di scrivere è stata, più che un’idea, una necessità. La necessità di esprimere qualcosa che dentro di me urla e che credo faccia parte di ogni essere vivente; la vita, la forza indomabile che in ognuno di noi è presente e fa si che lottiamo per essa in ogni momento. Ho cercato quindi di rappresentare tutto questo per mezzo di una storia avvincente che ovviamente doveva essere legata alla natura. In realtà non avevo idea di quanto avrei scritto, essendo la prima volta che mi cimentavo in una simile impresa. Poi però, ho iniziato a rendermi conto e a sperimentare un fenomeno imprevisto. Man mano che scrivevo e gli eventi si formavano, questi si materializzavano nella mia mente e, come se stessi sognando, mi trovavo calato in essi. A questo punto la storia andava avanti da sola ed io stesso non sapevo dove e come sarebbero finite le varie vicende. Le uniche certezze erano i punti cardine che mi ero prefissato e il messaggio che volevo dare.

Nel tuo romanzo racconti di un forte legame tra uomo e lupo. Secondo te, dunque, è possibile stabilire un rapporto tra uomo e animali come il lupo che tutti gli umani hanno sempre temuto e ritenuto pericoloso?


Il rapporto tra il protagonista umano e quello animale che racconto nel libro è in realtà qualcosa di anomalo e abbastanza innaturale. Non è impossibile, infatti non sono poche le persone che per vari motivi sono venute a contatto con quest’animale ed hanno stabilito un rapporto di amicizia. Non dimentichiamoci che il “miglior amico dell’uomo” il cane, deriva dal lupo. Tuttavia non è la miglior cosa che possa succedere al lupo, perché ogni animale selvatico viene sempre snaturato dall’addomesticamento o dal contatto troppo ravvicinato con l’uomo. È proprio qui che entra in causa la natura; la natura del lupo, che pur essendo costretta dall’uomo, prima o poi deve esplodere e palesarsi proprio all’uomo che aveva imparato a conoscere. Quanto alla pericolosità del lupo, questo è uno dei tanti pregiudizi che l’uomo ha nei confronti di questo meraviglioso animale. Ma qui entra in ballo l’altro messaggio che intendevo dare con questo romanzo. Il lupo in quasi tutte le società è sempre stato considerato in maniera negativa, simbolo del male, protagonista di favole in cui innocenti bambini o nonnine venivano divorati, infido, bugiardo, stupido, cattivo, vigliacco. Perché? Te lo sei mai chiesto? Io sì, me lo sono chiesto e sono arrivato a una conclusione che in parte faccio raccontare da Philipp ai figli e in parte faccio intuire, spero in maniera chiara. Una cosa però voglio dirti, tutti gli aggettivi di cui ho parlato prima, sono epiteti riconducibili alla specie umana. Ma chi lo sa quanto un lupo possa essere stupido, certamente non è intelligente quanto un uomo, o cattivo o vigliacco? Bene io dico questo, nel cervello di un lupo non può esserci vigliaccheria o bugiarderia o cattiveria, questo perché il suo encefalo per quanto evoluto non è sufficientemente sviluppato per consentirgli di attuare comportamenti che sono invece esclusività del genere umano. Allora perché proprio al lupo attribuiamo queste caratteristiche negative? E perché invece gli indiani d’America lo vedevano come un animale eccezionale e degno del massimo rispetto e cercavano sempre di imitarlo nella caccia e nella vita? La mia spiegazione di questo io la do nel romanzo e credo che chi vorrà la troverà



Il rapporto tra Clara e Philipp è analogo o differente a quello tra te e tua moglie? Quanto?

Io ho un rapporto bellissimo con mia moglie, così come il protagonista del romanzo. Certo, alcune cose sono puramente inventate ma, come in loro due, credo che il segreto di ogni buon rapporto sia di evitare di prevaricare l’uno sull’altro e decidere sempre insieme tutto.

Leggendo il tuo libro, si percepisce il tuo forte desiderio di imbatterti in un lupo europeo, per fotografarlo e quello ancora più forte ma, suppongo difficile, addirittura di stabilire un rapporto con esso: come mai questo desiderio e perché, tra tanti animali, proprio il lupo?

Il lupo, e questo te lo potrà confermare la maggior parte dei fotografi naturalisti, è un animale mitico per noi perché incarna in se tante doti di bellezza,fierezza, imprendibilità e difficoltà. Poi credo che il fotografo naturalista, proprio perché amante della natura e sensibilizzato verso di essa, percepisca nel lupo una certa vicinanza di emozioni. Ma questo riguarda quello di cui parlavo prima e preferirei che i lettori lo scoprissero da soli, anche perché si tratta di un mio pensiero, ma non è qualcosa di scientificamente provato.

Una cosa che non è stata precisata nel romanzo: in quale nazione ci troviamo e come mai non hai voluto menzionare il nome?

Non era importante per me specificare dove si svolgessero i fatti, questo per ribadire il concetto che è una storia che potrebbe succedere ovunque vivano dei lupi ovviamente e non conta tanto sapere in quale città o quale foresta, quello che conta è la foresta e la natura. Comunque dai nomi e da alcuni altri particolari si evince che in linea di massima siamo in Europa e probabilmente in Germania o Austria.

