mercoledì 27 luglio 2011

La Città Dei Matti presentazione alla Libreria Rinascita Caffè (Roma) articolo su IL CAUDINO



Intervista integrale:

Luana Troncanetti: Domenico, so che ti sei stancato di spiegare il motivo per cui ti chiamano Mito. Vuoi allora raccontarci chi sono i tuoi miti?

Domenico Esposito: Con questa domanda mi costringi a spiegarti lo stesso perché mi faccio chiamare Mito: proprio perché io di miti non ne ho, penso che ognuno debba credere in se stesso: quando si hanno gli idoli, si tende ad imitarli e quindi non ci si crea un proprio stile. Sicuramente bisogna apprendere dagli altri. Ammirare un bravo artista non significa tentare di imitarlo. Sono d'accordo con lo scrittore Erri De Luca, quando afferma che “non dobbiamo idolatrare uno scrittore e assumere il suo stile di scrittura. Dobbiamo ammirarlo con dolcezza e poi scrollarcelo di dosso”. Questa è una cosa che io ho sempre pensato, da quando ero adolescente. Penso quindi che sia sbagliato avere idoli, sia per quanto riguarda la letteratura, sia la musica e ogni altra forma d'arte; ecco perché “Mito”: ognuno deve essere idolo di se stesso. Questo pseudonimo, al contrario di come può sembrare, non è una forma di presunzione, ma un messaggio che voglio lanciare ai giovani, soprattutto ai giovani artisti esordienti: credete in voi stessi e cercate di non imitare gli altri, siate gli idoli di voi stessi.

Luana Troncanetti: Nel tuo blog pubblichi anche interviste… Quale è stato l’artista che ti ha maggiormente incuriosito o sorpreso?

Domenico Esposito: Direi il doppiatore Niseem Onorato, perché, quando gli domandai il motivo per cui, dopo il viaggio in India avesse cambiato il suo nome da Riccardo a Niseem, lui mi rispose che per spiegarlo ci sarebbe voluta un'intervista a puntate e mi raccontò soltanto che questo nome glielo aveva dato un maestro indiano e mi spiegò il suo significato (Amore Infinito) però non ha voluto raccontarmi quello che è successo nel suo spirito, anche perché immagino sia difficile spiegare una cosa del genere. Mi ha lasciato quindi con questa curiosità. Mi ha molto colpito inoltre per la sua simpatia, anche perché io lo conosco come il doppiatore di Xander, nella serie Buffy - L'ammazzavampiri, dove doppiava per l'appunto un personaggio simpatico, spiritoso, per cui ho trovato questa affinità tra il personaggio e il doppiatore. Un altro artista che mi ha colpito è stato l'attore comico napoletano, Ciro Ceruti, perché nell'intervista io gli facevo delle domande chilometriche e lui invece mi dava risposte molto brevi, ma è stata comunque un'intervista piacevole.

Luana Troncanetti: Sempre parlando del blog, ti è capitato di disquisire pesantemente con un collega sul difficilissimo mestiere dell’esordiente?

Domenico Esposito: Pesantemente nel senso che ci siamo scontrati no, anzi ci siamo dati spesso consigli a vicenda. Io personalmente cerco di aiutare gli esordienti, proprio perché io stesso, essendo anch'io esordiente, sto conoscendo le varie difficoltà che si vanno ad affrontare durante questo cammino. Approfitto anche per fare un appello agli artisti emergenti: dovremmo essere più solidali tra noi.

Luana Troncanetti: Qual è il tuo sogno nel cassetto, oltre ovviamente a quello di diventare uno scrittore affermato?

Domenico Esposito: il mio sogno nel cassetto non è tanto quello di diventare uno scrittore affermato: quello di diventare uno scrittore e di farmi conoscere non è un fine, ma è un mezzo con il quale io tento di diffondere le mie idee. Ecco, forse questo è il mio sogno nel cassetto: diffondere le mie idee con i miei libri, cercando di migliorare la società...anche se so che è difficile.

Luana Troncanetti: Parlaci brevemente e per sommi capi della trama e del messaggio.

