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mercoledì 26 luglio 2017

Intervista di Domenico J. Esposito a Efrem Lettieri

Oggi ho incontrato il cantante Efrem Lettieri per intervistarlo. Mi accoglie a casa sua, piuttosto ordinata e pulita per un uomo che vive da solo. Mi prepara il caffè. Non era molto di buon umore perché lo scopo della nostra intervista nasce da alcune accuse nei confronti del musicista che non gli sono affatto piaciute. Non mi guarda in faccia, è nervoso. Questo, però, non mi ha messo a disagio. Ovviamente ne ho approfittato per fargli alcune domande sulla musica, ma mi ha chiesto di non parlare dei suoi progetti futuri né del suo gruppo, perché al momento la situazione è un po’ confusa e particolare. Stanno succedendo, nella sua vita, cose strane che non sa come andranno a finire. Mi siedo di fronte a lui, che ogni tanto si alza per controllare se il caffè è pronto. Lo versa nelle tazze e sorseggiamo. Accendo il registratore e prendo appunto sul mio quaderno. Quando inizio l’intervista, sembra calmarsi, fino a che gli faccio le ultime domande più provocatorie, quelle che aspettava, a causa di quelle che accuse che lo fanno infervorare.
Allora Efrem, innanzitutto ti ringrazio tantissimo per avermi concesso l’intervista, so che non ami molto essere intervistato.
Sì, ho notato che da quando si parla di me, ci sono molte cose che la gente non ha capito e che bisogna chiarire assolutamente. Per questo ho accettato. Sono sicuro che mi farai le domande giuste.
Certo, ma vorrei iniziare prima a parlare della tua musica. Quando e com’è nata questa passione?
Ho sempre sentito il bisogno di esprimermi in un modo diverso rispetto alle persone che si esprimono semplicemente parlando. Le canzoni mi si formavano nella testa, automaticamente e spontaneamente. Uscivo, passeggiavo e pensavo “in musica”. I pensieri erano sotto forma di canzone. È come una magia. Sembra strano, folle, ma succede esattamente così.
E poi come hai imparato a suonare? Hai fatto lezioni di canto, hai studiato musica?
Ho imparato tutto da solo. A scuola, alle medie, in educazione musicale avevo una sufficienza concessa per compassione dalla professoressa, era una tipa antipatica, che mi odiava. Se avesse potuto, mi avrebbe bocciato soltanto per quello. Eravamo come nemici. Diceva che avevo una falsa faccia da santerello. Non sopportavo il suono della diamonica a fiato, quella scolastica. Dovrebbero proibirla per legge. Si sentiva solo un enorme chiasso quando suonavano i miei compagni a lezione. Io mi sono sempre rifiutato. La musica è arte, non è una cazzo di materia scolastica, non la possono fare tutti. Il mio era un atto di ribellione. Sarebbe stato giusto proporla come attività extrascolastica per gli appassionati. Ma neanche lo avrei fatto. Io preferisco essere autodidatta.
Tu per un breve periodo avevi deciso di smettere di suonare. Hai detto spesso che “le cose alle quali ci aggrappiamo per sopravvivere a volte sono quelle che più ci uccidono”. Perché la musica ti avrebbe ucciso? E come ha fatto, invece, a mantenerti in vita?
Sai com’è, il lato negativo dell’arte è che è come l’alcol e la droga: non puoi farne a meno perché ti sembra che ti lasci in vita anche se sei morto dentro. L’arte è più benefica e positiva rispetto alle droghe, ma a volte fa male allo stesso modo: puoi trovare una sala o una piazza vuota, una scarsa quantità di pubblico, magari anche distratto, nessun applauso, niente. A volte, quando perdi tutto e credi che soltanto l’arte possa darti soddisfazione e anche questa ti delude, allora veramente ti sembra di dover mollare tutto. Ma credi che sia riuscito a mollare? Ho continuato sempre a scrivere testi. Non c’è niente da fare, non puoi farne a meno. Artisti si nasce. A volte sembra una maledizione.
Spesso nelle tue canzoni, parli del degrado della società, del male del mondo e tra questo menzioni anche l’uso di alcol e di droga da parte degli adolescenti. Non pensi, però, che quelle cose sarebbe meglio farle a quell’età piuttosto che da adulti?
Ho visto dei ragazzini che sono diventati dipendenti e sono finiti in comunità, si sono dovuti curare, oppure che non si sono mai curati e sono diventati tossici e alcolizzati. È vero che altri invece hanno iniziato da adolescenti e ora al massimo si concedono una birra alla spina, ma altri, a più di trent’anni li vedo ancora a nascondersi in gruppetti a fumare canne, quindi non è detto che se lo fai da ragazzo poi non lo fai più da adulto.
Tu stesso hai dichiarato di aver, per così dire, un passato oscuro, tra droghe, alcol e una vita piuttosto turbolenta. A questo proposito, sei stato accusato di essere contraddittorio e ipocrita, cosa risponderesti a tali accuse?
Che sono delle mezze seghe che non hanno capito niente. Avrebbero preferito che glielo dicesse un prete dall’altare? O uno che non ha mai toccato un goccio d’alcol? Uno che è nato salutista e ha condotto una vita sana? Non credo, penso che sarebbe stato molto peggio e che avrebbe suscitato risolini di scherno ancora più sprezzanti. Se io trasmetto quel tipo di messaggio, è perché so cosa significa trovare il giorno dopo le tasche vuote, benché tu sia uscito con dei soldi in mano la sera prima, ma che sono stati spesi tutti per alcol e droga, so cosa significa svegliarsi depressi dopo una notte di euforia, della quale spesso non ti rimane nulla. Quando vado a un concerto, o vado a fare una passeggiata ad osservare la bellezza del mondo, o magari trascorro una giornata in buona compagnia, mi sento molto meglio. Ci si ubriaca e ci si droga per noia, per insoddisfazione. Se trovo qualcosa che mi soddisfa, io lascio perdere quella merda. Ho visto gente invece che anche quando non è sopraffatta dalla noia e dalla monotonia, si ubriaca e si droga, come se non se ne potesse fare a meno. Io so che si può fare a meno, ma purtroppo, come ho detto nella mia canzone “sono come imprigionato, come incatenato, in questo mondo corrotto, in questo mondo malato”. Ci casco, ci casco sempre anch’io, perché non trovo nessuno che mi faccia compagnia e che mi dica ‘chi se ne frega, dell’alcol, andiamo a farci una bella passeggiata sotto le stelle, lontano dal caos del centro’. Questa non è ipocrisia, perché io ammetto e sono consapevole di fare qualcosa che mi fa male e vorrei qualcuno accanto che mi sproni a non farlo anziché accusarmi di moralismo o ipocrisia. Sono loro gli ipocriti, che non ammettono di essere perennemente insoddisfatti, di essere dipendenti e di volere, in fondo, anche loro smettere di farsi del male. È più facile accusare gli altri di essere moralisti, piuttosto che cercare una strada che ci faccia stare veramente bene e sani.
Sei uno dei pochi artisti che non utilizzano Facebook per promuovere la propria arte, hai pensato però che potrebbe servirti per farti maggiore pubblicità?
Finora se ne sono occupati i miei amici di creare eventi su Facebook e fare attività promozionali. Mi hanno spesso parlato di come funziona quel social e sinceramente voglio starne fuori. Sono un tipo solitario, e tu questo dovresti capirlo, non posso sopportare di conoscere tutti i banali pensieri delle persone, soprattutto quelli che si fingono degli intellettuali. Del resto, non me ne frega molto della visibilità, soprattutto sul web: io faccio musica perché non posso farne a meno, la musica è la spina che mi tiene in vita, la musica è una terapia, mi fa stare bene e dà un senso alla mia vita. Non sono più un ragazzino che sogna di sfondare, non voglio il successo, mi basta continuare a fare musica. Ho accettato quest’intervista, non per pubblicità, ma per chiarire le mie posizioni, le mie idee che non a tutti sono chiare. Non che m’illuda che ora le capiranno tutti, ma almeno ho detto la mia, qualcuno forse capirà meglio, qualcun altro fingerà di non capire perché è quello che preferisce e farà qualche sorriso sarcastico, accusandomi ancora di moralismo.
Grazie ancora per aver accettato, Efrem, e in bocca al lupo per tutto.
Grazie a te!
Di Domenico J. Esposito
Clicca qui per ascoltare la canzone di Efrem Lettieri “Il Mondo Malato”
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N.B. il personaggio intervistato è solo frutta di fantasia dell’autore (intervista immaginaria).