Hai mai fotografato un'altra specie di lupo?

Non ho mai avuto la fortuna di incontrarne uno in libertà, ma non si sa mai e credo che se un giorno avverrà, quello sarà un momento magico e indimenticabile anche se non l’unico tra quelli che ho vissuto nella natura.

Perché è così difficile fotografare un lupo europeo, oltre al fatto che è una specie rara?

Beh, la maggior difficoltà sta proprio nel fatto che da noi in Italia è un animale così raro che fino a qualche anno fa poteva essere considerato estinto. Poi c’è da dire che il lupo è un animale molto mobile, percorre centinaia di chilometri al giorno e non è così facile come con altre specie , appostarsi e aspettare che arrivi. Oltretutto, proprio a causa dei nostri pregiudizi, viene cacciato e ucciso indiscriminatamente e quindi la sua diffidenza nei nostri confronti è massima.

Immagino, dunque, che occorra molta prudenza per fotografare animali del genere: quali sono le difficoltà di un fotografo naturalista e quali consigli daresti ai tuoi colleghi, magari non ancora esperti, per fotografare questi tipi di animali, per non correre rischi?

Per quanto riguarda il lupo, non vi è alcun problema, infatti quest’animale non attacca l’uomo se non in casi veramente eccezionali. Nel nostro Paese non succede. Io per ora mi sono dedicato unicamente alla fauna del nostro paese o comunque in Europa, quindi non ho esperienza per quanto riguarda le specie pericolose. Credo comunque che in quei casi il modo migliore di fotografare sia da una jeep o un osservatorio protetto, però ripeto non ho esperienza e non voglio dire cose inesatte.

Ti faccio un’ultima domanda: hai intenzione di scrivere altri libri in futuro?

Sì, questa esperienza mi ha galvanizzato, perché il vivere storie così fantastiche, in maniera così intensa, non è cosa da poco e quindi sto scrivendo un nuovo romanzo che sarà però completamente diverso dal primo. Si tratta di una storia molto movimentata e intricata che sarà caratterizzata da un forte alone di mistero. Da come sta andando credo anche che sarà parecchio più lungo del primo, ma spero che i lettori lo troveranno altrettanto avvincente.

Io come lettore, mi sono affezionato al lupo Banshee, come penso che accadrà a tutti gli altri tuoi lettori, quindi non mi sembra il caso di dire “in bocca al lupo”, nessuno vuole che Banshee crepi, allora mi limiterò a dire: Buona fortuna per tutto e grazie per aver accettato il mio invito!

Sono io che ringrazio te per avermi dato quest’opportunità che per noi scrittori esordienti un po’ nascosti nell’underground, anzi nel “sottobosco” della letteratura, è molto importante.


Domenico Esposito Mito

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lunedì 10 gennaio 2011

Intervista a Serena Stanzani (scrittrice e cantante di Agrigento)

Serena Stanzani nasce nel 1993 ad Agrigento ed è un'artista poliedrica. Si dice ispirata da tutte le multiformi espressioni dell'arte, con una particolare predilezione per la scrittura e per il canto. In questo campo dobbiamo segnalare la vittoria di Serena al Cantagiro e la finale raggiunta, grazie sempre alla sua voce, al premio Mia Martini.
“I am in Wonderland” è il suo debutto letterario, pubblicato da poco dalla Casa Editrice “Edizioni La Gru” di Padova.

Seguite questo link, per leggere le prime pagine:


Ciao, Serena, innanzitutto benvenuta a questa nostra piccola intervista.


Ciao Domenico, grazie mille, è un piacere per me.

Serena, tu a soli diciassette anni, hai scritto il tuo primo libro. Raccontaci com’è nata l’idea di scriverlo.

L’idea è nata dalla volontà di raccogliere tutte le mie note per far si che queste non fossero perse o dimenticate. Di conseguenza è subentrata l’idea di scrivere un libro. A tal proposito, il mio perpetuo ringraziamento va alla Casa Editrice “Edizioni la Gru” di Padova, per aver creduto nel mio lavoro e per l’impegno, la professionalità e la passione che ha dedicato e continua a dedicare al percorso del libro.

Come mai hai scelto un titolo in inglese anziché in italiano? Spiegaci perché lo hai intitolato così e parlaci, per sommi capi, di questo libro e gli argomenti trattati.

“I am in Wonderland – pensieri e parole” è un libro agevole che si rivolge tanto al mondo adolescenziale quanto a quello adulto. È una raccolta di riflessioni e di aforismi che presenta i caratteri fisionomici di un diario universale. Ho intitolato il libro “I am in Wonderland” perché rappresenta una finestra sullo stato emotivo di un’adolescente. Quasi uno specchio sul subconscio di una ragazza che vive la vita perdendosi in essa e analizzandone i significati più essenziali e soprattutto sostanziali. La traduzione di “I am in Wonderland” è “Io sono nel Paese delle Meraviglie”. La scelta dell’utilizzo della lingua inglese è motivata: nelle mie intenzioni “Wonderland” non ha espliciti collegamenti con il “Paese delle Meraviglie” della nota Alice, bensì è un mondo buffo, confuso e colmo di contraddizioni. Un mondo super colorato, un mondo a testa in giù, un mondo dominato dal caos. Rappresenta un buco nero e al contempo è il motore e generatore dei pensieri e delle cose. Il confine tra ciò che esiste e ciò che rendiamo esistente.

