Niseem Onorato (Roma, 24 ottobre 1966) è un attore e doppiatore italiano.
È noto soprattutto per aver prestato voce al personaggio di Rocky Joe nell'omonimo anime e agli attori Jude Law in alcune interpretazioni, Eric Bana in Hulk e Troy, Justin Chambers nel ruolo di Alex Karev in Grey's Anatomy, Nate Richert nel ruolo di Harvey Kinkle nella serie Sabrina, vita da strega, Nicholas Brendon nel ruolo di Xander Harris in Buffy l'ammazza vampiri, il cui doppiaggio è poi passato al collega Christian Iansante, e Ian Somerhalder nel ruolo di Damon Salvatore in The Vampire Diaries e nel ruolo di Adam Knight in Smallville.
Dal 2006, sempre in Smallville, doppia Justin Hartley nel ruolo di Oliver Queen.
Ha inoltre doppiato il personaggio Sesshomaru nell'anime Inuyasha.
Tra gli attori doppiati Ewan McGregor, Mark Wahlberg, Jude Law, Chris O'Donnell, e Matthew McConaughey in EdTV.
È diventato conosciuto al grande pubblico interpretando il personaggio di Fabio Galanti nella fiction Cuori Rubati di Rai 2. Dal 2006 è la voce di Daniel Meade, personaggio del telefilm Ugly Betty.
È figlio dello storico attore e doppiatore Glauco Onorato e fratello della doppiatrice Sara Onorato. Ha cambiato il proprio nome Riccardo in Niseem nel 2000 dopo un viaggio in India.
Seguite questo link per ascoltare la sua voce nel film "Sleuth - Gli insospettabili", in cui doppia Jude Law. Nello stesso link troverete tutti i suoi lavori.
Ciao Niseem, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra breve intervista.
Ciao! Perché breve? Facciamola lunga dai! Ho tempo fino al 2012.
Una cosa che mi ha sempre incuriosito: il tuo viaggio in India. Vuoi raccontarci che cosa è successo esattamente che ti ha spinto a cambiare nome? E qual è il significato di Niseem?
Per spiegare le motivazioni che mi hanno spinto a fare questo viaggio ci vorrebbe troppo tempo, dovremmo fare un’intervista a puntate: Niseem e i viaggi in India.
Era il 2000, da poche ore era scoccata la mezzanotte del 31 Dicembre, Roma scoppiava di luci e suoni, la gente per strada a festeggiare uno dei più importanti capodanni del secolo. Improvvisamente ho sentito un richiamo per quella terra, l'India.
Ero sempre stato attratto dall'occidente, l'America in primis. Questo improvviso desiderio per l'oriente era alquanto strano.
3 giorni dopo agenzia viaggi, biglietto open sei mesi e go!
Il nome Niseem (che si pronuncia nisìm) è un nome sanyasin, mi è stato dato da un maestro indiano durante la mia permanenza lì. Il nome completo è Swami Prem Niseem e significa Amore Infinito.
Succede, a volte, che un attore debba interpretare un personaggio i cui ideali vanno contro i propri principi: che cosa accade, in quel momento, nell’animo di un attore?
È uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pure fare! È la verità, cerchiamo sempre di metterci l'anima nel lavoro che facciamo, ma rimane pure sempre un lavoro.
Parliamo adesso del doppiaggio: qual è il tuo personaggio preferito che doppi o che hai doppiato?
Va a periodi, mi affeziono spesso alle serie che doppio e ad alcuni personaggi. Ho amato molto il personaggio che doppiavo in "Queer as folk", Brian Kinney, poi quasi tutti i film di Jude Law, che doppio dal film "Existenz" di Cronenberg mi pare nel 98 o giù di li.
In questo momento mi piace molto il Damon Salvatore di "Vampire Diares". Sto aspettando con ansia la seconda serie da doppiare.
Perché, a volte, nelle serie, si cambiano i doppiatori, come ad esempio quando doppiavi Nicholas Brendon nel ruolo di Xander Harris e il doppiaggio, nelle ultime stagioni, fu passato a Christian Iansante?
Possono essere svariati i motivi che portano a un cambio di voce: artistico, economico (il più delle volte) o per disponibilità. Nel mio caso fu per questa terza opzione. Fui scelto da Rai due per interpretare una soap opera, Cuori Rubati. Mi trasferii a Torino per un paio di anni e chiusi tutte le lavorazioni di doppiaggio.
Un personaggio che avresti voluto doppiare e non hai mai doppiato.
Forse qualche personaggio di qualche cartone Disney di una volta, tipo “Biancaneve”, “La carica dei 101” o “Dunmbo”. Mi piacerebbe dire a mia figlia mentre li guarda: "questo è il tuo papà".
Un personaggio che non avresti voluto doppiare e che hai dovuto doppiare.
Nessuno, non ho mai accettato un lavoro controvoglia. Sono molto selettivo nello scegliere le società di doppiaggio con cui lavorare.
A volte si sentono lamentele da alcuni telespettatori che, dopo aver visto film o serie con i sottotitoli, scoprono che nel doppiaggio italiano i dialoghi non corrispondono a quelli originali: potresti spiegarci perché accade ciò? (es. doppiaggio originale dell’anime Death Note: “credi di raggirarmi così?”, doppiaggio italiano: “parli di tuo padre come un povero illuso”)
Oh mamma, ma davvero hanno fatto una cosa del genere?
Beh sì, capita a volte di dover cambiare, per motivi di sync o di labiali, alcune parole. Si cerca, però, di mantenere il significato originale. Molto dipende dall'abilità dell'adattatore dialogista e dal tempo che si ha a disposizione per lavorarci su. Purtroppo si va sempre più di corsa, i poveri adattatori non hanno il tempo materiale per fare bene il loro lavoro e capita di trovarsi un copione imbarazzante. Questo discorso vale in ogni settore del nostro lavoro. Anche noi in sala non abbiamo più il tempo che si aveva una volta per doppiare una serie o un film.
Ti faccio un esempio: un turno di doppiaggio dura tre ore, e in quel tempo noi doppiamo un tot di spezzoni di film. Questi spezzoni si chiamano "anelli" e possono durare da pochi secondi a qualche minuto (1/2 minuti max). In un turno di un film ora si lavorano circa 20/30 anelli. In un telefilm si arriva anche a 40/60 anelli e così via. Io con l'Attimo Fuggente ho lavorato in sala con 5/6 anelli max a turno. Pazzesco. Altri tempi, no?
Per quanto riguarda invece il cinema: in futuro reciterai in qualche film o qualche altra serie? Se sì, Quale?
No, non è previsto. Ho smesso di fare provini per film e fiction per via delle raccomandazioni. Se non hai minimo un parente che siede accanto al Papa o se non hai appoggi politici, allora non vai da nessuna parte. Ho pensato di travestirmi da donna e presentarmi una sera di queste ad Arcore, ma sono già troppo vecchio…
Altri progetti?
Il progetto “Inner Actor” mi sta prendendo molto. È una sorta di metodo di recitazione misto a meditazione che ho creato e che mi sta dando davvero molte soddisfazioni.
