venerdì 3 marzo 2017

Perché finora ho scelto sempre protagonisti giovani

Ho scritto tre romanzi, in tutti e tre, i personaggi erano sempre abbastanza giovani. L'ultimo, Efrem Lettieri, è un uomo vicino alla trentina (tra i ventisette e i ventotto), come ho già spiegato in questo articolo. Un'età molto difficile, mentre c'è chi ti dice che sei ancora giovane, c'è invece chi sostiene che ormai non lo sei più, soprattutto certe agenzie che ti impediscono di fare concorsi di lavoro, ma non divaghiamo. Il motivo principale per cui i protagonisti hanno sempre la mia stessa età o qualche anno di differenza è la maggior facilità dell'empatia tra autore e personaggio. Ma non era di questo che volevo discutere. Volevo, più che altro sfatare un luogo comune: i personaggi che hanno problemi, disturbi, che conducono una vita degradante sono, è vero, per lo più giovani, ma perché? Per fare la solita retorica su giovani? No. Io stesso, nel mio romanzo precedente "Sia fatta la mia volontà-Qui nel mondo" ho scritto che non mi piace quando si parla delle “cattive abitudini dei giovani d’oggi”, come se gli adulti o gli anziani di ieri e di oggi non ne avessero avute né ora né in gioventù (affermazione che contrastava con la prefazione dell'editore). In realtà, io non parlo "di giovani", io parli di essere umani. I miei modelli letterari sono soprattutto Dostoevskij e Zola e altri romanzieri dell'Ottocento che si occupavano appunto dei problemi dell'animo umano. Quando mi si chiede "cosa dobbiamo fare per risolvere i problemi dei giovani d'oggi" davvero non so cosa rispondere. Qualcuno sostiene già in anticipo che non saprò cosa rispondere perché sono anche io un "ragazzo" (mancano pochi giorni al mio trentunesimo compleanno). La verità, invece, è che non lo sa nessuno di loro e tutto questo non ha nulla a che fare con l'età. Non lo sappiamo perché è complicato, perché io sono solo uno scrittore che mette su carta le cose che non vanno sopratutto per riuscire a sopportarle. I giovani non sono un problema: in loro è riposta la speranza. Non che gli adulti non abbiano più possibilità di cambiare o di salvarsi (ho visto gente maturare a sessant'anni), ma quando sono loro a vivere in modo degradante, a ubriacarsi, ad andare a prostitute è molto più disgustoso, perché a una certa età dovresti aver compreso la bellezza della semplicità della vita. I giovani che osservo e dai quali prendo spunto per creare i personaggi sono persone che se vogliono, possono cambiare. Il più delle volte, una volta cresciuti, diventano soltanto delle esperienze giovanili, ricordi di gioventù. A differenza di ciò che può sembrare, a differenza di ciò che qualcuno avrà già detto, il mio non è un romanzo moralista, perché io stesso non sono mai stato un moralista, un santo (o un "astemio"), tuttavia spesso rifletto sull'inutilità di rimpinzarci di alcol soltanto per noia, quando una birra tira l'altra e ci si ritrova ubriachi, con il fegato e lo stomaco rovinati, con i postumi di sbornia del giorno dopo e soprattutto con il portafogli vuoto. Per cosa poi? Rifletto sul fatto che potremmo evitare. Ci sono stati periodi - e voglio finalmente confessarlo senza problemi - in cui per me uscire significava automaticamente bere e ubriacarmi. Ci sono poi periodi nei quali mi sento addirittura astemio e non trovo nessuna utilità nel bere. Si sono creati perciò una cerchia di conoscenti che mi crede astemio e una cerchia di altri che si sorprende ogni volta che rifiuto una birra. Con questo voglio dire che nessuno è perfetto, non credo nemmeno che esista la concezione della perfezione. Torniamo alla questione "giovani". Prendiamo ad esempio il problema del personaggio Agostino: chi di voi non ha mai sentito parlare di money-slave, di ragazze che chiedono di farsi ricaricare il cellulare? Un problema dei giovani? No, un problema sociale.
Eliana Russo, una ragazzina che si ubriaca e fa uso di hashish da quando aveva quattordici anni e a diciassette inizia anche con la cocaina: un problema che riguarda i giovani? Vuol dire che se gli adulti tirano cocaina è tutto a posto? Secondo me, invece, è l'opposto. Il personaggio di Eliana Russo rappresenta il difficile percorso della giovinezza, che tanto può finire nel degrado quanto può invece concludersi nel miglioramento. Ogni volta che si legge il mio romanzo, si fa caso soltanto ai giovani e non al vero problema: gli adulti.  Il personaggio di Jessica - La Tossica di cui parlo anche nella canzone "Il Mondo Malato" - non è, come forse molti avranno pensato, un'adolescente, una ventenne, bensì una donna che ha superato la soglia dei trent'anni, forse anche sulla soglia della quarantina. Gli uomini che si approfittano di lei non sono dei ragazzini, ma quarantacinquenni, cinquantenni. Tutti poi si dimenticano una scena che per me è molto importante: la scena dei due anziani che vogliono approfittarsi delle due zingare. Lì, se il lettore fosse attento, si potrebbero sfatare due luoghi comuni: quello delle zingare che sono necessariamente prostitute (nel libro - come la scena reale che ho visto e dalla quale ho preso ispirazione, le due giovani zingare vendono calzini) e il luogo comune secondo il quale il degrado, la corruzione avvolgerebbe solo ed esclusivamente "i giovani". Se questo fosse vero, allora potremmo stare tranquilli, perché ai giovani si può perdonare tutto appunto con la giovane età, e perché possono evolversi, cambiare. Il vero problema,sono gli adulti, quelli che arrivati a una certa età sono peggiorati. Ma anche a loro, sia data una possibilità di cambiare.

Domenico J. Esposito
scrittore
da PensieriParole

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