lunedì 17 gennaio 2011

Intervista a Sara Orlacchio (cantante e docente di musica) di Domenico Esposito Mito

Sara Orlacchio è una cantante e docente di Musica (Specializzata in tecnica vocale) nata a Benevento nel 1988 e vive a Montesarchio (BN), dove si è diplomata presso il Liceo Scientifico “E. Fermi”. Diplomata inoltre in Canto presso il Conservatorio di Musica Statale “N. Sala” di Benevento sotto la guida del M° Diego D’Auria.
Avviata agli studi della tecnica del canto e del pianoforte a soli 14 anni, a 16 anni diventa vocalist di un gruppo di under 18, i “Solo 61”, con il quale intraprende un’intensa attività concertistica e partecipa al ROXY BAR di RED RONNIE nel 2005.
Partecipa a numerosi concorsi, come cantante solista, tra i quali, il SOLAROLO SONG FESTIVAL organizzato da Fabrizio Pausini (padre della celebre cantante Laura Pausini) in provincia di Ravenna nell’anno 2006.
Vince il BENGIO FESTIVAL (categoria italiani) edizione 2006.
Nel 2008 si aggiudica il Secondo Premio del 13° Concorso Nazionale CAMPI FLEGREI.
Nel luglio 2008 ha cantato “Il Filosofo di campagna”, dramma giocoso, in tre atti di B.Galuppi, nel ruolo di Lesbina per l’Associazione Musicale di Piero Monaci “Atena Opera Festival”.
Attualmente svolge consulenza didattica presso Associazioni Musicali Culturali e Scuole di Musica e per Scuole Statali.

clicca qui, per ascoltare la sua canzone

Ciao, Sara, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra piccola intervista.


Ciao, per me è un piacere, colgo l’occasione per ringraziarti.

Raccontaci innanzitutto dei tuoi esordi e del tuo primo approccio con la musica che, come vediamo, è iniziato quando avevi quattordici anni.

In realtà il mio primo incontro con la musica è avvenuto molto tempo prima: mia sorella studiava il piano da bambina e questo è stato il primo impulso. Ho cominciato, passo dopo passo, a suonare il piano, fino a quando, a quattordici anni, ho deciso di studiare seriamente, ma prima di questo, ascoltavo e tentavo di riprodurre da autodidatta.
Per quanto riguarda il canto, che è la mia professione, ho sempre cantato, in qualsiasi occasione.
È uno dei ricordi più chiari della mia infanzia. In casa lo facevo per puro divertimento; alle recite scolastiche, io cantavo tutto il tempo e già da piccolissima tentavo di catturare lo stile, la tecnica e gli atteggiamenti musicali dagli artisti che m’interessavano. Quando ho iniziato a seguire la mia prima insegnante di canto, ho percepito fin da subito che quello sarebbe stato il mio lavoro, poiché non c’era altro che io amassi fare più che cantare. Si è trattato quindi di un approccio molto spontaneo, che non mi ha procurato alcun tipo di problemi nell’apprendimento perché, per me, era la cosa più naturale possibile, così come l’approccio con il pubblico.
Il palcoscenico mi hanno sempre fatto sentire a casa, mi sono sempre sentita a mio agio.
Il segreto per un’artista per “essere comodo” in scena è di cimentarsi in quello che più gli è consono e quello che più gli piace, in modo tale da farlo con professionalità e offrire al pubblico un prodotto del quale egli stesso è convinto.


Vuoi dirci chi sono gli autori e i compositori delle tue canzoni?

Per quanto concerne le mie canzoni, devo ringraziare in primis Angelo Cioffi per aver scritto per me delle melodie che calzavano perfettamente a quello che è il mio stile vocale e per avermi aiutato nel dare forma a quelle che erano le mie idee e poi Nicola Dragotto, che ha scritto dei testi meravigliosi.

Cosa ti piace dell’ambiente musicale e quali sono le difficoltà che deve affrontare una giovane cantante della tua età durante tutto il suo percorso artistico?