Abbiamo in programma diversi workshop tra Milano e Roma. Miro a far diventare questo il mio lavoro primario.
Poi c'è il lavoro di papà, che è il più bel lavoro del mondo….
Ti ringrazio per aver accettato il mio invito, Niseem. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te!
Domenico Esposito Mito
sabato 5 febbraio 2011
venerdì 4 febbraio 2011
Intervista a Davide Falossi (scrittore e fotograto naturalista)
Davide Falossi è nato nel 1966 a Torino ed è un fotografo naturalista. Le indimenticabili passeggiate nei boschi con il padre e la figura del nonno, guardiacaccia proprio nei boschi intorno a Torino, sicuramente hanno contribuito a far nascere la sua grande passione nei confronti della natura e degli animali che ha catturato nelle sue splendide foto.
"Urla ancestrali" è il suo primo romanzo.
Potrete leggere l’anteprima seguendo questo link
Ciao, Davide, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra intervista
Ciao Domenico grazie per l’interessamento al mio romanzo. Come sai Martedì 22-Febbraio ci sarà la presentazione ufficiale a Milano e questa può essere sicuramente un’anticipazione per i lettori.
La prima domanda che voglio farti è poco originale, ma per chi ha scritto il primo libro, penso sia opportuno spiegarlo: da dove è nata l’idea di questo romanzo?
L’idea di scrivere è stata, più che un’idea, una necessità. La necessità di esprimere qualcosa che dentro di me urla e che credo faccia parte di ogni essere vivente; la vita, la forza indomabile che in ognuno di noi è presente e fa si che lottiamo per essa in ogni momento. Ho cercato quindi di rappresentare tutto questo per mezzo di una storia avvincente che ovviamente doveva essere legata alla natura. In realtà non avevo idea di quanto avrei scritto, essendo la prima volta che mi cimentavo in una simile impresa. Poi però, ho iniziato a rendermi conto e a sperimentare un fenomeno imprevisto. Man mano che scrivevo e gli eventi si formavano, questi si materializzavano nella mia mente e, come se stessi sognando, mi trovavo calato in essi. A questo punto la storia andava avanti da sola ed io stesso non sapevo dove e come sarebbero finite le varie vicende. Le uniche certezze erano i punti cardine che mi ero prefissato e il messaggio che volevo dare.
Nel tuo romanzo racconti di un forte legame tra uomo e lupo. Secondo te, dunque, è possibile stabilire un rapporto tra uomo e animali come il lupo che tutti gli umani hanno sempre temuto e ritenuto pericoloso?
Il rapporto tra il protagonista umano e quello animale che racconto nel libro è in realtà qualcosa di anomalo e abbastanza innaturale. Non è impossibile, infatti non sono poche le persone che per vari motivi sono venute a contatto con quest’animale ed hanno stabilito un rapporto di amicizia. Non dimentichiamoci che il “miglior amico dell’uomo” il cane, deriva dal lupo. Tuttavia non è la miglior cosa che possa succedere al lupo, perché ogni animale selvatico viene sempre snaturato dall’addomesticamento o dal contatto troppo ravvicinato con l’uomo. È proprio qui che entra in causa la natura; la natura del lupo, che pur essendo costretta dall’uomo, prima o poi deve esplodere e palesarsi proprio all’uomo che aveva imparato a conoscere. Quanto alla pericolosità del lupo, questo è uno dei tanti pregiudizi che l’uomo ha nei confronti di questo meraviglioso animale. Ma qui entra in ballo l’altro messaggio che intendevo dare con questo romanzo. Il lupo in quasi tutte le società è sempre stato considerato in maniera negativa, simbolo del male, protagonista di favole in cui innocenti bambini o nonnine venivano divorati, infido, bugiardo, stupido, cattivo, vigliacco. Perché? Te lo sei mai chiesto? Io sì, me lo sono chiesto e sono arrivato a una conclusione che in parte faccio raccontare da Philipp ai figli e in parte faccio intuire, spero in maniera chiara. Una cosa però voglio dirti, tutti gli aggettivi di cui ho parlato prima, sono epiteti riconducibili alla specie umana. Ma chi lo sa quanto un lupo possa essere stupido, certamente non è intelligente quanto un uomo, o cattivo o vigliacco? Bene io dico questo, nel cervello di un lupo non può esserci vigliaccheria o bugiarderia o cattiveria, questo perché il suo encefalo per quanto evoluto non è sufficientemente sviluppato per consentirgli di attuare comportamenti che sono invece esclusività del genere umano. Allora perché proprio al lupo attribuiamo queste caratteristiche negative? E perché invece gli indiani d’America lo vedevano come un animale eccezionale e degno del massimo rispetto e cercavano sempre di imitarlo nella caccia e nella vita? La mia spiegazione di questo io la do nel romanzo e credo che chi vorrà la troverà
Il rapporto tra Clara e Philipp è analogo o differente a quello tra te e tua moglie? Quanto?
Io ho un rapporto bellissimo con mia moglie, così come il protagonista del romanzo. Certo, alcune cose sono puramente inventate ma, come in loro due, credo che il segreto di ogni buon rapporto sia di evitare di prevaricare l’uno sull’altro e decidere sempre insieme tutto.
Leggendo il tuo libro, si percepisce il tuo forte desiderio di imbatterti in un lupo europeo, per fotografarlo e quello ancora più forte ma, suppongo difficile, addirittura di stabilire un rapporto con esso: come mai questo desiderio e perché, tra tanti animali, proprio il lupo?
Il lupo, e questo te lo potrà confermare la maggior parte dei fotografi naturalisti, è un animale mitico per noi perché incarna in se tante doti di bellezza,fierezza, imprendibilità e difficoltà. Poi credo che il fotografo naturalista, proprio perché amante della natura e sensibilizzato verso di essa, percepisca nel lupo una certa vicinanza di emozioni. Ma questo riguarda quello di cui parlavo prima e preferirei che i lettori lo scoprissero da soli, anche perché si tratta di un mio pensiero, ma non è qualcosa di scientificamente provato.
Una cosa che non è stata precisata nel romanzo: in quale nazione ci troviamo e come mai non hai voluto menzionare il nome?
Non era importante per me specificare dove si svolgessero i fatti, questo per ribadire il concetto che è una storia che potrebbe succedere ovunque vivano dei lupi ovviamente e non conta tanto sapere in quale città o quale foresta, quello che conta è la foresta e la natura. Comunque dai nomi e da alcuni altri particolari si evince che in linea di massima siamo in Europa e probabilmente in Germania o Austria.
Hai mai fotografato un'altra specie di lupo?
Non ho mai avuto la fortuna di incontrarne uno in libertà, ma non si sa mai e credo che se un giorno avverrà, quello sarà un momento magico e indimenticabile anche se non l’unico tra quelli che ho vissuto nella natura.
Perché è così difficile fotografare un lupo europeo, oltre al fatto che è una specie rara?