Tu sei anche una cantante. Vuoi raccontarci com’è nata la tua passione per la musica e come hai esordito in questo campo?

Quando parlo della musica, non parlo mai di una passione ma di un mio modo di essere. La musica, secondo me, non può essere considerata "un accessorio di convenienza" a cui spetta il ruolo di completare la vita di una persona. È qualcosa di intimamente compenetrato all'essenza di un individuo: qualcosa che non si può negare o ripudiare per scelta. Canto da sempre ma la mia prima vera esibizione è avvenuta in occasione di una recita scolastica all’età di otto anni. Per gioco ho provato ad abbracciare questa nuova esperienza, gettata sul palco dall’entusiasmo delle mie persone care. Non sono ancora scesa!

È nata prima la passione per la musica o prima quella per la scrittura?

Scrivo da sempre. Ricordo bene, quando, negli anni della mia primissima infanzia, ancora incapace di leggere e scrivere, dettavo tutto quello che mi passava per la testa a mia sorella. Da piccola mi ha tenuto compagnia anche un vecchio registratore.

Chi sono i tuoi modelli nella musica?

Penso di non avere dei modelli definiti: amo tutto ciò che è musica e nella scelta dei brani da interpretare non tengo in considerazione gli interpreti originali bensì lo stile musicale del pezzo, prediligendo il pop-melodico moderno, italiano e straniero.

E nella scrittura?

Mi piacciono molto Alessandro Baricco, Alda Merini e Paulo Coelho e sono, inoltre, innamorata della letteratura inglese.

Per adesso fai cover, ma hai mai scritto qualche testo da poter cantare in futuro?

Già da un anno gira in rete il mio videoclip del brano inedito “Dire Sempre o Dire Mai” scritto per me da Stefania e Carmelo Labate (attuale chitarrista e arrangiatore di Ivana Spagna), già finalista al Festival “Premio Mia Martini” nell’anno 2009 e vincitore a “Il Cantagiro” nell’anno 2010 (sezione videoclip). Sono stata, inoltre, tra i papabili di “Sanremo giovani” 2011 con il brano “Il Tempo” del M° Vincenzo Capasso e G. Bonasia. Recentemente ho scritto un testo che verrà al più presto musicato.

A proposito del futuro: che progetti hai sia nell’ambito della scrittura sia in quello della musica?

Diciamo “work in progress”. Per il momento studio e mi limito a godere di “queste giornate di sole”. Ho molti progetti, tutti da costruire e spero da realizzare presto! Incrociamo le dita!

Infine, come si può acquistare il tuo libro?

"I am in Wonderland, pensieri e parole" (Edizioni La Gru, € 9,50 - Codice ISBN 9788897092025) è disponibile ad Agrigento presso la Libreria “Deleo” (Via XXV Aprile,210 - Tel. 0922.20708 - Email: libreriadeleo@alice.it ) e a Favara presso la libreria “Il Papiro” (V.le Pietro Nenni 130 – Email: papiroeditore@libero.it ). Il libro può essere ordinato anche sul sito www.edizionilagru.com e vi verrà spedito senza spese aggiuntive.

Grazie mille per aver accettato il mio invito, Serena. In bocca al lupo per tutto!

Grazie a te! Crepi il lupo!



Domenico Esposito Mito

mercoledì 22 dicembre 2010

Intervista di Domenico Esposito Mito a Giuseppe Vitale (scrittore)

Giuseppe Vitale nasce a Siracusa e ha trascorso gran parte della sua vita in Ortigia.
A diciassette anni scrive il suo primo libro, una raccolta di racconti, intitolata "Divoriidee", autopubblicata con ilmiolibro.it.
Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza al Consorzio universitario Megara Ibleo di Messina.
"Se ciò che cerchi è la storia dell'amore e dei problemi di due adolescenti sedicenni o un lacrimoso epillio su una quarantenne divorziata che si riscopre pittrice, posa subito questo libro. Potrebbe farti del male. Queste sono solo storie di ordinaria follia. Voli pindarici e pazzi sogni, forse incubi. Potrebbero cambiarti la vita. Vuoi rischiare?"così, Giuseppe Vitale, presenta la sua raccolta.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:



Ciao, Giuseppe, innanzitutto ti do il benvenuto a questa piccola intervista.

Ciao a te e saluti anche a chi legge.

Parliamo innanzitutto del titolo: cos'è "Divoriidee"? Perché hai intitolato proprio così la tua raccolta di racconti?

Perché era un periodo della mia vita, quello in cui pubblicai Divoridee, in cui amavo analizzare ogni ideale, ogni modo di vedere o di essere delle cose, per scoprirne i motivi e le cause. Quello che all’inizio era solo uno sfogo disperato, la rabbia nell’accorgermi di molti siparietti e bugie, diventò un hobby: rompere e divorare idee, aprirle come certi bambini fanno con i giocattoli meccanici, per scoprire come funzionano, come ripararli, magari, migliorarli, da necessità era diventato hobby, motivo di vita.

Come mai hai deciso di scrivere racconti anziché un romanzo?