La cosa più importante del far parte dell’ambiente musicale è la possibilità di stare in contatto con persone che condividono i tuoi stessi interessi e, nella maggior parte dei casi, i tuoi stessi problemi; inoltre si ha l’occasione di passare la maggior parte del tempo occupandosi di qualcosa che t’interessa davvero e, anche quando teoricamente stai lavorando, impieghi tutto il tempo facendo quello che realmente ti piace. Il lavoro quindi diventa un momento di gioco, quasi di divertimento, e questa è la maniera migliore di svolgere questa professione, perché solo in questo modo si possono trasmettere emozioni vere al pubblico.
Le difficoltà di questo percorso sono molteplici. Penso che la più grande sia uniformarsi agli standard che gli addetti ai lavori richiedono, soprattutto per quanto riguarda la musica classica: si necessita di particolari elementi dai quali non si può prescindere.


A proposito, tu che sei anche una docente di musica, vuoi parlarci adesso delle cose che ti piacciono invece di questo tuo lavoro e di quelle che magari non ti piacciono?

È semplice: è meraviglioso lasciare in eredità agli altri il tuo sapere, “conditio sine qua non” è la presenza dinanzi a te di una persona che ti stimoli continuamente affinché il “download d’informazioni” non s’interrompa. È appassionante insegnare a chi è motivato, a chi ha talento, a chi sogna questa professione; è riduttivo e talvolta frustrante dover trattare, semplicemente perché è il tuo lavoro, con allievi ai quali non interessa quello che studiano ma pensano sia un mero momento ludico.


Che cosa consigli, quindi, ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa strada? Intendo come cantante o musicista.

Consiglio semplicemente tanto studio e tanta tenacia: lo studio perché la formazione di un cantante è quella che ti consente, non solo di poter svolgere questo lavoro da vero professionista, ma anche quello che ti consente di svolgerlo a lungo. Infatti, prima che di personalità, musicalità e talento, un cantante richiede salute, ovviamente intesa come salute vocale; tenacia perché questo è un percorso nel quale si può spesso entrare in periodi di “crisi artistica” che t’inducono a pensare che quella sia la fine della tua carriera quando, in realtà, non è così. Si tratta semplicemente di momenti che di solito precedono un’evoluzione artistica molto forte. C’è bisogno quindi di lavoro e di pazienza.

Ci sono in programma delle date in cui il tuo pubblico potrà assistere ai tuoi live? Se sì, puoi comunicarcele?

In questo momento no, perché dopo il mio diploma in canto lirico, che ho conseguito pochi mesi fa, ho abbandonato questo tipo di attività per tentare la carriera teatrale, nel prossimo futuro non so.

Parlaci allora dei tuoi progetti.

Come accennavo, le mie prospettive per il futuro sono volte alla carriera teatrale, in questo periodo sto lavorando per questo. In ogni caso, quello che spero è che ciò che faccio continui sempre a rendermi così felice come mi rende oggi. È la passione che ci spinge ad avere progetti e a operare per realizzarli, spero che questa passione non venga mai meno: per questo cerco di alimentarla ogni giorno attraverso nuovi traguardi da raggiungere, nuove soluzioni, “nuovi colori” e nuove emozioni da sperimentare.

Ti ringrazio per aver accettato il mio invito, Sara. In bocca al lupo per tutto!

Grazie a te, è stato un onore e … crepi il lupo!


Domenico Esposito Mito

lunedì 10 gennaio 2011

Intervista a Serena Stanzani (scrittrice e cantante di Agrigento)

Serena Stanzani nasce nel 1993 ad Agrigento ed è un'artista poliedrica. Si dice ispirata da tutte le multiformi espressioni dell'arte, con una particolare predilezione per la scrittura e per il canto. In questo campo dobbiamo segnalare la vittoria di Serena al Cantagiro e la finale raggiunta, grazie sempre alla sua voce, al premio Mia Martini.
“I am in Wonderland” è il suo debutto letterario, pubblicato da poco dalla Casa Editrice “Edizioni La Gru” di Padova.

Seguite questo link, per leggere le prime pagine:


Ciao, Serena, innanzitutto benvenuta a questa nostra piccola intervista.


Ciao Domenico, grazie mille, è un piacere per me.

Serena, tu a soli diciassette anni, hai scritto il tuo primo libro. Raccontaci com’è nata l’idea di scriverlo.