Beh, la maggior difficoltà sta proprio nel fatto che da noi in Italia è un animale così raro che fino a qualche anno fa poteva essere considerato estinto. Poi c’è da dire che il lupo è un animale molto mobile, percorre centinaia di chilometri al giorno e non è così facile come con altre specie , appostarsi e aspettare che arrivi. Oltretutto, proprio a causa dei nostri pregiudizi, viene cacciato e ucciso indiscriminatamente e quindi la sua diffidenza nei nostri confronti è massima.
Immagino, dunque, che occorra molta prudenza per fotografare animali del genere: quali sono le difficoltà di un fotografo naturalista e quali consigli daresti ai tuoi colleghi, magari non ancora esperti, per fotografare questi tipi di animali, per non correre rischi?
Per quanto riguarda il lupo, non vi è alcun problema, infatti quest’animale non attacca l’uomo se non in casi veramente eccezionali. Nel nostro Paese non succede. Io per ora mi sono dedicato unicamente alla fauna del nostro paese o comunque in Europa, quindi non ho esperienza per quanto riguarda le specie pericolose. Credo comunque che in quei casi il modo migliore di fotografare sia da una jeep o un osservatorio protetto, però ripeto non ho esperienza e non voglio dire cose inesatte.
Ti faccio un’ultima domanda: hai intenzione di scrivere altri libri in futuro?
Sì, questa esperienza mi ha galvanizzato, perché il vivere storie così fantastiche, in maniera così intensa, non è cosa da poco e quindi sto scrivendo un nuovo romanzo che sarà però completamente diverso dal primo. Si tratta di una storia molto movimentata e intricata che sarà caratterizzata da un forte alone di mistero. Da come sta andando credo anche che sarà parecchio più lungo del primo, ma spero che i lettori lo troveranno altrettanto avvincente.
Io come lettore, mi sono affezionato al lupo Banshee, come penso che accadrà a tutti gli altri tuoi lettori, quindi non mi sembra il caso di dire “in bocca al lupo”, nessuno vuole che Banshee crepi, allora mi limiterò a dire: Buona fortuna per tutto e grazie per aver accettato il mio invito!
Sono io che ringrazio te per avermi dato quest’opportunità che per noi scrittori esordienti un po’ nascosti nell’underground, anzi nel “sottobosco” della letteratura, è molto importante.
Domenico Esposito Mito
Leggi la mia recensione su Sololibri.net
"Urla ancestrali" è il suo primo romanzo.
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Ciao, Davide, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra intervista
Ciao Domenico grazie per l’interessamento al mio romanzo. Come sai Martedì 22-Febbraio ci sarà la presentazione ufficiale a Milano e questa può essere sicuramente un’anticipazione per i lettori.
La prima domanda che voglio farti è poco originale, ma per chi ha scritto il primo libro, penso sia opportuno spiegarlo: da dove è nata l’idea di questo romanzo?
L’idea di scrivere è stata, più che un’idea, una necessità. La necessità di esprimere qualcosa che dentro di me urla e che credo faccia parte di ogni essere vivente; la vita, la forza indomabile che in ognuno di noi è presente e fa si che lottiamo per essa in ogni momento. Ho cercato quindi di rappresentare tutto questo per mezzo di una storia avvincente che ovviamente doveva essere legata alla natura. In realtà non avevo idea di quanto avrei scritto, essendo la prima volta che mi cimentavo in una simile impresa. Poi però, ho iniziato a rendermi conto e a sperimentare un fenomeno imprevisto. Man mano che scrivevo e gli eventi si formavano, questi si materializzavano nella mia mente e, come se stessi sognando, mi trovavo calato in essi. A questo punto la storia andava avanti da sola ed io stesso non sapevo dove e come sarebbero finite le varie vicende. Le uniche certezze erano i punti cardine che mi ero prefissato e il messaggio che volevo dare.
Nel tuo romanzo racconti di un forte legame tra uomo e lupo. Secondo te, dunque, è possibile stabilire un rapporto tra uomo e animali come il lupo che tutti gli umani hanno sempre temuto e ritenuto pericoloso?
Il rapporto tra il protagonista umano e quello animale che racconto nel libro è in realtà qualcosa di anomalo e abbastanza innaturale. Non è impossibile, infatti non sono poche le persone che per vari motivi sono venute a contatto con quest’animale ed hanno stabilito un rapporto di amicizia. Non dimentichiamoci che il “miglior amico dell’uomo” il cane, deriva dal lupo. Tuttavia non è la miglior cosa che possa succedere al lupo, perché ogni animale selvatico viene sempre snaturato dall’addomesticamento o dal contatto troppo ravvicinato con l’uomo. È proprio qui che entra in causa la natura; la natura del lupo, che pur essendo costretta dall’uomo, prima o poi deve esplodere e palesarsi proprio all’uomo che aveva imparato a conoscere. Quanto alla pericolosità del lupo, questo è uno dei tanti pregiudizi che l’uomo ha nei confronti di questo meraviglioso animale. Ma qui entra in ballo l’altro messaggio che intendevo dare con questo romanzo. Il lupo in quasi tutte le società è sempre stato considerato in maniera negativa, simbolo del male, protagonista di favole in cui innocenti bambini o nonnine venivano divorati, infido, bugiardo, stupido, cattivo, vigliacco. Perché? Te lo sei mai chiesto? Io sì, me lo sono chiesto e sono arrivato a una conclusione che in parte faccio raccontare da Philipp ai figli e in parte faccio intuire, spero in maniera chiara. Una cosa però voglio dirti, tutti gli aggettivi di cui ho parlato prima, sono epiteti riconducibili alla specie umana. Ma chi lo sa quanto un lupo possa essere stupido, certamente non è intelligente quanto un uomo, o cattivo o vigliacco? Bene io dico questo, nel cervello di un lupo non può esserci vigliaccheria o bugiarderia o cattiveria, questo perché il suo encefalo per quanto evoluto non è sufficientemente sviluppato per consentirgli di attuare comportamenti che sono invece esclusività del genere umano. Allora perché proprio al lupo attribuiamo queste caratteristiche negative? E perché invece gli indiani d’America lo vedevano come un animale eccezionale e degno del massimo rispetto e cercavano sempre di imitarlo nella caccia e nella vita? La mia spiegazione di questo io la do nel romanzo e credo che chi vorrà la troverà
Il rapporto tra Clara e Philipp è analogo o differente a quello tra te e tua moglie? Quanto?
Io ho un rapporto bellissimo con mia moglie, così come il protagonista del romanzo. Certo, alcune cose sono puramente inventate ma, come in loro due, credo che il segreto di ogni buon rapporto sia di evitare di prevaricare l’uno sull’altro e decidere sempre insieme tutto.
Leggendo il tuo libro, si percepisce il tuo forte desiderio di imbatterti in un lupo europeo, per fotografarlo e quello ancora più forte ma, suppongo difficile, addirittura di stabilire un rapporto con esso: come mai questo desiderio e perché, tra tanti animali, proprio il lupo?