martedì 31 maggio 2011

Intervista a Pietro De Bonis (scrittore e poeta)

Amo la poesia forse addirittura più della narrativa e sarà, forse, proprio per questo che prima di ritornare a cimentarmi a scriverla, ho esitato persino a “toccarla”: oggi fare poesia è difficile, ci vuole coraggio, anche perché agli altri risulta difficile persino comprenderla. Rimango, infatti, sempre più deluso da alcune poesie adolescenziali, troppo semplici, quasi banali e, nonostante ciò, sopravvalutate e premiate. Rimango, quindi, deluso soprattutto dalle giurie che, invece, non riconoscono quei rarissimi adolescenti che veramente valgono e meritano (poiché la poesia è un'arte e l'arte non appartiene a tutti).
L'artista che intervisterò oggi, però, non è un adolescente, ma un giovane di ventisette anni: Pietro De Bonis, nato a Roma, che ha pubblicato il suo primo libro di poesie intitolato “Tempeste Puniche”, edizioni Il Filo. Pietro De Bonis ha frequentato la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Vergata, poi ha intrapreso la strada della recitazione e della fotografia. Conosciamolo e vediamo cosa ne pensa.

Ciao, Pietro, ti do il benvenuto.

A proposito di ciò che dicevo nell'introduzione: perché, secondo te, molti giovani che scrivono poesie sono sopravvalutati, mentre altri più validi sono sottovalutati, soprattutto nei Premi Letterari?

Ciao! A questa domanda non saprei risponderti in modo approfondito, in quanto non ho mai avuto modo di venire a conoscenza di persone e poesie premiate con una valutazione eccessiva. Al contrario, posso dirti che riscontro nella gente, soprattutto i giovani di oggi, una sottovalutazione del genere letterario poetico. Quasi venga, non voglio dire evitato, ma sicuramente scansato, come se le poesie appartenessero ancora a una reminiscenza scolastica, per questo fastidiosa, orticante, riconducibile solo a un discorso legato a parole messe lì a fare rima. La poesia non è rap. Questo per me è un pensiero inqualificabile, in quanto riduce di molto, di troppo, il significato e la bellezza della poesia e conseguentemente la bravura del poeta. La poesia non è affatto scontata, sono scontati gli occhi che non sanno leggerla. Poi, riagganciandomi al discorso iniziale, sta sempre all'individuo cercare di farsi valutare più che può, di farsi conoscere più che può, così da estendere la propria cerchia di lettori e aumentare i consensi o, come anche logico, i dissensi.

Una domanda, forse, poco originale, ma che sorge spontanea: quando e come ti sei accorto di essere un poeta e di amare la poesia?

Tutto ciò che sorge spontaneo non è affatto poco originale. Vedi, la mia poesia è sorta spontanea. Ho iniziato a buttare giù qualche riga senza mai aver letto prima un libro, le parole sono venute da se, innate e insite in me. Il primo a esserne sorpreso è stato proprio il sottoscritto, a volte mi svegliavo nel cuore della notte con dei versi in mente e li scrivevo su un pezzo di carta e poi li riprendevo l’indomani, li aggiustavo e concludevo il senso, uscivano suoni dalla mia bocca, fantastici. Amo la poesia perché credo di amare la vita e le persone che ne fanno parte, e amo me, la mia arte, la mia persona. Anche se sinceramente essere definito "poeta" un po' mi appesantisce, io debbo crescere ancora tanto per giungere a quel titolo.

C'è un poeta o una corrente letteraria che ami particolarmente?

Amo Alda Merini. Ti do un'anticipazione, vi sarà una poesia dedicata a lei nella mia prossima (si spera) pubblicazione. Non coltivo passioni per le correnti letterarie, mi piace scoprire gli individui singolarmente, li estrapolo da qualsiasi periodo mondiale.

Spiegaci un po' il titolo della raccolta, perché proprio “Tempeste Puniche”?

Il titolo intero è Tempeste Puniche, Il Profumo della Quiete. Rappresenta un passaggio di testimone, ossia dalle tempeste interiori che si hanno nel corso della propria vita, soprattutto adolescenziale, sino al profumo della quiete, ossia a quella sensazione che forse il peggio sia passato e che il bello, sempre più bello, è dietro l'angolo, basta solo avere il coraggio di arrivarci e fargli... tana!

Scrivi solo poesie o ti cimenti anche nella prosa?

Scrivo poesie e prose, ma mi sto cimentando anche nel romanzo, confido molto anche in quello, e in me che lo scrivo. Se avrete la pazienza e io la fortuna di pubblicare, mi leggerete anche a pie' pagine.

Qual è la poesia che, in questa tua raccolta, ti è più cara? E perché?

La più cara è "Lettera aperta al cielo", la poesia conclusiva del libro, perché è dedicata a mia madre, come l'intera raccolta, del resto.

Quali altri progetti nell'ambito letterario e, visto che vedo che sei anche attore, nel campo della recitazione?

Anche qui andiamo calmi a definirmi attore, mi diverto solo a recitare sul palco con i fantastici amici della mia compagnia teatrale dei "folliattori", nulla più di questo. Come progetti, ti ripeto, ho il romanzo e una nuova raccolta di poesie.

Pietro, non mi rimane che ringraziarti e farti tanti in bocca al lupo per tutto! Un saluto!

Grazie infinite a te! Alla prossima! Ciao!

Domenico Esposito Mito, scrittore e giornalista


Rinascimento - Pietro De Bonis

Il profumo della quiete.
Delle foglie d’abete.
Il respiro interno.
L’odore del vento.
La libertà sulla pelle.
Rinascimento.

domenica 29 maggio 2011

Intervista a Francesco Ferrazzo (cantante)

È da poco uscito l'album del cantante Francesco Ferrazzo "Goccia dopo goccia."
Francesco Ferrazzo nasce a Verbania nel 1976. Inizia a studiare organo all’età di 8 anni per poi proseguire con il pianoforte. La prima esibizione dal vivo è stata a 13 anni. Per anni è stato tastierista in diverse formazioni di covers pop-rock. Collabora negli arrangiamenti per alcuni artisti, come Luisa Parrelli, con la quale produce il singolo Temporale da un motel, inserito in una compilation dei migliori artisti Varesini. Verso i 20 anni inizia a scrivere canzoni, oltre a collaborare ad arrangiamenti di colonne sonore per il teatro. Realizzato un demo-CD intitolato A testa in giù. Si classifica semifinalista per due edizioni consecutive del Premio Recanati (2001-2002), e vince la targa per il secondo classificato, al Premio Lunezia 2002. Si è esibito dal vivo in formazioni acustiche. Ha aperto uno spettacolo milanese di Luigi Grechi nel giugno 2003 per la rassegna Acrobatici Anfibi in collaborazione con La Brigata Lolli. Parallelamente all’attività di cantautore, era il tastierista della cover band Cantesia di supporto al cantante Carmine Cirillo, e nel 2007 ha partecipato come musicista al progetto Allez Coppi della compagnia teatrale Sipario. Nello stesso anno incide il singolo Di cosa ha bisogno la gente, incluso in una compilation intitolata Make Up, Not War, prodotta in collaborazione con il Comune di Verbania.