L’idea è nata dalla volontà di raccogliere tutte le mie note per far si che queste non fossero perse o dimenticate. Di conseguenza è subentrata l’idea di scrivere un libro. A tal proposito, il mio perpetuo ringraziamento va alla Casa Editrice “Edizioni la Gru” di Padova, per aver creduto nel mio lavoro e per l’impegno, la professionalità e la passione che ha dedicato e continua a dedicare al percorso del libro.

Come mai hai scelto un titolo in inglese anziché in italiano? Spiegaci perché lo hai intitolato così e parlaci, per sommi capi, di questo libro e gli argomenti trattati.

“I am in Wonderland – pensieri e parole” è un libro agevole che si rivolge tanto al mondo adolescenziale quanto a quello adulto. È una raccolta di riflessioni e di aforismi che presenta i caratteri fisionomici di un diario universale. Ho intitolato il libro “I am in Wonderland” perché rappresenta una finestra sullo stato emotivo di un’adolescente. Quasi uno specchio sul subconscio di una ragazza che vive la vita perdendosi in essa e analizzandone i significati più essenziali e soprattutto sostanziali. La traduzione di “I am in Wonderland” è “Io sono nel Paese delle Meraviglie”. La scelta dell’utilizzo della lingua inglese è motivata: nelle mie intenzioni “Wonderland” non ha espliciti collegamenti con il “Paese delle Meraviglie” della nota Alice, bensì è un mondo buffo, confuso e colmo di contraddizioni. Un mondo super colorato, un mondo a testa in giù, un mondo dominato dal caos. Rappresenta un buco nero e al contempo è il motore e generatore dei pensieri e delle cose. Il confine tra ciò che esiste e ciò che rendiamo esistente.

Tu sei anche una cantante. Vuoi raccontarci com’è nata la tua passione per la musica e come hai esordito in questo campo?

Quando parlo della musica, non parlo mai di una passione ma di un mio modo di essere. La musica, secondo me, non può essere considerata "un accessorio di convenienza" a cui spetta il ruolo di completare la vita di una persona. È qualcosa di intimamente compenetrato all'essenza di un individuo: qualcosa che non si può negare o ripudiare per scelta. Canto da sempre ma la mia prima vera esibizione è avvenuta in occasione di una recita scolastica all’età di otto anni. Per gioco ho provato ad abbracciare questa nuova esperienza, gettata sul palco dall’entusiasmo delle mie persone care. Non sono ancora scesa!

È nata prima la passione per la musica o prima quella per la scrittura?

Scrivo da sempre. Ricordo bene, quando, negli anni della mia primissima infanzia, ancora incapace di leggere e scrivere, dettavo tutto quello che mi passava per la testa a mia sorella. Da piccola mi ha tenuto compagnia anche un vecchio registratore.

Chi sono i tuoi modelli nella musica?

Penso di non avere dei modelli definiti: amo tutto ciò che è musica e nella scelta dei brani da interpretare non tengo in considerazione gli interpreti originali bensì lo stile musicale del pezzo, prediligendo il pop-melodico moderno, italiano e straniero.

E nella scrittura?

Mi piacciono molto Alessandro Baricco, Alda Merini e Paulo Coelho e sono, inoltre, innamorata della letteratura inglese.

Per adesso fai cover, ma hai mai scritto qualche testo da poter cantare in futuro?

Già da un anno gira in rete il mio videoclip del brano inedito “Dire Sempre o Dire Mai” scritto per me da Stefania e Carmelo Labate (attuale chitarrista e arrangiatore di Ivana Spagna), già finalista al Festival “Premio Mia Martini” nell’anno 2009 e vincitore a “Il Cantagiro” nell’anno 2010 (sezione videoclip). Sono stata, inoltre, tra i papabili di “Sanremo giovani” 2011 con il brano “Il Tempo” del M° Vincenzo Capasso e G. Bonasia. Recentemente ho scritto un testo che verrà al più presto musicato.

A proposito del futuro: che progetti hai sia nell’ambito della scrittura sia in quello della musica?

Diciamo “work in progress”. Per il momento studio e mi limito a godere di “queste giornate di sole”. Ho molti progetti, tutti da costruire e spero da realizzare presto! Incrociamo le dita!