Il lupo, e questo te lo potrà confermare la maggior parte dei fotografi naturalisti, è un animale mitico per noi perché incarna in se tante doti di bellezza,fierezza, imprendibilità e difficoltà. Poi credo che il fotografo naturalista, proprio perché amante della natura e sensibilizzato verso di essa, percepisca nel lupo una certa vicinanza di emozioni. Ma questo riguarda quello di cui parlavo prima e preferirei che i lettori lo scoprissero da soli, anche perché si tratta di un mio pensiero, ma non è qualcosa di scientificamente provato.
Una cosa che non è stata precisata nel romanzo: in quale nazione ci troviamo e come mai non hai voluto menzionare il nome?
Non era importante per me specificare dove si svolgessero i fatti, questo per ribadire il concetto che è una storia che potrebbe succedere ovunque vivano dei lupi ovviamente e non conta tanto sapere in quale città o quale foresta, quello che conta è la foresta e la natura. Comunque dai nomi e da alcuni altri particolari si evince che in linea di massima siamo in Europa e probabilmente in Germania o Austria.
Hai mai fotografato un'altra specie di lupo?
Non ho mai avuto la fortuna di incontrarne uno in libertà, ma non si sa mai e credo che se un giorno avverrà, quello sarà un momento magico e indimenticabile anche se non l’unico tra quelli che ho vissuto nella natura.
Perché è così difficile fotografare un lupo europeo, oltre al fatto che è una specie rara?
Beh, la maggior difficoltà sta proprio nel fatto che da noi in Italia è un animale così raro che fino a qualche anno fa poteva essere considerato estinto. Poi c’è da dire che il lupo è un animale molto mobile, percorre centinaia di chilometri al giorno e non è così facile come con altre specie , appostarsi e aspettare che arrivi. Oltretutto, proprio a causa dei nostri pregiudizi, viene cacciato e ucciso indiscriminatamente e quindi la sua diffidenza nei nostri confronti è massima.
Immagino, dunque, che occorra molta prudenza per fotografare animali del genere: quali sono le difficoltà di un fotografo naturalista e quali consigli daresti ai tuoi colleghi, magari non ancora esperti, per fotografare questi tipi di animali, per non correre rischi?
Per quanto riguarda il lupo, non vi è alcun problema, infatti quest’animale non attacca l’uomo se non in casi veramente eccezionali. Nel nostro Paese non succede. Io per ora mi sono dedicato unicamente alla fauna del nostro paese o comunque in Europa, quindi non ho esperienza per quanto riguarda le specie pericolose. Credo comunque che in quei casi il modo migliore di fotografare sia da una jeep o un osservatorio protetto, però ripeto non ho esperienza e non voglio dire cose inesatte.
Ti faccio un’ultima domanda: hai intenzione di scrivere altri libri in futuro?
Sì, questa esperienza mi ha galvanizzato, perché il vivere storie così fantastiche, in maniera così intensa, non è cosa da poco e quindi sto scrivendo un nuovo romanzo che sarà però completamente diverso dal primo. Si tratta di una storia molto movimentata e intricata che sarà caratterizzata da un forte alone di mistero. Da come sta andando credo anche che sarà parecchio più lungo del primo, ma spero che i lettori lo troveranno altrettanto avvincente.
Io come lettore, mi sono affezionato al lupo Banshee, come penso che accadrà a tutti gli altri tuoi lettori, quindi non mi sembra il caso di dire “in bocca al lupo”, nessuno vuole che Banshee crepi, allora mi limiterò a dire: Buona fortuna per tutto e grazie per aver accettato il mio invito!
Sono io che ringrazio te per avermi dato quest’opportunità che per noi scrittori esordienti un po’ nascosti nell’underground, anzi nel “sottobosco” della letteratura, è molto importante.
Domenico Esposito Mito
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lunedì 17 gennaio 2011
Intervista a Sara Orlacchio (cantante e docente di musica) di Domenico Esposito Mito
Sara Orlacchio è una cantante e docente di Musica (Specializzata in tecnica vocale) nata a Benevento nel 1988 e vive a Montesarchio (BN), dove si è diplomata presso il Liceo Scientifico “E. Fermi”. Diplomata inoltre in Canto presso il Conservatorio di Musica Statale “N. Sala” di Benevento sotto la guida del M° Diego D’Auria.
Avviata agli studi della tecnica del canto e del pianoforte a soli 14 anni, a 16 anni diventa vocalist di un gruppo di under 18, i “Solo 61”, con il quale intraprende un’intensa attività concertistica e partecipa al ROXY BAR di RED RONNIE nel 2005.
Partecipa a numerosi concorsi, come cantante solista, tra i quali, il SOLAROLO SONG FESTIVAL organizzato da Fabrizio Pausini (padre della celebre cantante Laura Pausini) in provincia di Ravenna nell’anno 2006.
Vince il BENGIO FESTIVAL (categoria italiani) edizione 2006.
Nel 2008 si aggiudica il Secondo Premio del 13° Concorso Nazionale CAMPI FLEGREI.
Nel luglio 2008 ha cantato “Il Filosofo di campagna”, dramma giocoso, in tre atti di B.Galuppi, nel ruolo di Lesbina per l’Associazione Musicale di Piero Monaci “Atena Opera Festival”.
Attualmente svolge consulenza didattica presso Associazioni Musicali Culturali e Scuole di Musica e per Scuole Statali.
clicca qui, per ascoltare la sua canzone
Ciao, Sara, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra piccola intervista.
Ciao, per me è un piacere, colgo l’occasione per ringraziarti.
Raccontaci innanzitutto dei tuoi esordi e del tuo primo approccio con la musica che, come vediamo, è iniziato quando avevi quattordici anni.
In realtà il mio primo incontro con la musica è avvenuto molto tempo prima: mia sorella studiava il piano da bambina e questo è stato il primo impulso. Ho cominciato, passo dopo passo, a suonare il piano, fino a quando, a quattordici anni, ho deciso di studiare seriamente, ma prima di questo, ascoltavo e tentavo di riprodurre da autodidatta.
Per quanto riguarda il canto, che è la mia professione, ho sempre cantato, in qualsiasi occasione.
È uno dei ricordi più chiari della mia infanzia. In casa lo facevo per puro divertimento; alle recite scolastiche, io cantavo tutto il tempo e già da piccolissima tentavo di catturare lo stile, la tecnica e gli atteggiamenti musicali dagli artisti che m’interessavano. Quando ho iniziato a seguire la mia prima insegnante di canto, ho percepito fin da subito che quello sarebbe stato il mio lavoro, poiché non c’era altro che io amassi fare più che cantare. Si è trattato quindi di un approccio molto spontaneo, che non mi ha procurato alcun tipo di problemi nell’apprendimento perché, per me, era la cosa più naturale possibile, così come l’approccio con il pubblico.
Il palcoscenico mi hanno sempre fatto sentire a casa, mi sono sempre sentita a mio agio.
Il segreto per un’artista per “essere comodo” in scena è di cimentarsi in quello che più gli è consono e quello che più gli piace, in modo tale da farlo con professionalità e offrire al pubblico un prodotto del quale egli stesso è convinto.
Vuoi dirci chi sono gli autori e i compositori delle tue canzoni?