Ciao, Francesco, ti do il benvenuto


Ciao! Grazie mille.

Tu hai iniziato a studiare musica alla tenera età di otto anni: cosa ha spinto un bambino di soli otto anni a studiare l'organo? È stato qualcosa che è nato esclusivamente dal tuo cuore oppure c'è stata un po' d'influenza da parte di qualcuno?

Mi ricordo che i miei genitori mi regalarono una melodica a bocca (di quelle per bambini, con i tasti colorati) e fui folgorato dai suoni che emetteva. Forse l'educazione che mi diedero all'ascolto della musica, che allora girava solo su 45-33giri o su cassetta, fu determinante. Mi ricordo che sul giradischi di casa si suonavano spesso album di Jaques Brel, Bob Dylan, Dire Straits, ma anche di classica, la Moldava di Smetana, Le opere di Verdi, il Concerto d'Aranjuez. Vista questa mia passione nell'ascolto e nel suonare la melodica, i miei mi iscrissero ad un corso di organo elettronico, e da li iniziò tutto.

Quali sono le difficoltà che s'incontrano durante il cammino nell'ambito musicale? E come si fa a superarle?

Quella più grossa è l'attenzione da parte dei media e da parte delle case discografiche. Non è un caso se questo cd è autoprodotto. Ho dovuto aspettare di avere la disponibilità economica e la maturità tecnica per farlo autonomamente, certamente con la collaborazione di professionisti che comunque hanno preso parte al progetto con grande passione. Spiace dover constatare che al momento le case discografiche non investono più quasi per niente (qualcuno mi direbbe "togli pure il quasi") sulle "nuove proposte". L'altro grosso scoglio è la promozione... e vedremo anche li se saremo fortunati. In generale posso dire che l'attenzione per i giovani è sempre più legata ad ambiti puramente usa e getta come i "Talent show", oppure a particolari "club di giornalisti" difficili da avvicinare...

Ci sono molti musicisti, giovani e meno giovani, che pur essendo molto validi e talentuosi, rimangono emergenti e non riescono ad arrivare nemmeno dove sei arrivato tu, cioè alla pubblicazione del primo album: è perché non s'impegnano abbastanza o perché anche nella musica esiste una sorta di corruzione che talvolta impedisce di avere successo a chi ha talento?

Mah, forse ti ho risposto involontariamente nella risposta precedente. In realtà bisogna avere grande costanza e passione... molti artisti, per tanti motivi, tra cui anche le continue delusioni (perché ce ne sono tante lungo la strada) dopo un po' di tentativi perdono la convinzione. Io non mi sono perso d'animo, e sono soddisfatto del percorso che mi ha portato qui, e del risultato. Sono sicuro che chi lo ascolterà, per quanto sarà difficile la promozione, potrà apprezzarne quantomeno la passione (di tutti quelli che vi hanno preso parte) con cui è stato realizzato questo cd. E ancora di più, spero, le mie stesse canzoni!

Che consigli daresti a questi artisti meno fortunati?

Quello che tutti gli artisti famosi (quelli già "arrivati") consigliano, alla fine penso sia vero. Non mollare... se senti di avere veramente qualcosa da dire, devi continuare a provare, e migliorarti sempre di più, mettendoti alla prova e imparando.

Hai uno o più cantanti che ammiri in particolare e ai quali magari t'ispiri

Sono cresciuto con la musica di Van Morrison, dei Dire Straits, di Sting, Peter Gabriel, Fossati, e tanti altri. Penso che molti di questi abbiano lasciato segni molto riconoscibili nella mia musica.

Durante tutta la tua carriera da cantautore, ti sei affezionato a qualche tua canzone in particolare che ti è più cara delle altre?

Beh più o meno a tutte, per ragioni diverse e in tempi diversi, molte non sono neanche state inserite nel cd per questioni logistiche e di scaletta, ma devo dire che Goccia dopo goccia (che ha dato il titolo al CD), è una delle mie più riuscite e ispirate, a cui più sono legato. E Tranne che a te, per l'intensità emotiva che mi trasmette ogni volta da quando l'ho scritta. La stessa intensità che i musicisti hanno saputo ben ricevere e restituire suonandola in una versione bellissima.

Altri progetti per il futuro?

Al momento mi occupo della promozione che si basa sui concerti che stiamo allestendo e che inizieranno da quest'estate, e su un forte passaparola di cui abbiamo tanto bisogno. Ne approfitto per segnalare il sito dove è possibile acquistare il disco con Paypal o iTunes e collegarsi a tutti i social networks (Facebook, Myspace, YouTube, ecc...) per il preascolto e tutte le news.

Grazie, Francesco, ti faccio le mie congratulazioni e tanti in bocca al lupo.

Grazie mille, e buon ascolto a chiunque abbia la curiosità di provare!

di: Domenico Esposito Mito, scrittore e giornalista

mercoledì 4 maggio 2011

Intervista a Vittoria Coppola, autrice del romanzo “Fino all'altra fermata – Chi ama sa”.

Vittoria Coppola è nata a Casarano e vive a Taviano. È laureata in Lingue e Letterature Straniere. Fino all'altra fermata (Edizioni Il Filo, Gruppo Albatros) è la sua prima pubblicazione.

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Ciao, Vittoria, ti do il benvenuto

Buongiorno e grazie a te!

Vuoi spiegarci un po' la questione delle omonimie dei personaggi della prima e della seconda parte del romanzo? Che cosa hai voluto rappresentare con questo? Oppure preferisci che sia il lettore, con un po' di riflessione e attenzione, a capirlo?

L'omonimia dei personaggi è un particolare del romanzo che lascerei intendere al lettore... Rafforza il legame tra le due protagoniste femminili, ma... è tutto da scoprire!

Speranza, una madre quarantenne di tre figli, si può dire che ella rappresenta, metaforicamente, appunto la Speranza che stava per morire nel cuore di ognuno e che invece è sopravvissuta?

Beh... la scelta di un nome così evocativo non è certo casuale. Si, questa donna rappresenta a tutti gli effetti la bellezza e la necessità di sperare, di credere nella forza del percorso che conduce ad una fermata successiva...

È dunque, la storia di Speranza, anche un messaggio che vuoi trasmettere ai lettori? Ovvero un messaggio di speranza appunto?


Il romanzo è sorretto dai sentimenti (i più vari) e dalla necessità di sperare in qualcosa.

C'è una parte del romanzo in cui Anita, la protagonista, s'iscrive a un corso di scrittura, per cui vorrei chiederti: ritieni importante frequentare corsi di scrittura creativa, al contrario di come altri autori affermano? 

Ritengo i corsi di scrittura molto importanti. È vero che per scrivere un libro debba esserci un'indiscussa predisposizione. Io però credo che, se dovessi scrivere oggi “Fino all'altra fermata”, non commetterei gli errori (grammaticali e non) che ho commesso. Non ho ancora avuto la possibilità di frequentare un corso, perché qui nella provincia di Lecce è difficile che ci sia. Però ho letto molto, a differenza di quanto accadeva a vent'anni.

Il tuo romanzo s'intitola “Fino all'altra fermata (chi ama sa)”. Vogliamo spiegare ai nostri lettori a cosa ti riferisci precisamente? Qual è “l'altra fermata?” 