Scrivere un romanzo che parli della mia società? Che riesca, intorno ad un solo protagonista, o a un gruppo ristretto di persone, a mostrare la poliedrica sfaccettatura del mondo? Le centinaia di tinte di grigio che esistono?
Non credo che ne sarei stato in grado, non mi sento né Bulgakov, né Gogol.


Quando hai scritto Divoriidee, avevi soltanto diciassette anni e già parlavi, in forma molto ironica, di politica e d’ideologie. Questo tuo interesse è nato da sé oppure dipende da una certa educazione, una cultura acquisita nell’ambiente in cui sei cresciuto?

Credo che praticamente nulla nasca da sé. Sono il risultato dell’educazione impartitami dai miei genitori e delle esperienze, belle brutte, che mi sono capitate. Il mio è un interesse generale per la vita, non solo per la politica, o le ideologie. In loro vedo solo qualcosa di tragicomico, un siparietto interessante per coprire le parti intime della nostra anima, per vestirci con qualcosa che ci riempie la bocca e ci fa sentire meno stupidi, meno inutili, più partecipi del mondo intorno a noi. Ma che non si pensi, neanche lontanamente, che io sia un attivista di qualche tipo. Mi occupo delle persone e del loro modo di rapportarsi con le idee, non delle idee in sé.

Cosa ne pensi, dunque, di chi dice spesso che noi giovani non c'impegniamo né c'interessiamo della politica e del sociale? E il tuo interesse fino a che punto arriva?

Cresciamo liberali e moriamo conservatori, questa è una massima che vale praticamente per chiunque, in qualunque epoca. Tutti noi ci impegniamo, a modo nostro, per cambiare il mondo, e finiamo con il cambiare i canali della televisione, fieri del nostro nuovo digitale terrestre.

Credo che i giovani s’impegnino nella politica, percentualmente, tanto quanto si impegnavano in passato, se non di più.

Spesso non ci rendiamo conto del fatto che non abbiamo realmente un peso, o un potere contrattuale e siamo convinti di poter davvero essere l’ago della bilancia in qualche occasione, anche se non sappiamo mai bene quale. Manifestiamo contro ogni riforma dell’istruzione fin dai tempi di Gentile e del regio decreto del 31 dicembre 1922, troviamo sempre il nuovo peggiore del vecchio, con l’occhio di chi non ha mai davvero capito cos’era il vecchio e non sa cos’è con precisione cos’è il nuovo, ma vuole comunque dire la sua.

Credo che i giovani si interessino, dunque, al mondo politico e sociale, mi riferisco a una certa categoria di ragazzi, diciamo gli stessi che leggono blog come questo e che hanno un minimo di cultura, quindi una netta minoranza tra i tanti. Credo anche che questi giovani si interessino con sincerità e voglia di fare ma che comunque anche la stragrande maggioranza di questo ristretto gruppo non abbia e non avrà nulla da dire. Esattamente come la loro controparte adulta.


In che modo si può acquistare "Divoridee"?

Esclusivamente online, tramite un qualunque paypal, dal link che è stato dato nella prefazione. È un libro auto-pubblicato, chiunque ne voglia una copia se la vedrà stampata personalmente e inviata a casa in un periodo pari a 2-3 giorni al più.

Per il futuro, pensi che continuerai a scrivere? Quali sono i tuoi progetti?

Ho scritto un romanzo, basato su un gioco di ruolo, Sine Requie, mi ha appassionato profondamente e penso sia uno dei miei migliori lavori. Ma i problemi riguardanti i diritti sono molti, forse troppi, quindi penso che lo utilizzerò per sostenere il tavolo del pc.

Decine di racconti sono stati accumulati in giro per il mio desktop, o in cartelle polverose. E quando sei una cartella del pc non è mica facile diventare polverosa. Magari cercherò un editore prima o poi, ma lo studio universitario incalza e il tempo per scrivere è sempre meno.

Scrivo più che altro per me e pubblico i miei nuovi racconti sul mio facebook, disponibili per chiunque voglia leggerli, ovviamente gratis.


Grazie per aver accettato l'invito, Giuseppe. Non mi resta che farti tanti in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te, rispondere a delle domande su ciò che sono fatte da qualcun altro mi aiuta molto a riflettere e a pensare.

E ovviamente voglio salutare Chiara, la mia ragazza e Claudia, l’amica che mi ha presentato al buon blogger che mi ha fatto queste domande.
Sì, sono uno di quelli che di fronte alla telecamera alza la mano, fa ciao e dice “Mamma, guardami, sono in tv!”

Ciao a tutti!



Domenico Esposito Mito

mercoledì 3 novembre 2010

Intervista di Domenico J. Esposito a Giulia Tarquini (doppiatrice italiana)

Giulia Tarquini è nata a Frascati nel 1989, ma ha sempre vissuto a Roma con la famiglia.
Ha iniziato a interessarsi al mondo del doppiaggio all'età di dodici anni. Tra i suoi primi lavori ci sono: "Star Trek Voyager" e "La promessa dell'assassino" di Cronenberg. I suoi ruoli stanno diventando sempre più importanti. Tra i suoi recenti lavori, troviamo il film "Paranormal Activity 2" in uscita nelle nostre sale da venerdì 22 Ottobre, dove presta la voce all'attrice Molly Ephraim nel ruolo di ALI.
Oltre al doppiaggio, è appassionata di letteratura: ha, infatti, completato il suo primo romanzo un anno fa e sta attualmente cercando di proporlo a diverse case editrici.
Ecco la sua pagina personale, dove potete leggere buona parte dei suoi lavori e ascoltare la sua voce nel film "L'amore secondo Dan", in cui doppia Brittany Robertson:




Tu hai esordito come doppiatrice all’età di quattordici anni. Ti va di raccontarci come hai scoperto la passione per il doppiaggio e come sei entrata a far parte di questo mondo così affascinante?