Per quanto concerne le mie canzoni, devo ringraziare in primis Angelo Cioffi per aver scritto per me delle melodie che calzavano perfettamente a quello che è il mio stile vocale e per avermi aiutato nel dare forma a quelle che erano le mie idee e poi Nicola Dragotto, che ha scritto dei testi meravigliosi.
Cosa ti piace dell’ambiente musicale e quali sono le difficoltà che deve affrontare una giovane cantante della tua età durante tutto il suo percorso artistico?
La cosa più importante del far parte dell’ambiente musicale è la possibilità di stare in contatto con persone che condividono i tuoi stessi interessi e, nella maggior parte dei casi, i tuoi stessi problemi; inoltre si ha l’occasione di passare la maggior parte del tempo occupandosi di qualcosa che t’interessa davvero e, anche quando teoricamente stai lavorando, impieghi tutto il tempo facendo quello che realmente ti piace. Il lavoro quindi diventa un momento di gioco, quasi di divertimento, e questa è la maniera migliore di svolgere questa professione, perché solo in questo modo si possono trasmettere emozioni vere al pubblico.
Le difficoltà di questo percorso sono molteplici. Penso che la più grande sia uniformarsi agli standard che gli addetti ai lavori richiedono, soprattutto per quanto riguarda la musica classica: si necessita di particolari elementi dai quali non si può prescindere.
A proposito, tu che sei anche una docente di musica, vuoi parlarci adesso delle cose che ti piacciono invece di questo tuo lavoro e di quelle che magari non ti piacciono?
È semplice: è meraviglioso lasciare in eredità agli altri il tuo sapere, “conditio sine qua non” è la presenza dinanzi a te di una persona che ti stimoli continuamente affinché il “download d’informazioni” non s’interrompa. È appassionante insegnare a chi è motivato, a chi ha talento, a chi sogna questa professione; è riduttivo e talvolta frustrante dover trattare, semplicemente perché è il tuo lavoro, con allievi ai quali non interessa quello che studiano ma pensano sia un mero momento ludico.
Che cosa consigli, quindi, ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa strada? Intendo come cantante o musicista.
Consiglio semplicemente tanto studio e tanta tenacia: lo studio perché la formazione di un cantante è quella che ti consente, non solo di poter svolgere questo lavoro da vero professionista, ma anche quello che ti consente di svolgerlo a lungo. Infatti, prima che di personalità, musicalità e talento, un cantante richiede salute, ovviamente intesa come salute vocale; tenacia perché questo è un percorso nel quale si può spesso entrare in periodi di “crisi artistica” che t’inducono a pensare che quella sia la fine della tua carriera quando, in realtà, non è così. Si tratta semplicemente di momenti che di solito precedono un’evoluzione artistica molto forte. C’è bisogno quindi di lavoro e di pazienza.
Ci sono in programma delle date in cui il tuo pubblico potrà assistere ai tuoi live? Se sì, puoi comunicarcele?
In questo momento no, perché dopo il mio diploma in canto lirico, che ho conseguito pochi mesi fa, ho abbandonato questo tipo di attività per tentare la carriera teatrale, nel prossimo futuro non so.
Parlaci allora dei tuoi progetti.
Come accennavo, le mie prospettive per il futuro sono volte alla carriera teatrale, in questo periodo sto lavorando per questo. In ogni caso, quello che spero è che ciò che faccio continui sempre a rendermi così felice come mi rende oggi. È la passione che ci spinge ad avere progetti e a operare per realizzarli, spero che questa passione non venga mai meno: per questo cerco di alimentarla ogni giorno attraverso nuovi traguardi da raggiungere, nuove soluzioni, “nuovi colori” e nuove emozioni da sperimentare.
Ti ringrazio per aver accettato il mio invito, Sara. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te, è stato un onore e … crepi il lupo!
Domenico Esposito Mito
Avviata agli studi della tecnica del canto e del pianoforte a soli 14 anni, a 16 anni diventa vocalist di un gruppo di under 18, i “Solo 61”, con il quale intraprende un’intensa attività concertistica e partecipa al ROXY BAR di RED RONNIE nel 2005.
Partecipa a numerosi concorsi, come cantante solista, tra i quali, il SOLAROLO SONG FESTIVAL organizzato da Fabrizio Pausini (padre della celebre cantante Laura Pausini) in provincia di Ravenna nell’anno 2006.
Vince il BENGIO FESTIVAL (categoria italiani) edizione 2006.
Nel 2008 si aggiudica il Secondo Premio del 13° Concorso Nazionale CAMPI FLEGREI.
Nel luglio 2008 ha cantato “Il Filosofo di campagna”, dramma giocoso, in tre atti di B.Galuppi, nel ruolo di Lesbina per l’Associazione Musicale di Piero Monaci “Atena Opera Festival”.
Attualmente svolge consulenza didattica presso Associazioni Musicali Culturali e Scuole di Musica e per Scuole Statali.
clicca qui, per ascoltare la sua canzone
Ciao, Sara, innanzitutto ti do il benvenuto a questa nostra piccola intervista.
Ciao, per me è un piacere, colgo l’occasione per ringraziarti.
Raccontaci innanzitutto dei tuoi esordi e del tuo primo approccio con la musica che, come vediamo, è iniziato quando avevi quattordici anni.
In realtà il mio primo incontro con la musica è avvenuto molto tempo prima: mia sorella studiava il piano da bambina e questo è stato il primo impulso. Ho cominciato, passo dopo passo, a suonare il piano, fino a quando, a quattordici anni, ho deciso di studiare seriamente, ma prima di questo, ascoltavo e tentavo di riprodurre da autodidatta.
Per quanto riguarda il canto, che è la mia professione, ho sempre cantato, in qualsiasi occasione.
È uno dei ricordi più chiari della mia infanzia. In casa lo facevo per puro divertimento; alle recite scolastiche, io cantavo tutto il tempo e già da piccolissima tentavo di catturare lo stile, la tecnica e gli atteggiamenti musicali dagli artisti che m’interessavano. Quando ho iniziato a seguire la mia prima insegnante di canto, ho percepito fin da subito che quello sarebbe stato il mio lavoro, poiché non c’era altro che io amassi fare più che cantare. Si è trattato quindi di un approccio molto spontaneo, che non mi ha procurato alcun tipo di problemi nell’apprendimento perché, per me, era la cosa più naturale possibile, così come l’approccio con il pubblico.
Il palcoscenico mi hanno sempre fatto sentire a casa, mi sono sempre sentita a mio agio.
Il segreto per un’artista per “essere comodo” in scena è di cimentarsi in quello che più gli è consono e quello che più gli piace, in modo tale da farlo con professionalità e offrire al pubblico un prodotto del quale egli stesso è convinto.
Vuoi dirci chi sono gli autori e i compositori delle tue canzoni?
Per quanto concerne le mie canzoni, devo ringraziare in primis Angelo Cioffi per aver scritto per me delle melodie che calzavano perfettamente a quello che è il mio stile vocale e per avermi aiutato nel dare forma a quelle che erano le mie idee e poi Nicola Dragotto, che ha scritto dei testi meravigliosi.