L'altra fermata è prospettiva e speranza, allo stesso modo in cui può rappresentare un blocco, però utile, mai distruttivo. Potrei fare dei precisi riferimenti al testo... ma rischierei di svelare troppo. Lascio libera interpretazione al lettore.

Spiegaci invece l'espressione metaforica “a piedi nudi”, affiancata spesso all'altra espressione che, come abbiamo detto, dà il titolo al libro “fino all'altra fermata”. 

“A piedi nudi” ovvero con assoluta umiltà e verità. Non è necessario avere delle “scarpe alate” ai piedi per prendere quota. Così come non occorrono fronzoli all'anima per accogliere la bellezza dell'esistenza.

Quali altri progetti per il futuro nell'ambito letterario?
 
Ho scritto il secondo romanzo. Attendo le risposte da parte degli editori. Spero presto possa essere pubblicato, incrocio le dita! Il terzo è appena nato... avrà tempo e modo di crescere...

Grazie, Vittoria, ti faccio tanti in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te per tutto, crepi il lupo!


Domenico Esposito Mito, scrittore e giornalista

giovedì 10 marzo 2011

Riepilogo delle attività: recensioni e interviste

Recensione del romanzo "L'idiota" di Dostoevskij, a cura di Domenico Esposito Mito.

Recensione de La Città Dei Matti su Sololibri.net

Quattro chiacchiere (contate) con...Domenico Esposito Mito, intervista di Matteo Grimaldi

Intervista di Domenico Esposito Mito a Sonia De Simone (scrittrice caudina di romanzi rosa)

Intervista di Domenico Esposito Mito a Rolando Giancola (attore e poeta isernino)

Intervista di Domenico Esposito Mito a Emanuele Cerullo

"Paese mio carissimo" il nuovo libro di Franco Martino

Intervista di Domenico Esposito alla doppiatrice italiana Giulia Tarquini

Presentazione "La Città Dei Matti" di Domenico Esposito a Solaro (MILANO), Centro Libri Larizza, breve articolo su "Inchiaro Scuro"

Recensione del romanzo "La Città Dei Matti" su SognandoLeggendo

Intervista a Giuseppe Vitale (scrittore)

Intervista a Serena Stanzani (cantante e scrittrice)

Intervista a Sara Orlacchio (cantante)

Recensione di Domenico Esposito Mito del romanzo Undead-Gli Immortali (Dracula, the undead) di Dacre Stoker e Ian Holt

Intervista a Davide Falossi, scrittore e fotografo naturalista

Recensione di Domenico Esposito Mito su Sololibri.net del romanzo "Urla Ancestrali" di Davide Falossi.

Domenico Esposito Mito intervista Niseem Onorato (attore e doppiatore italiano)

Intervista a Manuela Romeo (cantante di Reggio Calabria)

Intervista a Ciro Ceruti (attore comico di "Fuori Corso")

Interview with Dacre Stoker (english version/versione inglese)

Intervista a Dacre Stoker (versione italiana/italian version)

Intervista a Vittoria Coppola (scrittrice)


Intervista ad Antifeminist (giornale antifemminista e antisessista italiano)

Intervista a Francesco Ferrazzo (cantante)

Intervista a Pietro De Bonis (scrittore e poeta)

N.B. QUESTO POST SARA' AGGIORNATO DI VOLTA IN VOLTA

domenica 13 febbraio 2011

Domenico Esposito Mito intervista Manuela Romeo (cantante di Reggio Calabria) de I "Kalanthos"

Manuela Romeo nasce a Reggio Calabria, il 17 Agosto del 1985. È figlia d'arte, suo padre è un musicista (fisarmonicista) e cantante, oltre che maestro di musica. Manuela ha studiato canto per un anno con la professoressa EDDA DELL'ORSO. Ha partecipato a molti concorsi canori dalla tenera età, tra i quali il "Premio Mia Martini" nel 2004, dove è arrivata in semifinale e "Sanremo Lab" nel 2006 dove partecipa con due bellissimi inediti. Partecipa inoltre nel 2006 allo stage di SanremoLab. È stata l'unica voce femminile di un gruppo di musica folk-popolare "Mattanza" per ben quattro anni. Con loro incide due cd: "Razza Marranchina" e "Nesci Suli", nei quali è stata protagonista di varie canzoni che hanno ottenuto molto successo in Reggio Calabria e provincia (Veninci Sonnu, Madonna mia, A famigghia).
Supera il quinto anno di pianoforte al conservatorio "Francesco Cilea" di Reggio Calabria e continua a studiare per raggiungere la laurea.
Nel frattempo si diploma in teoria e solfeggio sempre presso il conservatorio di Reggio. Ha frequentato l'Istituto d'Arte di Reggio Calabria, indirizzo restauro e lì si diploma nell'anno 2003-2004.
Per tre anni insegna solfeggio alla Scuola di Musica "Giuseppe Verdi", a Reggio Calabria, soprattutto ai bambini e a chi si approccia per la prima volta alla musica. Tra il 2007 e il 2008 entra a far parte di un gruppo di musica etnica popolare, i "SINORIA"eseguendo alcune delle musiche del documentario, finanziato dalla regione Calabria, chiamato"CONTRASTI" tra cui "DURMA LU MARI". In questo periodo fa parte del gruppo di musica etnica popolare "KALANTHOS" eseguendo brani tradizionali.
Clicca qui , per ascoltare Manuela che interpreta la canzone "La vie en rose" di Edith Piaf

Ciao Manuela, innanzitutto ti do il benvenuto e ti ringrazio per aver accettato l’invito.


Grazie a te, per me è un vero piacere parlare di musica con te.

Ti faccio la prima domanda: quanto ti ha aiutato, nella tua carriera musicale, essere figlia d’arte?


Direi abbastanza, il mio approccio alla musica è avvenuto in modo naturale, essa era presente in casa tanta quanto le parole, era quasi un secondo modo di dialogare. Ricordo, come se fosse ieri, il suono del pianoforte che proveniva dalla sala da pranzo la domenica mattina. Mio padre ci svegliava con le note di Chopin... oppure la sera, tra amici, quando si ballava un tango o un valzer, con la sua amata fisarmonica... e poi le prime lezioni di musica. Tutto è molto presente nella mia memoria e mi è servito molto per crescere in quest’ambito.

Adesso lavoriamo invece un po’ di fantasia e immaginazione: pensi che se non fossi stata figlia d’arte, la tua passione per la musica sarebbe nata ugualmente?

Io credo di sì, ma non potrei mai esserne sicura, diciamo che forse sono stata fortunata che sia andata così.

Una domanda classica: c’è qualche artista al quale t’ispiri o che comunque stimi particolarmente?

Bella domanda... in effetti, in passato mi ritrovo molto in alcuni stereotipi di cantanti femminili, come Celine Dion, piuttosto che Mariah Carey, le quali stimo tuttora, ma mi sono un po’ allontanata dal genere troppo circoscritto, infatti, nel tempo ho spaziato in vari generi musicali: sono fortemente attratta dalla musica popolare, dalla musica italiana d’autore, dal blues e dal jazz. Non voglio identificarmi in nessun artista in particolare, vorrei creare il mio di carattere, prendendo spunto da tutto ciò che ho appena elencato…o almeno ci provo.

Tu fai parte di un gruppo chiamato KALANTHOS, di cui fa parte anche tuo fratello Daniele Romeo. Raccontaci com’è nato questo gruppo.

Questo gruppo è la nostra piccola perla, nel senso che noi tutti ci teniamo molto, è la nostra passione più grande, credo…il popolare è un genere molto passionale, forte e anche di protesta, i nostri concerti li viviamo non solo con la voce o con gli strumenti ma soprattutto con il cuore, questa musica ci appassiona, forse perché si parla della nostra terra per questo, siamo legati a essa, è per tutti questi motivi che è nato il nostro gruppo, la voglia di vivere e rivivere le nostre tradizioni.