Quando ero piccola, guardavo un sacco di cartoni animati (in realtà ne vedo parecchi anche adesso hehehe). Un giorno mi chiesi: “Ma come fanno dei cartoni animati ad avere delle voci proprie?”. Iniziai così a interessarmi al mondo del doppiaggio. Avrò avuto dodici anni, forse anche meno. Guardavo la televisione e mi divertivo a capire chi era la voce di chi, per poi verificare le mie deduzioni tramite internet.
A quattordici anni decisi di conoscere concretamente quest’affascinante mondo. Grazie al fondamentale appoggio dei miei genitori, andai a visitare degli studi di doppiaggio dove mi permisero di assistere. In breve tempo riuscii a partecipare a diversi brusii e di lì il mio amore per questo lavoro andò aumentando, nonostante le diverse difficoltà, dovute alla mancanza di conoscenze e all'inesperienza.
Tutt’oggi, a distanza di più di sei anni ormai, lavoro ancora come doppiatrice e non mi sono mai pentita di aver intrapreso questa strada. Non so spiegare a parole il sentimento che mi lega a questo lavoro, ma so che è forte e sincero. Spero di continuare a provare questo stesso trasporto per molto tempo ancora.


C’è qualche tuo collega che stimi particolarmente?

Tantissimi! La prima doppiatrice che ho amato in assoluto è stata Domitilla D’amico. Ancora oggi la ammiro moltissimo, è il mio modello. Penso che sia una delle migliori doppiatrici che ci siano in piazza.

Con quale dei doppiatori scomparsi appartenenti alla “vecchia” generazione avresti voluto collaborare o almeno avresti voluto conoscere?

Ferruccio Amendola. Che voce ragazzi…

Tra le attrici o i personaggi doppiati finora, ce n’è qualcuna alla quale sei affezionata o in cui ti riconosci?

Sì, Molly Quinn, che nel telefilm “Castle - Detective tra le righe” interpreta Alexis Castle, la figlia del protagonista. Mi ci rivedo moltissimo: spigliata, seria e giudiziosa, forse anche troppo.

So che oltre a fare doppiaggio, ti piace scrivere. Qual è il genere che prediligi?


Non prediligo nessun genere in particolare. Leggo di tutto: libri gialli, rosa, fantasy, storici ma, essendo una romantica incallita, nel libro (qualunque tema tratti) deve esserci una storia d’amore, altrimenti difficilmente mi piace. È inutile dire che nel mio libro hanno un ruolo importante sia l’amore sia l’amicizia, benché possa essere collocato sotto il genere “mistery”.

È nata prima la passione per la scrittura o quella per il doppiaggio e quale delle due è più forte?

In realtà è nata prima la passione per la lettura. In seguito è venuta quella per il doppiaggio e poi quella per la scrittura. Ora come ora, amo in modo equo tutte e tre queste passioni.

Forse alla seguente domanda saprebbe rispondere meglio un direttore di doppiaggio, tuttavia, essendo del campo, ne saprai sicuramente più di noi e dei nostri lettori: molti si chiedono per quale motivo i dialoghi italiani non corrispondono a quelli originali, cambiandone completamente il senso. Sapresti fornirci qualche spiegazione?

Ci sono diverse risposte a questa domanda. Ne elencherò alcune. Prima di tutto, bisogna tenere presente che dietro ai dialoghi c’è un gran lavoro. C’è chi traduce i copioni e poi chi li adatta in italiano e questo non è affatto facile. Gli inglesi, i francesi, i tedeschi ecc… hanno un’apertura di bocca diversa dalla nostra. Se dicono “A”, noi di certo non possiamo dire “I” per intenderci. Il lavoro del dialoghista è di adattare i movimenti della bocca (quello che comunemente si chiama “Sync”) delle battute originali, con quelle in italiano. Si cerca, per quel si può, di non alterare il senso della frase, ma spesso è necessario cambiare parole (meno male che in italiano ci sono tanti sinonimi) e la loro disposizione nel dialogo. Spesso mi è capitato di trovare delle frasi che tradotte letteralmente non significavano nulla, o delle battute che per gli inglesi avevano un senso ma che per noi non ne avevano. Che si può fare in questi casi? Si deve necessariamente cambiare la battuta in modo che sia comprensibile per il nostro pubblico.

Ultima domanda: succede, a volte che, in una serie televisiva, cambiano il doppiatore di un personaggio. Quali possono essere i motivi?

Diversi. Anche in questo caso vi elencherò quelli più comuni. Come un qualunque lavoro, anche nel doppiaggio ci sono delle scadenze da rispettare e può succedere che il doppiatore di una serie si ammali o che abbia impegni più importanti o che, purtroppo, muoia. Perciò non si può far altro che sostituirlo.