Cosa ti piace dell’ambiente musicale e quali sono le difficoltà che deve affrontare una giovane cantante della tua età durante tutto il suo percorso artistico?
La cosa più importante del far parte dell’ambiente musicale è la possibilità di stare in contatto con persone che condividono i tuoi stessi interessi e, nella maggior parte dei casi, i tuoi stessi problemi; inoltre si ha l’occasione di passare la maggior parte del tempo occupandosi di qualcosa che t’interessa davvero e, anche quando teoricamente stai lavorando, impieghi tutto il tempo facendo quello che realmente ti piace. Il lavoro quindi diventa un momento di gioco, quasi di divertimento, e questa è la maniera migliore di svolgere questa professione, perché solo in questo modo si possono trasmettere emozioni vere al pubblico.
Le difficoltà di questo percorso sono molteplici. Penso che la più grande sia uniformarsi agli standard che gli addetti ai lavori richiedono, soprattutto per quanto riguarda la musica classica: si necessita di particolari elementi dai quali non si può prescindere.
A proposito, tu che sei anche una docente di musica, vuoi parlarci adesso delle cose che ti piacciono invece di questo tuo lavoro e di quelle che magari non ti piacciono?
È semplice: è meraviglioso lasciare in eredità agli altri il tuo sapere, “conditio sine qua non” è la presenza dinanzi a te di una persona che ti stimoli continuamente affinché il “download d’informazioni” non s’interrompa. È appassionante insegnare a chi è motivato, a chi ha talento, a chi sogna questa professione; è riduttivo e talvolta frustrante dover trattare, semplicemente perché è il tuo lavoro, con allievi ai quali non interessa quello che studiano ma pensano sia un mero momento ludico.
Che cosa consigli, quindi, ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa strada? Intendo come cantante o musicista.
Consiglio semplicemente tanto studio e tanta tenacia: lo studio perché la formazione di un cantante è quella che ti consente, non solo di poter svolgere questo lavoro da vero professionista, ma anche quello che ti consente di svolgerlo a lungo. Infatti, prima che di personalità, musicalità e talento, un cantante richiede salute, ovviamente intesa come salute vocale; tenacia perché questo è un percorso nel quale si può spesso entrare in periodi di “crisi artistica” che t’inducono a pensare che quella sia la fine della tua carriera quando, in realtà, non è così. Si tratta semplicemente di momenti che di solito precedono un’evoluzione artistica molto forte. C’è bisogno quindi di lavoro e di pazienza.
Ci sono in programma delle date in cui il tuo pubblico potrà assistere ai tuoi live? Se sì, puoi comunicarcele?
In questo momento no, perché dopo il mio diploma in canto lirico, che ho conseguito pochi mesi fa, ho abbandonato questo tipo di attività per tentare la carriera teatrale, nel prossimo futuro non so.
Parlaci allora dei tuoi progetti.
Come accennavo, le mie prospettive per il futuro sono volte alla carriera teatrale, in questo periodo sto lavorando per questo. In ogni caso, quello che spero è che ciò che faccio continui sempre a rendermi così felice come mi rende oggi. È la passione che ci spinge ad avere progetti e a operare per realizzarli, spero che questa passione non venga mai meno: per questo cerco di alimentarla ogni giorno attraverso nuovi traguardi da raggiungere, nuove soluzioni, “nuovi colori” e nuove emozioni da sperimentare.
Ti ringrazio per aver accettato il mio invito, Sara. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te, è stato un onore e … crepi il lupo!
Domenico Esposito Mito
lunedì 10 gennaio 2011
Intervista a Serena Stanzani (scrittrice e cantante di Agrigento)
Serena Stanzani nasce nel 1993 ad Agrigento ed è un'artista poliedrica. Si dice ispirata da tutte le multiformi espressioni dell'arte, con una particolare predilezione per la scrittura e per il canto. In questo campo dobbiamo segnalare la vittoria di Serena al Cantagiro e la finale raggiunta, grazie sempre alla sua voce, al premio Mia Martini.
“I am in Wonderland” è il suo debutto letterario, pubblicato da poco dalla Casa Editrice “Edizioni La Gru” di Padova.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:
Ciao, Serena, innanzitutto benvenuta a questa nostra piccola intervista.
Ciao Domenico, grazie mille, è un piacere per me.
Serena, tu a soli diciassette anni, hai scritto il tuo primo libro. Raccontaci com’è nata l’idea di scriverlo.
L’idea è nata dalla volontà di raccogliere tutte le mie note per far si che queste non fossero perse o dimenticate. Di conseguenza è subentrata l’idea di scrivere un libro. A tal proposito, il mio perpetuo ringraziamento va alla Casa Editrice “Edizioni la Gru” di Padova, per aver creduto nel mio lavoro e per l’impegno, la professionalità e la passione che ha dedicato e continua a dedicare al percorso del libro.
Come mai hai scelto un titolo in inglese anziché in italiano? Spiegaci perché lo hai intitolato così e parlaci, per sommi capi, di questo libro e gli argomenti trattati.
“I am in Wonderland – pensieri e parole” è un libro agevole che si rivolge tanto al mondo adolescenziale quanto a quello adulto. È una raccolta di riflessioni e di aforismi che presenta i caratteri fisionomici di un diario universale. Ho intitolato il libro “I am in Wonderland” perché rappresenta una finestra sullo stato emotivo di un’adolescente. Quasi uno specchio sul subconscio di una ragazza che vive la vita perdendosi in essa e analizzandone i significati più essenziali e soprattutto sostanziali. La traduzione di “I am in Wonderland” è “Io sono nel Paese delle Meraviglie”. La scelta dell’utilizzo della lingua inglese è motivata: nelle mie intenzioni “Wonderland” non ha espliciti collegamenti con il “Paese delle Meraviglie” della nota Alice, bensì è un mondo buffo, confuso e colmo di contraddizioni. Un mondo super colorato, un mondo a testa in giù, un mondo dominato dal caos. Rappresenta un buco nero e al contempo è il motore e generatore dei pensieri e delle cose. Il confine tra ciò che esiste e ciò che rendiamo esistente.
Tu sei anche una cantante. Vuoi raccontarci com’è nata la tua passione per la musica e come hai esordito in questo campo?
Quando parlo della musica, non parlo mai di una passione ma di un mio modo di essere. La musica, secondo me, non può essere considerata "un accessorio di convenienza" a cui spetta il ruolo di completare la vita di una persona. È qualcosa di intimamente compenetrato all'essenza di un individuo: qualcosa che non si può negare o ripudiare per scelta. Canto da sempre ma la mia prima vera esibizione è avvenuta in occasione di una recita scolastica all’età di otto anni. Per gioco ho provato ad abbracciare questa nuova esperienza, gettata sul palco dall’entusiasmo delle mie persone care. Non sono ancora scesa!
È nata prima la passione per la musica o prima quella per la scrittura?
Scrivo da sempre. Ricordo bene, quando, negli anni della mia primissima infanzia, ancora incapace di leggere e scrivere, dettavo tutto quello che mi passava per la testa a mia sorella. Da piccola mi ha tenuto compagnia anche un vecchio registratore.