Ho saputo dell’incidente di cui siete stati vittima lo scorso 19 settembre tu e il tuo gruppo. Te la senti di esprimere un pensiero a riguardo?


L’unica cosa che mi sento di dire è, lasciando la polemica ai mesi passati, che non dovrebbero capitare a nessuno simili disgrazie, ma possiamo ritenerci fortunati che siamo qui a poterlo raccontare.

Torniamo a parlare di musica: hai mai scritto o pensato di scrivere una canzone per te stessa o per qualcun altro?

Sì, ho scritto qualche mia canzone in passato, ma l’ho tenuta solo per me, non è mai uscita e poi sinceramente non mi sento molto brava in questo, ma potrei anche sbagliarmi (lo spero)…


Quali altri progetti quindi nell'ambito musicale?

Di progetti ce ne sono tanti, sia per quanto concerne il gruppo sia per quanto riguarda me stessa, ma per ora la mia priorità è completare il mio percorso al conservatorio di musica dello studio di pianoforte, ormai mi mancano solo due annetti, quindi per il resto, sono scaramantica eheheh, non mi piace parlare molto dei progetti in corso. Se andrà bene, sarà una sorpresa.

Ancora grazie mille, Manuela! Sappi che è sempre piacevole ascoltare la tua splendida voce e per questo ti auguro tutto il successo possibile!

Grazie a te Mito, anche per me è sempre un piacere parlare con te…sono onorata che tu mi abbia scelto per la tua intervista... in bocca al lupo per tutto anche a te per la tua carriera... un abbraccio!


Domenico Esposito Mito

lunedì 17 gennaio 2011

Intervista a Sara Orlacchio (cantante e docente di musica) di Domenico Esposito Mito

Sara Orlacchio è una cantante e docente di Musica (Specializzata in tecnica vocale) nata a Benevento nel 1988 e vive a Montesarchio (BN), dove si è diplomata presso il Liceo Scientifico “E. Fermi”. Diplomata inoltre in Canto presso il Conservatorio di Musica Statale “N. Sala” di Benevento sotto la guida del M° Diego D’Auria.
Avviata agli studi della tecnica del canto e del pianoforte a soli 14 anni, a 16 anni diventa vocalist di un gruppo di under 18, i “Solo 61”, con il quale intraprende un’intensa attività concertistica e partecipa al ROXY BAR di RED RONNIE nel 2005.
Partecipa a numerosi concorsi, come cantante solista, tra i quali, il SOLAROLO SONG FESTIVAL organizzato da Fabrizio Pausini (padre della celebre cantante Laura Pausini) in provincia di Ravenna nell’anno 2006.
Vince il BENGIO FESTIVAL (categoria italiani) edizione 2006.
Nel 2008 si aggiudica il Secondo Premio del 13° Concorso Nazionale CAMPI FLEGREI.
Nel luglio 2008 ha cantato “Il Filosofo di campagna”, dramma giocoso, in tre atti di B.Galuppi, nel ruolo di Lesbina per l’Associazione Musicale di Piero Monaci “Atena Opera Festival”.
Attualmente svolge consulenza didattica presso Associazioni Musicali Culturali e Scuole di Musica e per Scuole Statali.

clicca qui, per ascoltare la sua canzone

Ciao, Sara, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra piccola intervista.


Ciao, per me è un piacere, colgo l’occasione per ringraziarti.

Raccontaci innanzitutto dei tuoi esordi e del tuo primo approccio con la musica che, come vediamo, è iniziato quando avevi quattordici anni.

In realtà il mio primo incontro con la musica è avvenuto molto tempo prima: mia sorella studiava il piano da bambina e questo è stato il primo impulso. Ho cominciato, passo dopo passo, a suonare il piano, fino a quando, a quattordici anni, ho deciso di studiare seriamente, ma prima di questo, ascoltavo e tentavo di riprodurre da autodidatta.
Per quanto riguarda il canto, che è la mia professione, ho sempre cantato, in qualsiasi occasione.
È uno dei ricordi più chiari della mia infanzia. In casa lo facevo per puro divertimento; alle recite scolastiche, io cantavo tutto il tempo e già da piccolissima tentavo di catturare lo stile, la tecnica e gli atteggiamenti musicali dagli artisti che m’interessavano. Quando ho iniziato a seguire la mia prima insegnante di canto, ho percepito fin da subito che quello sarebbe stato il mio lavoro, poiché non c’era altro che io amassi fare più che cantare. Si è trattato quindi di un approccio molto spontaneo, che non mi ha procurato alcun tipo di problemi nell’apprendimento perché, per me, era la cosa più naturale possibile, così come l’approccio con il pubblico.
Il palcoscenico mi hanno sempre fatto sentire a casa, mi sono sempre sentita a mio agio.
Il segreto per un’artista per “essere comodo” in scena è di cimentarsi in quello che più gli è consono e quello che più gli piace, in modo tale da farlo con professionalità e offrire al pubblico un prodotto del quale egli stesso è convinto.


Vuoi dirci chi sono gli autori e i compositori delle tue canzoni?

Per quanto concerne le mie canzoni, devo ringraziare in primis Angelo Cioffi per aver scritto per me delle melodie che calzavano perfettamente a quello che è il mio stile vocale e per avermi aiutato nel dare forma a quelle che erano le mie idee e poi Nicola Dragotto, che ha scritto dei testi meravigliosi.

Cosa ti piace dell’ambiente musicale e quali sono le difficoltà che deve affrontare una giovane cantante della tua età durante tutto il suo percorso artistico?

La cosa più importante del far parte dell’ambiente musicale è la possibilità di stare in contatto con persone che condividono i tuoi stessi interessi e, nella maggior parte dei casi, i tuoi stessi problemi; inoltre si ha l’occasione di passare la maggior parte del tempo occupandosi di qualcosa che t’interessa davvero e, anche quando teoricamente stai lavorando, impieghi tutto il tempo facendo quello che realmente ti piace. Il lavoro quindi diventa un momento di gioco, quasi di divertimento, e questa è la maniera migliore di svolgere questa professione, perché solo in questo modo si possono trasmettere emozioni vere al pubblico.
Le difficoltà di questo percorso sono molteplici. Penso che la più grande sia uniformarsi agli standard che gli addetti ai lavori richiedono, soprattutto per quanto riguarda la musica classica: si necessita di particolari elementi dai quali non si può prescindere.


A proposito, tu che sei anche una docente di musica, vuoi parlarci adesso delle cose che ti piacciono invece di questo tuo lavoro e di quelle che magari non ti piacciono?

È semplice: è meraviglioso lasciare in eredità agli altri il tuo sapere, “conditio sine qua non” è la presenza dinanzi a te di una persona che ti stimoli continuamente affinché il “download d’informazioni” non s’interrompa. È appassionante insegnare a chi è motivato, a chi ha talento, a chi sogna questa professione; è riduttivo e talvolta frustrante dover trattare, semplicemente perché è il tuo lavoro, con allievi ai quali non interessa quello che studiano ma pensano sia un mero momento ludico.


Che cosa consigli, quindi, ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa strada? Intendo come cantante o musicista.

Consiglio semplicemente tanto studio e tanta tenacia: lo studio perché la formazione di un cantante è quella che ti consente, non solo di poter svolgere questo lavoro da vero professionista, ma anche quello che ti consente di svolgerlo a lungo. Infatti, prima che di personalità, musicalità e talento, un cantante richiede salute, ovviamente intesa come salute vocale; tenacia perché questo è un percorso nel quale si può spesso entrare in periodi di “crisi artistica” che t’inducono a pensare che quella sia la fine della tua carriera quando, in realtà, non è così. Si tratta semplicemente di momenti che di solito precedono un’evoluzione artistica molto forte. C’è bisogno quindi di lavoro e di pazienza.