Infine, come si può acquistare il tuo libro?

"I am in Wonderland, pensieri e parole" (Edizioni La Gru, € 9,50 - Codice ISBN 9788897092025) è disponibile ad Agrigento presso la Libreria “Deleo” (Via XXV Aprile,210 - Tel. 0922.20708 - Email: libreriadeleo@alice.it ) e a Favara presso la libreria “Il Papiro” (V.le Pietro Nenni 130 – Email: papiroeditore@libero.it ). Il libro può essere ordinato anche sul sito www.edizionilagru.com e vi verrà spedito senza spese aggiuntive.

Grazie mille per aver accettato il mio invito, Serena. In bocca al lupo per tutto!

Grazie a te! Crepi il lupo!



Domenico Esposito Mito

sabato 8 gennaio 2011

BottE di Capodanno

Ho sempre provato una strana angoscia nelle notti di Capodanno e all’inizio non capivo perché, forse perché sapevo che tutto si nascondeva dietro falsi sorrisi, falsi auspici, festeggiamenti ipocriti. Poi ho capito il vero motivo: perché ogni anno, in quella notte, gli uni festeggiano sempre a scapito del dolore altrui.
Ogni anno, in quella notte ci devono sempre essere almeno un morto e tanti feriti. Non conosco nessuno di quelli che sono morti a causa degli incidenti di Capodanno, eppure quando succede, provo un dolore immenso, come se fossero miei cari, perché penso che com'è accaduto a loro, potrebbe accadere anche a qualcuno di noi e soltanto a causa della stupidità e della superficialità di gente che festeggia, senza nemmeno sapere che cosa. Un altro morto e settantuno feriti, soltanto a Napoli, quest'anno.
Non bastano i fuochi e i botti, già di per sé pericolosi, che spaventano i neonati e gli animali, gatti e cani che tremano, volatili che muoiono colpiti dai fuochi d'artificio; non basta tutto questo: i signori della periferia di Napoli (e non solo loro, s’intende) devono sparare con le pistole e chi ci va di mezzo è sempre gente che non c'entra. Non sempre sbagliando, s'impara e questa è la prova. Succede ogni anno, e ogni anno una famiglia deve piangere la morte di un caro che ha perso l'anno precedente, maledicendo quella festività, mentre altri seguiteranno a bere spumante, a ballare le solite canzoncine che trasmettono in televisione dopo la mezzanotte, a brindare augurandosi che il nuovo anno sia più proficuo, lamentandosi che in quello trascorso non sono diventati ricchi o che non hanno trovato l'amore e altre idiozie del genere.
L'unico auspicio che dobbiamo farci è che la mente umana cominci a evolversi, che le persone comincino a riflettere sulle idiozie che fanno e che cesseremo di contare, ogni anno, il numero dei morti e dei feriti, come se fosse una guerra e non una semplice e allegra festa.

Domenico Esposito Mito

mercoledì 22 dicembre 2010

Intervista di Domenico Esposito Mito a Giuseppe Vitale (scrittore)

Giuseppe Vitale nasce a Siracusa e ha trascorso gran parte della sua vita in Ortigia.
A diciassette anni scrive il suo primo libro, una raccolta di racconti, intitolata "Divoriidee", autopubblicata con ilmiolibro.it.
Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza al Consorzio universitario Megara Ibleo di Messina.
"Se ciò che cerchi è la storia dell'amore e dei problemi di due adolescenti sedicenni o un lacrimoso epillio su una quarantenne divorziata che si riscopre pittrice, posa subito questo libro. Potrebbe farti del male. Queste sono solo storie di ordinaria follia. Voli pindarici e pazzi sogni, forse incubi. Potrebbero cambiarti la vita. Vuoi rischiare?"così, Giuseppe Vitale, presenta la sua raccolta.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:



Ciao, Giuseppe, innanzitutto ti do il benvenuto a questa piccola intervista.

Ciao a te e saluti anche a chi legge.

Parliamo innanzitutto del titolo: cos'è "Divoriidee"? Perché hai intitolato proprio così la tua raccolta di racconti?