Domenico Esposito: Il racconto si apre con le pagine di un diario scritto da un personaggio che ho chiamato Bernardo, un giovane settentrionale che viene a far visita a un amico, senza preavvisarlo, in modo da fargli una sorpresa. Il problema però è che Bernardo non conosce il paese, quindi, si perderà nelle strade e s'imbatterà in certe persone affette da malattie mentali, ovvero, i matti. Ne resterà molto impressionato, quasi spaventato. Teme che possano fargli del male. Presto gli abitanti gli spiegheranno che i matti sono molto più innocui di tante persone che noi comunemente definiamo “sane”. Così Bernardo, non solo non sarà più spaventato dai matti, ma ne sarà addirittura affascinato e divertito! Ecco che però dobbiamo condurre una riflessione: i matti del paese, gli ubriaconi, i cosiddetti “scemi del villaggio”, molto spesso ci fanno ridere, ci divertono; ma dimentichiamo le loro sofferenze. Io non so dirvi che cosa provino quelli che sono nati matti, ma posso immaginare cosa provano quelli che lo sono diventati, perché so quello che hanno subito. Infatti nel romanzo mi sono occupato soprattutto di questo: raccontare le tristi storie e le sofferenze di queste persone diverse ed emarginate, come gli alcolizzati, i matti, certi anziani burberi e soprattutto denuncio la superficialità della gente che anziché compatirli, spesso li schernisce. Oltre che dai matti comunque, Bernardo sarà attratto da un gruppo di giovani particolari che sembrano distaccarsi dal conformismo, nel modo di muoversi, di parlare... Tra questi giovani, lo colpisce uno in particolare: uno che poco prima aveva visto aggirarsi da solo con l'aria nervosa, per le strade del paese, proprio come i matti. Spinto dalla curiosità, Bernardo va a conoscerlo e vede che, nonostante abbia normalmente degli amici, è un ragazzo introverso e taciturno. Bernardo gli confessa di averlo scambiato ERRONEAMENTE per un matto e il giovane gli risponde con questa frase “A volte temo di sembrare alla gente uno dei tanti pazzi del paese, altre volte temo di esserlo, altre volte ancora invece, temo di diventarlo” che è uno dei miei aforismi più citati su internet – in particolare dagli utenti di facebook – ma che molte di quelle persone che lo citano (naturalmente quelle che conoscono l'aforisma e non il libro) fraintendono il suo significato, perché credono che ci si riferisca all'esuberanza della persona: oggi è di moda definirsi “matti” per suscitare simpatia nei confronti altrui o addirittura per giustificarsi quando si fa qualcosa di sciocco. L'aforisma invece si riferisce a quelle persone solitarie che, aggirandosi per il paese, vengono scambiate per matte solo per questo motivo, cioè passeggiare da soli con aria riflessiva. Non so se qui in città è così strano vedere una persona che passeggia da sola, ma in paese, sembra che la gente subito ti scambia per matto o per uno con problemi. Nello scorrere del romanzo, la storia girerà proprio intorno a questo personaggio: Romolo. È lui il vero protagonista. Una delle sue caratteristiche principali è che è un giovane dall’animo sensibile e solidale: si commuove per le tristi storie dei pazzi e degli alcolizzati della propria cittadina; o quando vede un anziano signore umiliato dai teppisti e reso malvagio proprio a causa della cattiveria altrui; quando vede le persone cercare l’elemosina alla stazione di Napoli, quando vede i barboni o una bella ragazza ridotta a prostituirsi (da notare dunque, che il romanzo va a spostarsi anche oltre la cittadina in questione). In queste ultime circostanze, condurrà anche delle riflessioni importanti sulla situazione odierna di Napoli e del Sud, collegandole a riflessioni sulla sua storicità che è quella del Risorgimento e del Regno Delle Due Sicilie: un argomento di cui si è discusso molto negli ultimi anni. Nonostante Romolo abbia bisogno lui stesso di qualcuno che lo incoraggi – o forse proprio per questo - ci sono delle persone che saranno incoraggiate da Romolo: la prima è Barbara, una donna sulla trentina che gestisce un bar e che, essendo divorziata e con due figli, ha paura di non ritrovare più l'amore di un uomo per un rapporto stabile, a causa di pregiudizi. Romolo, sorridendole, le dirà di non perdere mai la speranza. Infine, parlavo poco fa della triste storia di un anziano signore irascibile ed inavvicinabile che ha perso la nobiltà d'animo di quando era giovane. Ebbene, Romolo riuscirà a farlo reintegrare nella società dalla quale si era quasi completamente alienato, gli restituirà il sorriso e la bontà di cuore: ecco come Romolo, pur non rendendosene conto, ha commesso un atto eroico (questa è una considerazione che ho fatto da lettore, non da autore, cioè dopo aver riletto il mio romanzo). Romolo infatti sognava di commettere un atto eroico, ma nel senso di cambiare il sistema (anche se forse potremmo iniziare da piccole cose come queste, cambiando innanzitutto la mentalità della gente). Queste vicende racchiudono l'intero messaggio che voglio trasmettere con il romanzo e cioè quello della solidarietà! Io spero che tutto questo cambierà prima o poi, che riusciremo a “insegnare” alla gente i principi della solidarietà. Io, con questo romanzo, nel mio piccolo, ho cercato di dare il mio contributo.