Ci sono in programma delle date in cui il tuo pubblico potrà assistere ai tuoi live? Se sì, puoi comunicarcele?

In questo momento no, perché dopo il mio diploma in canto lirico, che ho conseguito pochi mesi fa, ho abbandonato questo tipo di attività per tentare la carriera teatrale, nel prossimo futuro non so.

Parlaci allora dei tuoi progetti.

Come accennavo, le mie prospettive per il futuro sono volte alla carriera teatrale, in questo periodo sto lavorando per questo. In ogni caso, quello che spero è che ciò che faccio continui sempre a rendermi così felice come mi rende oggi. È la passione che ci spinge ad avere progetti e a operare per realizzarli, spero che questa passione non venga mai meno: per questo cerco di alimentarla ogni giorno attraverso nuovi traguardi da raggiungere, nuove soluzioni, “nuovi colori” e nuove emozioni da sperimentare.

Ti ringrazio per aver accettato il mio invito, Sara. In bocca al lupo per tutto!

Grazie a te, è stato un onore e … crepi il lupo!


Domenico Esposito Mito

mercoledì 22 dicembre 2010

Intervista di Domenico Esposito Mito a Giuseppe Vitale (scrittore)

Giuseppe Vitale nasce a Siracusa e ha trascorso gran parte della sua vita in Ortigia.
A diciassette anni scrive il suo primo libro, una raccolta di racconti, intitolata "Divoriidee", autopubblicata con ilmiolibro.it.
Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza al Consorzio universitario Megara Ibleo di Messina.
"Se ciò che cerchi è la storia dell'amore e dei problemi di due adolescenti sedicenni o un lacrimoso epillio su una quarantenne divorziata che si riscopre pittrice, posa subito questo libro. Potrebbe farti del male. Queste sono solo storie di ordinaria follia. Voli pindarici e pazzi sogni, forse incubi. Potrebbero cambiarti la vita. Vuoi rischiare?"così, Giuseppe Vitale, presenta la sua raccolta.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:



Ciao, Giuseppe, innanzitutto ti do il benvenuto a questa piccola intervista.

Ciao a te e saluti anche a chi legge.

Parliamo innanzitutto del titolo: cos'è "Divoriidee"? Perché hai intitolato proprio così la tua raccolta di racconti?

Perché era un periodo della mia vita, quello in cui pubblicai Divoridee, in cui amavo analizzare ogni ideale, ogni modo di vedere o di essere delle cose, per scoprirne i motivi e le cause. Quello che all’inizio era solo uno sfogo disperato, la rabbia nell’accorgermi di molti siparietti e bugie, diventò un hobby: rompere e divorare idee, aprirle come certi bambini fanno con i giocattoli meccanici, per scoprire come funzionano, come ripararli, magari, migliorarli, da necessità era diventato hobby, motivo di vita.

Come mai hai deciso di scrivere racconti anziché un romanzo?

Scrivere un romanzo che parli della mia società? Che riesca, intorno ad un solo protagonista, o a un gruppo ristretto di persone, a mostrare la poliedrica sfaccettatura del mondo? Le centinaia di tinte di grigio che esistono?
Non credo che ne sarei stato in grado, non mi sento né Bulgakov, né Gogol.


Quando hai scritto Divoriidee, avevi soltanto diciassette anni e già parlavi, in forma molto ironica, di politica e d’ideologie. Questo tuo interesse è nato da sé oppure dipende da una certa educazione, una cultura acquisita nell’ambiente in cui sei cresciuto?

Credo che praticamente nulla nasca da sé. Sono il risultato dell’educazione impartitami dai miei genitori e delle esperienze, belle brutte, che mi sono capitate. Il mio è un interesse generale per la vita, non solo per la politica, o le ideologie. In loro vedo solo qualcosa di tragicomico, un siparietto interessante per coprire le parti intime della nostra anima, per vestirci con qualcosa che ci riempie la bocca e ci fa sentire meno stupidi, meno inutili, più partecipi del mondo intorno a noi. Ma che non si pensi, neanche lontanamente, che io sia un attivista di qualche tipo. Mi occupo delle persone e del loro modo di rapportarsi con le idee, non delle idee in sé.

Cosa ne pensi, dunque, di chi dice spesso che noi giovani non c'impegniamo né c'interessiamo della politica e del sociale? E il tuo interesse fino a che punto arriva?

Cresciamo liberali e moriamo conservatori, questa è una massima che vale praticamente per chiunque, in qualunque epoca. Tutti noi ci impegniamo, a modo nostro, per cambiare il mondo, e finiamo con il cambiare i canali della televisione, fieri del nostro nuovo digitale terrestre.

Credo che i giovani s’impegnino nella politica, percentualmente, tanto quanto si impegnavano in passato, se non di più.

Spesso non ci rendiamo conto del fatto che non abbiamo realmente un peso, o un potere contrattuale e siamo convinti di poter davvero essere l’ago della bilancia in qualche occasione, anche se non sappiamo mai bene quale. Manifestiamo contro ogni riforma dell’istruzione fin dai tempi di Gentile e del regio decreto del 31 dicembre 1922, troviamo sempre il nuovo peggiore del vecchio, con l’occhio di chi non ha mai davvero capito cos’era il vecchio e non sa cos’è con precisione cos’è il nuovo, ma vuole comunque dire la sua.

Credo che i giovani si interessino, dunque, al mondo politico e sociale, mi riferisco a una certa categoria di ragazzi, diciamo gli stessi che leggono blog come questo e che hanno un minimo di cultura, quindi una netta minoranza tra i tanti. Credo anche che questi giovani si interessino con sincerità e voglia di fare ma che comunque anche la stragrande maggioranza di questo ristretto gruppo non abbia e non avrà nulla da dire. Esattamente come la loro controparte adulta.


In che modo si può acquistare "Divoridee"?

Esclusivamente online, tramite un qualunque paypal, dal link che è stato dato nella prefazione. È un libro auto-pubblicato, chiunque ne voglia una copia se la vedrà stampata personalmente e inviata a casa in un periodo pari a 2-3 giorni al più.

Per il futuro, pensi che continuerai a scrivere? Quali sono i tuoi progetti?

Ho scritto un romanzo, basato su un gioco di ruolo, Sine Requie, mi ha appassionato profondamente e penso sia uno dei miei migliori lavori. Ma i problemi riguardanti i diritti sono molti, forse troppi, quindi penso che lo utilizzerò per sostenere il tavolo del pc.

Decine di racconti sono stati accumulati in giro per il mio desktop, o in cartelle polverose. E quando sei una cartella del pc non è mica facile diventare polverosa. Magari cercherò un editore prima o poi, ma lo studio universitario incalza e il tempo per scrivere è sempre meno.

Scrivo più che altro per me e pubblico i miei nuovi racconti sul mio facebook, disponibili per chiunque voglia leggerli, ovviamente gratis.


Grazie per aver accettato l'invito, Giuseppe. Non mi resta che farti tanti in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te, rispondere a delle domande su ciò che sono fatte da qualcun altro mi aiuta molto a riflettere e a pensare.

E ovviamente voglio salutare Chiara, la mia ragazza e Claudia, l’amica che mi ha presentato al buon blogger che mi ha fatto queste domande.
Sì, sono uno di quelli che di fronte alla telecamera alza la mano, fa ciao e dice “Mamma, guardami, sono in tv!”