Perché era un periodo della mia vita, quello in cui pubblicai Divoridee, in cui amavo analizzare ogni ideale, ogni modo di vedere o di essere delle cose, per scoprirne i motivi e le cause. Quello che all’inizio era solo uno sfogo disperato, la rabbia nell’accorgermi di molti siparietti e bugie, diventò un hobby: rompere e divorare idee, aprirle come certi bambini fanno con i giocattoli meccanici, per scoprire come funzionano, come ripararli, magari, migliorarli, da necessità era diventato hobby, motivo di vita.

Come mai hai deciso di scrivere racconti anziché un romanzo?

Scrivere un romanzo che parli della mia società? Che riesca, intorno ad un solo protagonista, o a un gruppo ristretto di persone, a mostrare la poliedrica sfaccettatura del mondo? Le centinaia di tinte di grigio che esistono?
Non credo che ne sarei stato in grado, non mi sento né Bulgakov, né Gogol.


Quando hai scritto Divoriidee, avevi soltanto diciassette anni e già parlavi, in forma molto ironica, di politica e d’ideologie. Questo tuo interesse è nato da sé oppure dipende da una certa educazione, una cultura acquisita nell’ambiente in cui sei cresciuto?

Credo che praticamente nulla nasca da sé. Sono il risultato dell’educazione impartitami dai miei genitori e delle esperienze, belle brutte, che mi sono capitate. Il mio è un interesse generale per la vita, non solo per la politica, o le ideologie. In loro vedo solo qualcosa di tragicomico, un siparietto interessante per coprire le parti intime della nostra anima, per vestirci con qualcosa che ci riempie la bocca e ci fa sentire meno stupidi, meno inutili, più partecipi del mondo intorno a noi. Ma che non si pensi, neanche lontanamente, che io sia un attivista di qualche tipo. Mi occupo delle persone e del loro modo di rapportarsi con le idee, non delle idee in sé.

Cosa ne pensi, dunque, di chi dice spesso che noi giovani non c'impegniamo né c'interessiamo della politica e del sociale? E il tuo interesse fino a che punto arriva?

Cresciamo liberali e moriamo conservatori, questa è una massima che vale praticamente per chiunque, in qualunque epoca. Tutti noi ci impegniamo, a modo nostro, per cambiare il mondo, e finiamo con il cambiare i canali della televisione, fieri del nostro nuovo digitale terrestre.

Credo che i giovani s’impegnino nella politica, percentualmente, tanto quanto si impegnavano in passato, se non di più.

Spesso non ci rendiamo conto del fatto che non abbiamo realmente un peso, o un potere contrattuale e siamo convinti di poter davvero essere l’ago della bilancia in qualche occasione, anche se non sappiamo mai bene quale. Manifestiamo contro ogni riforma dell’istruzione fin dai tempi di Gentile e del regio decreto del 31 dicembre 1922, troviamo sempre il nuovo peggiore del vecchio, con l’occhio di chi non ha mai davvero capito cos’era il vecchio e non sa cos’è con precisione cos’è il nuovo, ma vuole comunque dire la sua.

Credo che i giovani si interessino, dunque, al mondo politico e sociale, mi riferisco a una certa categoria di ragazzi, diciamo gli stessi che leggono blog come questo e che hanno un minimo di cultura, quindi una netta minoranza tra i tanti. Credo anche che questi giovani si interessino con sincerità e voglia di fare ma che comunque anche la stragrande maggioranza di questo ristretto gruppo non abbia e non avrà nulla da dire. Esattamente come la loro controparte adulta.


In che modo si può acquistare "Divoridee"?

Esclusivamente online, tramite un qualunque paypal, dal link che è stato dato nella prefazione. È un libro auto-pubblicato, chiunque ne voglia una copia se la vedrà stampata personalmente e inviata a casa in un periodo pari a 2-3 giorni al più.

Per il futuro, pensi che continuerai a scrivere? Quali sono i tuoi progetti?

Ho scritto un romanzo, basato su un gioco di ruolo, Sine Requie, mi ha appassionato profondamente e penso sia uno dei miei migliori lavori. Ma i problemi riguardanti i diritti sono molti, forse troppi, quindi penso che lo utilizzerò per sostenere il tavolo del pc.