Luana Troncanetti: Quanto c’è di te in Romolo? Vi somigliate in qualche modo e se sì, perché?

Domenico Esposito: Per quanto riguarda la vita e le esperienze, non credo che sia molto importante sapere se l'autore assomiglia al protagonista, a meno che non si è appassionati di gossip; più che altro mi soffermerei sugli ideali: per quanto riguarda gli ideali sì, ci somigliamo abbastanza, non dico che siamo identici, anche perché gli ideali possono cambiare, maturare con il tempo. Però comunque faccio in modo che il lettore si affezioni al protagonista e apprenda qualcosa da lui. Non sempre il mio intento riesce purtroppo, poiché non tutti i miei lettori - benché abbiano apprezzato il romanzo - hanno anche condiviso i miei ideali e il mio messaggio. Forse questo non è necessariamente un male, da un lato, perché comunque significa che c'è ancora gente che ragiona con la propria testa e non con quello che scrivono gli altri; da un altro lato invece è un male perché comunque i miei messaggi sono a fin di bene. È come se dicessi: “questa è la realtà, stiamo attenti, cambiamo mentalità e comportamento, perché persone come Romolo ci potrebbero soffrire”. Da un lato comunque vorrei essere molto di più somigliante a Romolo, soprattutto per quanto riguarda il suo lato solidale. Cerco di trasmettere un messaggio anche a me stesso, prima che ai miei lettori.

Luana Troncanetti: Quando scrivi, hai bisogno di assoluta concentrazione e silenzio tombale attorno a te, oppure riesci a creare anche con lo stereo a palla?

Domenico Esposito: L'assoluta concentrazione mi serve quando leggo più che altro o quando scrivo per il giornale. Per quanto riguarda la narrativa, no: ascoltando la musica, sono riuscito a scrivere molti racconti e anche alcuni capitoli de La Città dei Matti, ovviamente sempre con la musica che prediligo, anzi, ho addirittura fatto un esperimento: ho iniziato la stesura di un romanzo ispirandomi alle canzoni che ascoltavo...(poi ho scoperto che lo fanno un po' tutti...)

Luana Troncanetti: Stai pensando a un nuovo romanzo? Se sì, puoi raccontarci per sommi capi di cosa tratterà?

Domenico Esposito: Certo, i progetti sono tanti, bisognerà soltanto realizzarli e come ho già detto non sempre è facile. Ho già concluso il mio secondo romanzo (che non è quello tratto dall'esperimento di cui parlavo), deve soltanto essere pubblicato, tratterà molto delle ideologie, delle religioni, dell'ateismo... È ambientato per lo più a Napoli, tra l'estate e l'inverno del 2001. Denuncerò la violenza poliziesca, la violenza in generale, il bullismo; parlerò di razzismo e dei motivi per cui non si può essere razzisti, ma soprattutto è un tentativo di riconciliare il popolo, rispettando le idee altrui: uno dei protagonisti vorrebbe che atei, cristiani, comunisti, liberali e tutti si riunissero per cambiare il sistema senza cercare di imporre le proprie idee altrui, affrontando i problemi che riguardano un po' tutti...non anticipo più nulla.

Di Luana Troncanetti

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