Ti ringrazio per aver accettato l’invito, Giulia, in bocca al lupo per tutto. Non vediamo l’ora di leggere il tuo romanzo!

Ma magari! Speriamo che riesca a pubblicarlo!
Grazie di tutto


Domenico J. Esposito, scrittore

mercoledì 13 ottobre 2010

Domenico Esposito Mito intervista Emanuele Cerullo (poeta e rapper napoletano)

Emanuele Cerullo è nato a Napoli nel 1993, dove vive tuttora con la famiglia. Inizia ad affacciarsi al mondo della scrittura a otto anni, grazie alla passione per la musica, ispirandosi al genere rap e componendo poesie rimate. Cresciuto nel difficile quartiere di Scampia, durante la sanguinosa faida di camorra ha trattato tematiche di riscatto sociale e di antimafia, ma l’amore è la tematica che usa più frequentemente nei suoi scritti. Apprezzato da personalità importanti nel mondo della cultura e della società, ha pubblicato "Il coraggio di essere libero" (2007), raccolta di poesie auto-finanziata che ha inaugurato un periodo professionale soddisfacente, complici anche i tanti premi e concorsi letterari vinti, oltre a riconoscimenti per l’impegno civile.
Un’altra sua pubblicazione è "Il professore alunno" (2010), che ha come tema il bullismo, scritto insieme ad oltre cento studenti italiani.
Attualmente frequenta il Liceo Scientifico “Elsa Morante” di Scampia (NA), sono in corso di pubblicazione due suoi libri, ha alle spalle oltre trenta pubblicazioni in antologie letterarie, altrettante menzioni speciali in concorsi letterari e collabora con varie riviste locali e nazionali.


Com'è nata la passione per la poesia?

Ho iniziato a scrivere all’età di otto anni. Componevo poesie rimate che trasformavo, poi, in canzoni, cosa che continuo a fare.

C'è qualche poeta al quale t'ispiri particolarmente?

Forse sì! Dico forse, perché ci sono tanti poeti che mi affascinano, ma è probabile che, al momento della produzione, vengano fuori elementi stilistici o retorici appartenenti a loro.

Oltre a scrivere poesie, sei anche un rapper, anche in questo caso, ti chiedo: c'è qualche artista del genere al quale t'ispiri?

Eminem è il mio preferito: è stato lui che, attraverso la sua musica, mi ha spinto a scrivere e imitarlo, quando avevo otto anni. Ma le mie produzioni non hanno quel rap duro e quei loops pesanti come nel caso dell’hardcore rap, io vado più verso il neo soul e verso l’R&B, anche se, recentemente, l’hip hop, in America, sta cambiando molto e un grande come Drake ce lo sta dimostrando. Lasciamo perdere l’hip hop nostrano: lo seguo pochissimo, è prevalentemente underground. Le major dovrebbero dare spazio all’hip hop vero, non a quelli che facendo solo due critiche a sistemi o persone garantiscono tante copie da consumare.

Tu sei conosciuto come un giovane autore impegnato nel sociale, come mai questa scelta di passare al rosa con la raccolta "Il cuore come inchiostro"?

La figura femminile mi affascina da sempre, forse più della società, magari perché è l’oggetto della società, è un insieme di sensazioni, d’intuizioni, tante cose appartenenti all’animo umano rese concrete. E poi, non ho neppure la minima intenzione di essere visto sempre e solo come un autore “impegnato”: credo che se prosegui con gli stessi argomenti, ma soprattutto se ti lasci etichettare, vai incontro a un “auto-soffocamento” etico e culturale, oltre che professionale.

I tuoi scritti, per quanto mi risulta, sono tutti inediti: il motivo è che diffidi dall'editoria? Spiegaci perché.

Con l’editoria, ho un rapporto davvero singolare! Diciamo che diffido dalla falsa editoria (e dai falsi editori!), perché, per me, l’editore vero è quello che non chiede un contributo economico per la pubblicazione del tuo manoscritto. E poi noto che le case editrici grosse non bandiscono concorsi gratuiti, che magari possono servire a valorizzare e a mettere in luce i veri talenti, ed è giusto – da un punto di vista aziendale – che non promuovano ciò, ma da un punto di vista non aziendale sbagliano, perché danno spazio a ciò che fa clamore, ad autori che, in qualche modo, si sono già fatti conoscere. Diffido, quindi, da un tipo di editoria che, ahimè, prevale, cioè quella troppo consumistica. Ma dobbiamo rassegnarci: oggi la letteratura è una letteratura di consumo, sono curioso di vedere tra mezzo secolo cosa diranno i critici letterari riguardo questo periodo. I miei scritti sono ancora inediti perché, lo ammetto, sono un “conservatore”, nel senso che tendo prima a osservare, analizzare, capire meglio le cose, e poi mi sono proposto poco alle case editrici, mi hanno risposto chiedendomi un contributo economico, con altri editori, poi, ci ho pure litigato, perché vogliono essere imprenditori, più che editori. Non possono pensarla diversamente, la voglia di fare soldi li acceca, non li fa ragionare da editori. Ad ogni modo, sto continuando a cercare qualche editore giusto, spero di trovarlo, sarà una caccia al tesoro!