Decine di racconti sono stati accumulati in giro per il mio desktop, o in cartelle polverose. E quando sei una cartella del pc non è mica facile diventare polverosa. Magari cercherò un editore prima o poi, ma lo studio universitario incalza e il tempo per scrivere è sempre meno.

Scrivo più che altro per me e pubblico i miei nuovi racconti sul mio facebook, disponibili per chiunque voglia leggerli, ovviamente gratis.


Grazie per aver accettato l'invito, Giuseppe. Non mi resta che farti tanti in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te, rispondere a delle domande su ciò che sono fatte da qualcun altro mi aiuta molto a riflettere e a pensare.

E ovviamente voglio salutare Chiara, la mia ragazza e Claudia, l’amica che mi ha presentato al buon blogger che mi ha fatto queste domande.
Sì, sono uno di quelli che di fronte alla telecamera alza la mano, fa ciao e dice “Mamma, guardami, sono in tv!”

Ciao a tutti!



Domenico Esposito Mito

mercoledì 10 novembre 2010

Presentazione romanzo "La Città Dei Matti" a Solaro (MILANO) al Centro Libri Larizza

Sabato, 6 novembre, il giovane autore cervinarese, Domenico Esposito “Mito”, ha presentato ancora una volta il suo romanzo “La Città Dei Matti”, questa volta al Nord, al Centro Libri Larizza a Solaro (MI), per raccontare i problemi del Sud e dell’Italia in generale, approfondendo le tematiche sociali che più gli stanno a cuore e che descrive nel suo romanzo, come le emigrazioni dei meridionali al Nord e le loro difficoltà; inoltre gli incidenti sul lavoro, argomento citato spesso nello scorrere del libro.
“Mi limito però, su questo punto, a denunciare questi dati di fatto” afferma l’autore “che andrebbero approfonditi, ma per ora non mi sento ancora all’altezza di proporre magari una soluzione”...continua a leggere su "In Chiaro Scuro"

mercoledì 3 novembre 2010

Intervista di Domenico J. Esposito a Giulia Tarquini (doppiatrice italiana)

Giulia Tarquini è nata a Frascati nel 1989, ma ha sempre vissuto a Roma con la famiglia.
Ha iniziato a interessarsi al mondo del doppiaggio all'età di dodici anni. Tra i suoi primi lavori ci sono: "Star Trek Voyager" e "La promessa dell'assassino" di Cronenberg. I suoi ruoli stanno diventando sempre più importanti. Tra i suoi recenti lavori, troviamo il film "Paranormal Activity 2" in uscita nelle nostre sale da venerdì 22 Ottobre, dove presta la voce all'attrice Molly Ephraim nel ruolo di ALI.
Oltre al doppiaggio, è appassionata di letteratura: ha, infatti, completato il suo primo romanzo un anno fa e sta attualmente cercando di proporlo a diverse case editrici.
Ecco la sua pagina personale, dove potete leggere buona parte dei suoi lavori e ascoltare la sua voce nel film "L'amore secondo Dan", in cui doppia Brittany Robertson:




Tu hai esordito come doppiatrice all’età di quattordici anni. Ti va di raccontarci come hai scoperto la passione per il doppiaggio e come sei entrata a far parte di questo mondo così affascinante?

Quando ero piccola, guardavo un sacco di cartoni animati (in realtà ne vedo parecchi anche adesso hehehe). Un giorno mi chiesi: “Ma come fanno dei cartoni animati ad avere delle voci proprie?”. Iniziai così a interessarmi al mondo del doppiaggio. Avrò avuto dodici anni, forse anche meno. Guardavo la televisione e mi divertivo a capire chi era la voce di chi, per poi verificare le mie deduzioni tramite internet.
A quattordici anni decisi di conoscere concretamente quest’affascinante mondo. Grazie al fondamentale appoggio dei miei genitori, andai a visitare degli studi di doppiaggio dove mi permisero di assistere. In breve tempo riuscii a partecipare a diversi brusii e di lì il mio amore per questo lavoro andò aumentando, nonostante le diverse difficoltà, dovute alla mancanza di conoscenze e all'inesperienza.
Tutt’oggi, a distanza di più di sei anni ormai, lavoro ancora come doppiatrice e non mi sono mai pentita di aver intrapreso questa strada. Non so spiegare a parole il sentimento che mi lega a questo lavoro, ma so che è forte e sincero. Spero di continuare a provare questo stesso trasporto per molto tempo ancora.