Chi sono i tuoi modelli nella musica?
Penso di non avere dei modelli definiti: amo tutto ciò che è musica e nella scelta dei brani da interpretare non tengo in considerazione gli interpreti originali bensì lo stile musicale del pezzo, prediligendo il pop-melodico moderno, italiano e straniero.
E nella scrittura?
Mi piacciono molto Alessandro Baricco, Alda Merini e Paulo Coelho e sono, inoltre, innamorata della letteratura inglese.
Per adesso fai cover, ma hai mai scritto qualche testo da poter cantare in futuro?
Già da un anno gira in rete il mio videoclip del brano inedito “Dire Sempre o Dire Mai” scritto per me da Stefania e Carmelo Labate (attuale chitarrista e arrangiatore di Ivana Spagna), già finalista al Festival “Premio Mia Martini” nell’anno 2009 e vincitore a “Il Cantagiro” nell’anno 2010 (sezione videoclip). Sono stata, inoltre, tra i papabili di “Sanremo giovani” 2011 con il brano “Il Tempo” del M° Vincenzo Capasso e G. Bonasia. Recentemente ho scritto un testo che verrà al più presto musicato.
A proposito del futuro: che progetti hai sia nell’ambito della scrittura sia in quello della musica?
Diciamo “work in progress”. Per il momento studio e mi limito a godere di “queste giornate di sole”. Ho molti progetti, tutti da costruire e spero da realizzare presto! Incrociamo le dita!
Infine, come si può acquistare il tuo libro?
"I am in Wonderland, pensieri e parole" (Edizioni La Gru, € 9,50 - Codice ISBN 9788897092025) è disponibile ad Agrigento presso la Libreria “Deleo” (Via XXV Aprile,210 - Tel. 0922.20708 - Email: libreriadeleo@alice.it ) e a Favara presso la libreria “Il Papiro” (V.le Pietro Nenni 130 – Email: papiroeditore@libero.it ). Il libro può essere ordinato anche sul sito www.edizionilagru.com e vi verrà spedito senza spese aggiuntive.
Grazie mille per aver accettato il mio invito, Serena. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te! Crepi il lupo!
Domenico Esposito Mito
“I am in Wonderland” è il suo debutto letterario, pubblicato da poco dalla Casa Editrice “Edizioni La Gru” di Padova.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:
Ciao, Serena, innanzitutto benvenuta a questa nostra piccola intervista.
Ciao Domenico, grazie mille, è un piacere per me.
Serena, tu a soli diciassette anni, hai scritto il tuo primo libro. Raccontaci com’è nata l’idea di scriverlo.
L’idea è nata dalla volontà di raccogliere tutte le mie note per far si che queste non fossero perse o dimenticate. Di conseguenza è subentrata l’idea di scrivere un libro. A tal proposito, il mio perpetuo ringraziamento va alla Casa Editrice “Edizioni la Gru” di Padova, per aver creduto nel mio lavoro e per l’impegno, la professionalità e la passione che ha dedicato e continua a dedicare al percorso del libro.
Come mai hai scelto un titolo in inglese anziché in italiano? Spiegaci perché lo hai intitolato così e parlaci, per sommi capi, di questo libro e gli argomenti trattati.
“I am in Wonderland – pensieri e parole” è un libro agevole che si rivolge tanto al mondo adolescenziale quanto a quello adulto. È una raccolta di riflessioni e di aforismi che presenta i caratteri fisionomici di un diario universale. Ho intitolato il libro “I am in Wonderland” perché rappresenta una finestra sullo stato emotivo di un’adolescente. Quasi uno specchio sul subconscio di una ragazza che vive la vita perdendosi in essa e analizzandone i significati più essenziali e soprattutto sostanziali. La traduzione di “I am in Wonderland” è “Io sono nel Paese delle Meraviglie”. La scelta dell’utilizzo della lingua inglese è motivata: nelle mie intenzioni “Wonderland” non ha espliciti collegamenti con il “Paese delle Meraviglie” della nota Alice, bensì è un mondo buffo, confuso e colmo di contraddizioni. Un mondo super colorato, un mondo a testa in giù, un mondo dominato dal caos. Rappresenta un buco nero e al contempo è il motore e generatore dei pensieri e delle cose. Il confine tra ciò che esiste e ciò che rendiamo esistente.
Tu sei anche una cantante. Vuoi raccontarci com’è nata la tua passione per la musica e come hai esordito in questo campo?
Quando parlo della musica, non parlo mai di una passione ma di un mio modo di essere. La musica, secondo me, non può essere considerata "un accessorio di convenienza" a cui spetta il ruolo di completare la vita di una persona. È qualcosa di intimamente compenetrato all'essenza di un individuo: qualcosa che non si può negare o ripudiare per scelta. Canto da sempre ma la mia prima vera esibizione è avvenuta in occasione di una recita scolastica all’età di otto anni. Per gioco ho provato ad abbracciare questa nuova esperienza, gettata sul palco dall’entusiasmo delle mie persone care. Non sono ancora scesa!
È nata prima la passione per la musica o prima quella per la scrittura?
Scrivo da sempre. Ricordo bene, quando, negli anni della mia primissima infanzia, ancora incapace di leggere e scrivere, dettavo tutto quello che mi passava per la testa a mia sorella. Da piccola mi ha tenuto compagnia anche un vecchio registratore.
Chi sono i tuoi modelli nella musica?
Penso di non avere dei modelli definiti: amo tutto ciò che è musica e nella scelta dei brani da interpretare non tengo in considerazione gli interpreti originali bensì lo stile musicale del pezzo, prediligendo il pop-melodico moderno, italiano e straniero.
E nella scrittura?
Mi piacciono molto Alessandro Baricco, Alda Merini e Paulo Coelho e sono, inoltre, innamorata della letteratura inglese.
Per adesso fai cover, ma hai mai scritto qualche testo da poter cantare in futuro?
Già da un anno gira in rete il mio videoclip del brano inedito “Dire Sempre o Dire Mai” scritto per me da Stefania e Carmelo Labate (attuale chitarrista e arrangiatore di Ivana Spagna), già finalista al Festival “Premio Mia Martini” nell’anno 2009 e vincitore a “Il Cantagiro” nell’anno 2010 (sezione videoclip). Sono stata, inoltre, tra i papabili di “Sanremo giovani” 2011 con il brano “Il Tempo” del M° Vincenzo Capasso e G. Bonasia. Recentemente ho scritto un testo che verrà al più presto musicato.
A proposito del futuro: che progetti hai sia nell’ambito della scrittura sia in quello della musica?
Diciamo “work in progress”. Per il momento studio e mi limito a godere di “queste giornate di sole”. Ho molti progetti, tutti da costruire e spero da realizzare presto! Incrociamo le dita!
Infine, come si può acquistare il tuo libro?
"I am in Wonderland, pensieri e parole" (Edizioni La Gru, € 9,50 - Codice ISBN 9788897092025) è disponibile ad Agrigento presso la Libreria “Deleo” (Via XXV Aprile,210 - Tel. 0922.20708 - Email: libreriadeleo@alice.it ) e a Favara presso la libreria “Il Papiro” (V.le Pietro Nenni 130 – Email: papiroeditore@libero.it ). Il libro può essere ordinato anche sul sito www.edizionilagru.com e vi verrà spedito senza spese aggiuntive.