Ciao a tutti!



Domenico Esposito Mito

mercoledì 13 ottobre 2010

Domenico Esposito Mito intervista Emanuele Cerullo (poeta e rapper napoletano)

Emanuele Cerullo è nato a Napoli nel 1993, dove vive tuttora con la famiglia. Inizia ad affacciarsi al mondo della scrittura a otto anni, grazie alla passione per la musica, ispirandosi al genere rap e componendo poesie rimate. Cresciuto nel difficile quartiere di Scampia, durante la sanguinosa faida di camorra ha trattato tematiche di riscatto sociale e di antimafia, ma l’amore è la tematica che usa più frequentemente nei suoi scritti. Apprezzato da personalità importanti nel mondo della cultura e della società, ha pubblicato "Il coraggio di essere libero" (2007), raccolta di poesie auto-finanziata che ha inaugurato un periodo professionale soddisfacente, complici anche i tanti premi e concorsi letterari vinti, oltre a riconoscimenti per l’impegno civile.
Un’altra sua pubblicazione è "Il professore alunno" (2010), che ha come tema il bullismo, scritto insieme ad oltre cento studenti italiani.
Attualmente frequenta il Liceo Scientifico “Elsa Morante” di Scampia (NA), sono in corso di pubblicazione due suoi libri, ha alle spalle oltre trenta pubblicazioni in antologie letterarie, altrettante menzioni speciali in concorsi letterari e collabora con varie riviste locali e nazionali.


Com'è nata la passione per la poesia?

Ho iniziato a scrivere all’età di otto anni. Componevo poesie rimate che trasformavo, poi, in canzoni, cosa che continuo a fare.

C'è qualche poeta al quale t'ispiri particolarmente?

Forse sì! Dico forse, perché ci sono tanti poeti che mi affascinano, ma è probabile che, al momento della produzione, vengano fuori elementi stilistici o retorici appartenenti a loro.

Oltre a scrivere poesie, sei anche un rapper, anche in questo caso, ti chiedo: c'è qualche artista del genere al quale t'ispiri?

Eminem è il mio preferito: è stato lui che, attraverso la sua musica, mi ha spinto a scrivere e imitarlo, quando avevo otto anni. Ma le mie produzioni non hanno quel rap duro e quei loops pesanti come nel caso dell’hardcore rap, io vado più verso il neo soul e verso l’R&B, anche se, recentemente, l’hip hop, in America, sta cambiando molto e un grande come Drake ce lo sta dimostrando. Lasciamo perdere l’hip hop nostrano: lo seguo pochissimo, è prevalentemente underground. Le major dovrebbero dare spazio all’hip hop vero, non a quelli che facendo solo due critiche a sistemi o persone garantiscono tante copie da consumare.

Tu sei conosciuto come un giovane autore impegnato nel sociale, come mai questa scelta di passare al rosa con la raccolta "Il cuore come inchiostro"?

La figura femminile mi affascina da sempre, forse più della società, magari perché è l’oggetto della società, è un insieme di sensazioni, d’intuizioni, tante cose appartenenti all’animo umano rese concrete. E poi, non ho neppure la minima intenzione di essere visto sempre e solo come un autore “impegnato”: credo che se prosegui con gli stessi argomenti, ma soprattutto se ti lasci etichettare, vai incontro a un “auto-soffocamento” etico e culturale, oltre che professionale.

I tuoi scritti, per quanto mi risulta, sono tutti inediti: il motivo è che diffidi dall'editoria? Spiegaci perché.

Con l’editoria, ho un rapporto davvero singolare! Diciamo che diffido dalla falsa editoria (e dai falsi editori!), perché, per me, l’editore vero è quello che non chiede un contributo economico per la pubblicazione del tuo manoscritto. E poi noto che le case editrici grosse non bandiscono concorsi gratuiti, che magari possono servire a valorizzare e a mettere in luce i veri talenti, ed è giusto – da un punto di vista aziendale – che non promuovano ciò, ma da un punto di vista non aziendale sbagliano, perché danno spazio a ciò che fa clamore, ad autori che, in qualche modo, si sono già fatti conoscere. Diffido, quindi, da un tipo di editoria che, ahimè, prevale, cioè quella troppo consumistica. Ma dobbiamo rassegnarci: oggi la letteratura è una letteratura di consumo, sono curioso di vedere tra mezzo secolo cosa diranno i critici letterari riguardo questo periodo. I miei scritti sono ancora inediti perché, lo ammetto, sono un “conservatore”, nel senso che tendo prima a osservare, analizzare, capire meglio le cose, e poi mi sono proposto poco alle case editrici, mi hanno risposto chiedendomi un contributo economico, con altri editori, poi, ci ho pure litigato, perché vogliono essere imprenditori, più che editori. Non possono pensarla diversamente, la voglia di fare soldi li acceca, non li fa ragionare da editori. Ad ogni modo, sto continuando a cercare qualche editore giusto, spero di trovarlo, sarà una caccia al tesoro!

Essendo inediti, in che modo possiamo trovare i tuoi scritti per poterli leggere?

Nel caso de “Il coraggio di essere libero”, è praticamente introvabile: è in corso di revisione, lo sto abbellendo alla grande e, detto nel nostro gergo, sto preparando una vera e propria bomba! Per quanto riguarda “Il professore alunno”, basta chiedere le copie a info@bimed.net
Riguardo “Il cuore come inchiostro”, invece, essendo un e-book, basta chiedere le copie che il lettore desidera all’indirizzo emanuelecerullo@libero.it. Riceverà, gratuitamente, il file in pdf della raccolta. E poi ci sono altri racconti e poesie presenti sul web, basta digitare il mio nome e cognome. Ma su Wikipedia non ci sono e, perdonami, ma ne devo approfittare per dire brevemente una cosa, che fa riflettere non poco: sono su Wikipedia English, nella voce “Vele di Scampia”, e su Wikipedia Italia, il mio nome e cognome è stato più volte cancellato perché non sono enciclopedico. Non pretendo una voce personale su Wikipedia, non ho bisogno di quel sito per farmi pubblicità (visto che i wikipediani hanno ipotizzato che io volessi farmi pubblicità), ma meditate!


La tua raccolta "Il cuore come inchiostro" è dedicato alla "figura della donna". Scrivi "Donna" addirittura con la lettera grande. Perché è così importante questa figura per te, da scriverlo persino con la lettera grande?

Perché è la parte che ci completa, che ci fa comprendere tutto ciò che l’uomo non riuscirebbe mai a comprendere senza una presenza poetica, dolce, intraprendente e riflessiva come quella della donna. Il resto, è descritto nelle mie poesie.

Quali progetti per il futuro?

Davvero tanti. Ci sto lavorando assiduamente, e non parlo solo della versione edita de “Il coraggio di essere libero”. Meglio non anticipare, mi piace arrivare direttamente con la novità. La cosa che mi sorprende e che mi preoccupa – perché sono anzitutto uno studente! – è che mi aspetta un 2011 molto impegnativo e unico, sarà l’anno in cui raccoglierò tutto quello che ho seminato, quindi sarà, molto probabilmente, un anno più “decisivo” rispetto agli altri… Ci divertiremo!

Ti ringrazio, Emanuele, ti faccio i miei migliori auguri.

Grazie, auguri di cuore anche a te, e viva l’arma della parola!


IL NOSTRO PRIMO BACIO – EMANUELE CERULLO

"Ci siamo baciati per la prima volta,
appena usciti da scuola, timidi.
Passavano automobili
di gelosia,
ci avvolse la brezza
della nostra affinità.
Adesso sono qui, il Sole
è andato a letto sazio, prosciugando
le nostre anime
regalate al vento."