Essendo inediti, in che modo possiamo trovare i tuoi scritti per poterli leggere?

Nel caso de “Il coraggio di essere libero”, è praticamente introvabile: è in corso di revisione, lo sto abbellendo alla grande e, detto nel nostro gergo, sto preparando una vera e propria bomba! Per quanto riguarda “Il professore alunno”, basta chiedere le copie a info@bimed.net
Riguardo “Il cuore come inchiostro”, invece, essendo un e-book, basta chiedere le copie che il lettore desidera all’indirizzo emanuelecerullo@libero.it. Riceverà, gratuitamente, il file in pdf della raccolta. E poi ci sono altri racconti e poesie presenti sul web, basta digitare il mio nome e cognome. Ma su Wikipedia non ci sono e, perdonami, ma ne devo approfittare per dire brevemente una cosa, che fa riflettere non poco: sono su Wikipedia English, nella voce “Vele di Scampia”, e su Wikipedia Italia, il mio nome e cognome è stato più volte cancellato perché non sono enciclopedico. Non pretendo una voce personale su Wikipedia, non ho bisogno di quel sito per farmi pubblicità (visto che i wikipediani hanno ipotizzato che io volessi farmi pubblicità), ma meditate!


La tua raccolta "Il cuore come inchiostro" è dedicato alla "figura della donna". Scrivi "Donna" addirittura con la lettera grande. Perché è così importante questa figura per te, da scriverlo persino con la lettera grande?

Perché è la parte che ci completa, che ci fa comprendere tutto ciò che l’uomo non riuscirebbe mai a comprendere senza una presenza poetica, dolce, intraprendente e riflessiva come quella della donna. Il resto, è descritto nelle mie poesie.

Quali progetti per il futuro?

Davvero tanti. Ci sto lavorando assiduamente, e non parlo solo della versione edita de “Il coraggio di essere libero”. Meglio non anticipare, mi piace arrivare direttamente con la novità. La cosa che mi sorprende e che mi preoccupa – perché sono anzitutto uno studente! – è che mi aspetta un 2011 molto impegnativo e unico, sarà l’anno in cui raccoglierò tutto quello che ho seminato, quindi sarà, molto probabilmente, un anno più “decisivo” rispetto agli altri… Ci divertiremo!

Ti ringrazio, Emanuele, ti faccio i miei migliori auguri.

Grazie, auguri di cuore anche a te, e viva l’arma della parola!


IL NOSTRO PRIMO BACIO – EMANUELE CERULLO

"Ci siamo baciati per la prima volta,
appena usciti da scuola, timidi.
Passavano automobili
di gelosia,
ci avvolse la brezza
della nostra affinità.
Adesso sono qui, il Sole
è andato a letto sazio, prosciugando
le nostre anime
regalate al vento."

Da “Il cuore come inchiostro”

martedì 28 settembre 2010

Intervista di Domenico Esposito Mito a Sonia De Simone, scrittrice caudina di romanzi rosa

Sonia De Simone nasce il 10 novembre del '90 a Benevento. Si diploma al liceo scientifico presso l'istituto E. Fermi di Montesarchio e s’iscrive all'università Federico II a Napoli alla facoltà di lettere moderne per coltivare le sue passioni riguardanti la lettura e la scrittura.
"Basta un Attimo" è il suo romanzo d’esordio, visionato e corretto da un'agenzia letteraria e pubblicato con Lulu (auto-pubblicazione). Il romanzo narra la storia di due adolescenti, Alisia e William, che s’incontrano in normalissime circostanze: una partita di calcio. Da allora inizia la loro storia contorta, basata inizialmente su un’innocente amicizia per poi sfociare in una struggente, quanto romantica, storia d’amore. Lei è una ragazza semplice, proveniente da una famiglia agiata, ben conosciuta. Lui, invece, ha una storia ben diversa, una famiglia divisa dai continui tradimenti del padre e dal rinnovato matrimonio della madre con un altro uomo, dal quale nasce la piccola Sara. Ma la partenza di William (per inseguire il suo sogno) e uno sconvolgimento, quasi annunciato, nella vita di Alisia, sono elementi che porteranno i due giovani ad allontanarsi dopo un’assurda lotta per stare insieme. Un romanzo semplice, ambientato a Montesarchio, una piccola cittadina nella provincia di Benevento, che colpisce l’animo di giovani romantici “Innamorati dell’amore”, di quello vero, non di quello descritto nelle fiabe dove tutto termina con un meraviglioso “Vissero tutti felici e contenti”, perché l’amore è ben altro e William e Alisia lo sanno bene...


Quando è nata la tua passione per la scrittura?

Io credo che non ci sia una data prestabilita per far nascere una passione. Questa è una cosa che fa parte di noi sin dalla nascita, bisogna solo imparare ad aspettare: la pazienza è alla base di tutto! Col tempo, la scrittura, per me, è diventata non solo una semplice passione. Scrivere è estraniarsi dalla realtà, vivere in un universo parallelo creato da te, vivere nello splendore delle tue parole e nell’animo dei tuoi personaggi.
Non ho una data o un momento preciso per stabilire quando sia nata la mia passione per la scrittura. Posso solo dire che si tratta di un amore puro, privo di tradimenti. La mia, dunque, non è passione, ma semplicemente AMORE PER LA SCRITTURA.