C’è qualche tuo collega che stimi particolarmente?

Tantissimi! La prima doppiatrice che ho amato in assoluto è stata Domitilla D’amico. Ancora oggi la ammiro moltissimo, è il mio modello. Penso che sia una delle migliori doppiatrici che ci siano in piazza.

Con quale dei doppiatori scomparsi appartenenti alla “vecchia” generazione avresti voluto collaborare o almeno avresti voluto conoscere?

Ferruccio Amendola. Che voce ragazzi…

Tra le attrici o i personaggi doppiati finora, ce n’è qualcuna alla quale sei affezionata o in cui ti riconosci?

Sì, Molly Quinn, che nel telefilm “Castle - Detective tra le righe” interpreta Alexis Castle, la figlia del protagonista. Mi ci rivedo moltissimo: spigliata, seria e giudiziosa, forse anche troppo.

So che oltre a fare doppiaggio, ti piace scrivere. Qual è il genere che prediligi?


Non prediligo nessun genere in particolare. Leggo di tutto: libri gialli, rosa, fantasy, storici ma, essendo una romantica incallita, nel libro (qualunque tema tratti) deve esserci una storia d’amore, altrimenti difficilmente mi piace. È inutile dire che nel mio libro hanno un ruolo importante sia l’amore sia l’amicizia, benché possa essere collocato sotto il genere “mistery”.

È nata prima la passione per la scrittura o quella per il doppiaggio e quale delle due è più forte?

In realtà è nata prima la passione per la lettura. In seguito è venuta quella per il doppiaggio e poi quella per la scrittura. Ora come ora, amo in modo equo tutte e tre queste passioni.

Forse alla seguente domanda saprebbe rispondere meglio un direttore di doppiaggio, tuttavia, essendo del campo, ne saprai sicuramente più di noi e dei nostri lettori: molti si chiedono per quale motivo i dialoghi italiani non corrispondono a quelli originali, cambiandone completamente il senso. Sapresti fornirci qualche spiegazione?

Ci sono diverse risposte a questa domanda. Ne elencherò alcune. Prima di tutto, bisogna tenere presente che dietro ai dialoghi c’è un gran lavoro. C’è chi traduce i copioni e poi chi li adatta in italiano e questo non è affatto facile. Gli inglesi, i francesi, i tedeschi ecc… hanno un’apertura di bocca diversa dalla nostra. Se dicono “A”, noi di certo non possiamo dire “I” per intenderci. Il lavoro del dialoghista è di adattare i movimenti della bocca (quello che comunemente si chiama “Sync”) delle battute originali, con quelle in italiano. Si cerca, per quel si può, di non alterare il senso della frase, ma spesso è necessario cambiare parole (meno male che in italiano ci sono tanti sinonimi) e la loro disposizione nel dialogo. Spesso mi è capitato di trovare delle frasi che tradotte letteralmente non significavano nulla, o delle battute che per gli inglesi avevano un senso ma che per noi non ne avevano. Che si può fare in questi casi? Si deve necessariamente cambiare la battuta in modo che sia comprensibile per il nostro pubblico.

Ultima domanda: succede, a volte che, in una serie televisiva, cambiano il doppiatore di un personaggio. Quali possono essere i motivi?

Diversi. Anche in questo caso vi elencherò quelli più comuni. Come un qualunque lavoro, anche nel doppiaggio ci sono delle scadenze da rispettare e può succedere che il doppiatore di una serie si ammali o che abbia impegni più importanti o che, purtroppo, muoia. Perciò non si può far altro che sostituirlo.

Ti ringrazio per aver accettato l’invito, Giulia, in bocca al lupo per tutto. Non vediamo l’ora di leggere il tuo romanzo!

Ma magari! Speriamo che riesca a pubblicarlo!
Grazie di tutto


Domenico J. Esposito, scrittore