Da “Il cuore come inchiostro”

martedì 28 settembre 2010

Intervista di Domenico Esposito Mito a Sonia De Simone, scrittrice caudina di romanzi rosa

Sonia De Simone nasce il 10 novembre del '90 a Benevento. Si diploma al liceo scientifico presso l'istituto E. Fermi di Montesarchio e s’iscrive all'università Federico II a Napoli alla facoltà di lettere moderne per coltivare le sue passioni riguardanti la lettura e la scrittura.
"Basta un Attimo" è il suo romanzo d’esordio, visionato e corretto da un'agenzia letteraria e pubblicato con Lulu (auto-pubblicazione). Il romanzo narra la storia di due adolescenti, Alisia e William, che s’incontrano in normalissime circostanze: una partita di calcio. Da allora inizia la loro storia contorta, basata inizialmente su un’innocente amicizia per poi sfociare in una struggente, quanto romantica, storia d’amore. Lei è una ragazza semplice, proveniente da una famiglia agiata, ben conosciuta. Lui, invece, ha una storia ben diversa, una famiglia divisa dai continui tradimenti del padre e dal rinnovato matrimonio della madre con un altro uomo, dal quale nasce la piccola Sara. Ma la partenza di William (per inseguire il suo sogno) e uno sconvolgimento, quasi annunciato, nella vita di Alisia, sono elementi che porteranno i due giovani ad allontanarsi dopo un’assurda lotta per stare insieme. Un romanzo semplice, ambientato a Montesarchio, una piccola cittadina nella provincia di Benevento, che colpisce l’animo di giovani romantici “Innamorati dell’amore”, di quello vero, non di quello descritto nelle fiabe dove tutto termina con un meraviglioso “Vissero tutti felici e contenti”, perché l’amore è ben altro e William e Alisia lo sanno bene...


Quando è nata la tua passione per la scrittura?

Io credo che non ci sia una data prestabilita per far nascere una passione. Questa è una cosa che fa parte di noi sin dalla nascita, bisogna solo imparare ad aspettare: la pazienza è alla base di tutto! Col tempo, la scrittura, per me, è diventata non solo una semplice passione. Scrivere è estraniarsi dalla realtà, vivere in un universo parallelo creato da te, vivere nello splendore delle tue parole e nell’animo dei tuoi personaggi.
Non ho una data o un momento preciso per stabilire quando sia nata la mia passione per la scrittura. Posso solo dire che si tratta di un amore puro, privo di tradimenti. La mia, dunque, non è passione, ma semplicemente AMORE PER LA SCRITTURA.


Com’è nata invece l’idea di questo libro?

Ho cominciato a scrivere questo libro in un momento particolare della mia vita. Avevo quattordici anni e la vita mi aveva da poco portato via una persona fin troppo importante per me, una figura essenziale, un pilastro fondamentale. La sofferenza è stata troppo grande anche da potersi descrivere, così mi misi al computer e cominciai a battere sui suoi tasti. Avevo bisogno di qualcosa che mi allontanasse da quell’insulsa realtà. Una parola dopo l’altra, mi sono ritrovata a scrivere di una vera storia d’amore. A lavoro concluso, andai in una copisteria e feci stamparne una copia. Divenne, per me, solo una sorta di ricordo. Qualche mese fa, navigando in internet pensai che alla fine non ci avrei perso niente inviando una copia a diverse case editrici (anche se ero ancora all’oscuro delle delusioni che queste avrebbero potuto causarmi). Così, ripresi il romanzo tra le mani e cominciai a fare delle modifiche per renderlo migliore e più leggibile. Mi sono messa in contatto con numerose case editrici, due delle quali erano disposte a stipularmi un contratto. Parlo di “Case editrici a pagamento” che mi hanno chiesto tantissimi soldi per perdere ogni diritto sulla MIA OPERA! Per questo motivo ho pensato che potesse bastare una correzione, un’auto-pubblicazione, una buona pubblicità e un po’ di astuzia per emergere in un ambiente limitato (il che, per un autore emergente, con un’opera che ricopre una fascia di lettori ben definita, non è poco!). Ovviamente ci sono anche “Case editrici NON a pagamento” con grandi marchi come Mondadori, Rizzoli, ecc. ma per il momento preferisco sognare tenendo i piedi sulla terra!

Quali temi affronta il tuo romanzo oltre all’amore adolescenziale?

Il tema principale è appunto l’amore che nasce tra William e Alisia. Ma nella vita di un adolescente, spesso, l’amore entra in secondo piano di fronte a problemi che colpiscono direttamente il suo animo. Alisia si troverà ad affrontare una situazione particolare che vede come protagonista “l’amica di sempre”. Litigi che fanno crescere e che aiutano a visionare la vita da una prospettiva diversa. Ma ancora più difficile è affrontare la morte di una persona cara. Non sempre si riesce a tenere la testa fuori dall’acqua ma Alisia ha un buon motivo per non annegare…


C’è un autore di romanzi rosa o di altro genere cui t’ispiri o comunque uno in particolare che preferisci?

Io mi definisco una “Divoratrice di Libri”. Leggo di tutto, qualunque cosa mi attiri, ma l’autore che ha fatto nascere in me la passione per la scrittura e per la lettura di romanzi rosa e mi ha tenuto legata all’amore è NICHOLAS SPARKS. Mi ha rapito e si è portato via il mio cuore con “Le parole che non ti ho detto”. Poi, ha continuato ad avere lo stesso effetto sul mio animo con il resto dei suoi romanzi.
Ultimamente mi sono lasciata trasportare tra le strade di Barcellona da CARLOS RUIZ ZAFON, un autore capace di farti vivere alle spalle dei personaggi con una suspense inaudita nonostante le storie siano alquanto irreali.
Un altro genere che mi ha colpito molto è stato quello di FABIO VOLO. In lui vedo un autore capace di parlare, in modo crudo e diretto, di una realtà che, fondamentalmente, appartiene a tutti noi.
Per quanto riguarda i Romanzi Storici, invece, mi sono lasciata rapire da IDELFONSO FALCONES, anche se sto cercando di apprezzare (ma al momento mi risulta ancora difficile) Ken Follet.

Ti ci rivedi nel personaggio femminile del tuo romanzo?

Alisia È Sonia. In piccola parte, ogni personaggio presente nei nostri romanzi, rappresentano una piccola parte di noi. Per quanto si possa giocare di fantasia, il personaggio nasce da noi, dalla fusione della nostra anima con la nostra mente, il che porta a una sola conclusione: Ogni personaggio rappresenta un almeno l’uno per cento del nostro essere.


Quando scrivi quindi, t’ispiri molto alla tua vita oppure è tutto frutto della tua immaginazione?

Si scrive per estraniarsi dalla realtà ma, inevitabilmente, questa ne entra a far parte. Mi guardo intorno e tutto sembra divenire “Ispirazione”: la realtà è ispirazione! Per quanto non si voglia farla entrare nei giochi della nostra fantasia, questa è molto abile ed entra senza farsi sentire. A volte, solo rileggendo il testo mi accorgo di aver inserito qualcosa che appartiene alla realtà. L’inconscio è scorretto e gioca sempre brutti scherzi: è per questo che ritengo che, inevitabilmente, l’ispirazione sia legata con un nodo troppo stretto alla realtà.

In futuro, pensi di restare sul rosa oppure di scrivere anche romanzi di altro genere?

Sono "innamorata dell'amore", di quell’amore vero che non ha sempre come finale il “Vissero tutti felici e contenti”, quindi credo che rimarrò per sempre legata a questo genere.

Grazie per aver accettato l’invito, in bocca al lupo.

Sono io a doverti ringraziare per avermi tenuta in considerazione. A presto.