Com’è nata invece l’idea di questo libro?

Ho cominciato a scrivere questo libro in un momento particolare della mia vita. Avevo quattordici anni e la vita mi aveva da poco portato via una persona fin troppo importante per me, una figura essenziale, un pilastro fondamentale. La sofferenza è stata troppo grande anche da potersi descrivere, così mi misi al computer e cominciai a battere sui suoi tasti. Avevo bisogno di qualcosa che mi allontanasse da quell’insulsa realtà. Una parola dopo l’altra, mi sono ritrovata a scrivere di una vera storia d’amore. A lavoro concluso, andai in una copisteria e feci stamparne una copia. Divenne, per me, solo una sorta di ricordo. Qualche mese fa, navigando in internet pensai che alla fine non ci avrei perso niente inviando una copia a diverse case editrici (anche se ero ancora all’oscuro delle delusioni che queste avrebbero potuto causarmi). Così, ripresi il romanzo tra le mani e cominciai a fare delle modifiche per renderlo migliore e più leggibile. Mi sono messa in contatto con numerose case editrici, due delle quali erano disposte a stipularmi un contratto. Parlo di “Case editrici a pagamento” che mi hanno chiesto tantissimi soldi per perdere ogni diritto sulla MIA OPERA! Per questo motivo ho pensato che potesse bastare una correzione, un’auto-pubblicazione, una buona pubblicità e un po’ di astuzia per emergere in un ambiente limitato (il che, per un autore emergente, con un’opera che ricopre una fascia di lettori ben definita, non è poco!). Ovviamente ci sono anche “Case editrici NON a pagamento” con grandi marchi come Mondadori, Rizzoli, ecc. ma per il momento preferisco sognare tenendo i piedi sulla terra!

Quali temi affronta il tuo romanzo oltre all’amore adolescenziale?

Il tema principale è appunto l’amore che nasce tra William e Alisia. Ma nella vita di un adolescente, spesso, l’amore entra in secondo piano di fronte a problemi che colpiscono direttamente il suo animo. Alisia si troverà ad affrontare una situazione particolare che vede come protagonista “l’amica di sempre”. Litigi che fanno crescere e che aiutano a visionare la vita da una prospettiva diversa. Ma ancora più difficile è affrontare la morte di una persona cara. Non sempre si riesce a tenere la testa fuori dall’acqua ma Alisia ha un buon motivo per non annegare…


C’è un autore di romanzi rosa o di altro genere cui t’ispiri o comunque uno in particolare che preferisci?

Io mi definisco una “Divoratrice di Libri”. Leggo di tutto, qualunque cosa mi attiri, ma l’autore che ha fatto nascere in me la passione per la scrittura e per la lettura di romanzi rosa e mi ha tenuto legata all’amore è NICHOLAS SPARKS. Mi ha rapito e si è portato via il mio cuore con “Le parole che non ti ho detto”. Poi, ha continuato ad avere lo stesso effetto sul mio animo con il resto dei suoi romanzi.
Ultimamente mi sono lasciata trasportare tra le strade di Barcellona da CARLOS RUIZ ZAFON, un autore capace di farti vivere alle spalle dei personaggi con una suspense inaudita nonostante le storie siano alquanto irreali.
Un altro genere che mi ha colpito molto è stato quello di FABIO VOLO. In lui vedo un autore capace di parlare, in modo crudo e diretto, di una realtà che, fondamentalmente, appartiene a tutti noi.
Per quanto riguarda i Romanzi Storici, invece, mi sono lasciata rapire da IDELFONSO FALCONES, anche se sto cercando di apprezzare (ma al momento mi risulta ancora difficile) Ken Follet.

Ti ci rivedi nel personaggio femminile del tuo romanzo?

Alisia È Sonia. In piccola parte, ogni personaggio presente nei nostri romanzi, rappresentano una piccola parte di noi. Per quanto si possa giocare di fantasia, il personaggio nasce da noi, dalla fusione della nostra anima con la nostra mente, il che porta a una sola conclusione: Ogni personaggio rappresenta un almeno l’uno per cento del nostro essere.


Quando scrivi quindi, t’ispiri molto alla tua vita oppure è tutto frutto della tua immaginazione?

Si scrive per estraniarsi dalla realtà ma, inevitabilmente, questa ne entra a far parte. Mi guardo intorno e tutto sembra divenire “Ispirazione”: la realtà è ispirazione! Per quanto non si voglia farla entrare nei giochi della nostra fantasia, questa è molto abile ed entra senza farsi sentire. A volte, solo rileggendo il testo mi accorgo di aver inserito qualcosa che appartiene alla realtà. L’inconscio è scorretto e gioca sempre brutti scherzi: è per questo che ritengo che, inevitabilmente, l’ispirazione sia legata con un nodo troppo stretto alla realtà.

In futuro, pensi di restare sul rosa oppure di scrivere anche romanzi di altro genere?

Sono "innamorata dell'amore", di quell’amore vero che non ha sempre come finale il “Vissero tutti felici e contenti”, quindi credo che rimarrò per sempre legata a questo genere.

Grazie per aver accettato l’invito, in bocca al lupo.

Sono io a doverti ringraziare per avermi tenuta in considerazione. A presto.