Grazie mille per aver accettato il mio invito, Serena. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te! Crepi il lupo!
Domenico Esposito Mito
sabato 8 gennaio 2011
BottE di Capodanno
Ho sempre provato una strana angoscia nelle notti di Capodanno e all’inizio non capivo perché, forse perché sapevo che tutto si nascondeva dietro falsi sorrisi, falsi auspici, festeggiamenti ipocriti. Poi ho capito il vero motivo: perché ogni anno, in quella notte, gli uni festeggiano sempre a scapito del dolore altrui.
Ogni anno, in quella notte ci devono sempre essere almeno un morto e tanti feriti. Non conosco nessuno di quelli che sono morti a causa degli incidenti di Capodanno, eppure quando succede, provo un dolore immenso, come se fossero miei cari, perché penso che com'è accaduto a loro, potrebbe accadere anche a qualcuno di noi e soltanto a causa della stupidità e della superficialità di gente che festeggia, senza nemmeno sapere che cosa. Un altro morto e settantuno feriti, soltanto a Napoli, quest'anno.
Non bastano i fuochi e i botti, già di per sé pericolosi, che spaventano i neonati e gli animali, gatti e cani che tremano, volatili che muoiono colpiti dai fuochi d'artificio; non basta tutto questo: i signori della periferia di Napoli (e non solo loro, s’intende) devono sparare con le pistole e chi ci va di mezzo è sempre gente che non c'entra. Non sempre sbagliando, s'impara e questa è la prova. Succede ogni anno, e ogni anno una famiglia deve piangere la morte di un caro che ha perso l'anno precedente, maledicendo quella festività, mentre altri seguiteranno a bere spumante, a ballare le solite canzoncine che trasmettono in televisione dopo la mezzanotte, a brindare augurandosi che il nuovo anno sia più proficuo, lamentandosi che in quello trascorso non sono diventati ricchi o che non hanno trovato l'amore e altre idiozie del genere.
L'unico auspicio che dobbiamo farci è che la mente umana cominci a evolversi, che le persone comincino a riflettere sulle idiozie che fanno e che cesseremo di contare, ogni anno, il numero dei morti e dei feriti, come se fosse una guerra e non una semplice e allegra festa.
Domenico Esposito Mito
Ogni anno, in quella notte ci devono sempre essere almeno un morto e tanti feriti. Non conosco nessuno di quelli che sono morti a causa degli incidenti di Capodanno, eppure quando succede, provo un dolore immenso, come se fossero miei cari, perché penso che com'è accaduto a loro, potrebbe accadere anche a qualcuno di noi e soltanto a causa della stupidità e della superficialità di gente che festeggia, senza nemmeno sapere che cosa. Un altro morto e settantuno feriti, soltanto a Napoli, quest'anno.
Non bastano i fuochi e i botti, già di per sé pericolosi, che spaventano i neonati e gli animali, gatti e cani che tremano, volatili che muoiono colpiti dai fuochi d'artificio; non basta tutto questo: i signori della periferia di Napoli (e non solo loro, s’intende) devono sparare con le pistole e chi ci va di mezzo è sempre gente che non c'entra. Non sempre sbagliando, s'impara e questa è la prova. Succede ogni anno, e ogni anno una famiglia deve piangere la morte di un caro che ha perso l'anno precedente, maledicendo quella festività, mentre altri seguiteranno a bere spumante, a ballare le solite canzoncine che trasmettono in televisione dopo la mezzanotte, a brindare augurandosi che il nuovo anno sia più proficuo, lamentandosi che in quello trascorso non sono diventati ricchi o che non hanno trovato l'amore e altre idiozie del genere.
L'unico auspicio che dobbiamo farci è che la mente umana cominci a evolversi, che le persone comincino a riflettere sulle idiozie che fanno e che cesseremo di contare, ogni anno, il numero dei morti e dei feriti, come se fosse una guerra e non una semplice e allegra festa.
Domenico Esposito Mito
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mercoledì 22 dicembre 2010
Intervista di Domenico Esposito Mito a Giuseppe Vitale (scrittore)
Giuseppe Vitale nasce a Siracusa e ha trascorso gran parte della sua vita in Ortigia.
A diciassette anni scrive il suo primo libro, una raccolta di racconti, intitolata "Divoriidee", autopubblicata con ilmiolibro.it.
Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza al Consorzio universitario Megara Ibleo di Messina.
"Se ciò che cerchi è la storia dell'amore e dei problemi di due adolescenti sedicenni o un lacrimoso epillio su una quarantenne divorziata che si riscopre pittrice, posa subito questo libro. Potrebbe farti del male. Queste sono solo storie di ordinaria follia. Voli pindarici e pazzi sogni, forse incubi. Potrebbero cambiarti la vita. Vuoi rischiare?"così, Giuseppe Vitale, presenta la sua raccolta.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:
Ciao, Giuseppe, innanzitutto ti do il benvenuto a questa piccola intervista.
Ciao a te e saluti anche a chi legge.
Parliamo innanzitutto del titolo: cos'è "Divoriidee"? Perché hai intitolato proprio così la tua raccolta di racconti?
Perché era un periodo della mia vita, quello in cui pubblicai Divoridee, in cui amavo analizzare ogni ideale, ogni modo di vedere o di essere delle cose, per scoprirne i motivi e le cause. Quello che all’inizio era solo uno sfogo disperato, la rabbia nell’accorgermi di molti siparietti e bugie, diventò un hobby: rompere e divorare idee, aprirle come certi bambini fanno con i giocattoli meccanici, per scoprire come funzionano, come ripararli, magari, migliorarli, da necessità era diventato hobby, motivo di vita.
Come mai hai deciso di scrivere racconti anziché un romanzo?
Scrivere un romanzo che parli della mia società? Che riesca, intorno ad un solo protagonista, o a un gruppo ristretto di persone, a mostrare la poliedrica sfaccettatura del mondo? Le centinaia di tinte di grigio che esistono?
Non credo che ne sarei stato in grado, non mi sento né Bulgakov, né Gogol.
Quando hai scritto Divoriidee, avevi soltanto diciassette anni e già parlavi, in forma molto ironica, di politica e d’ideologie. Questo tuo interesse è nato da sé oppure dipende da una certa educazione, una cultura acquisita nell’ambiente in cui sei cresciuto?
Credo che praticamente nulla nasca da sé. Sono il risultato dell’educazione impartitami dai miei genitori e delle esperienze, belle brutte, che mi sono capitate. Il mio è un interesse generale per la vita, non solo per la politica, o le ideologie. In loro vedo solo qualcosa di tragicomico, un siparietto interessante per coprire le parti intime della nostra anima, per vestirci con qualcosa che ci riempie la bocca e ci fa sentire meno stupidi, meno inutili, più partecipi del mondo intorno a noi. Ma che non si pensi, neanche lontanamente, che io sia un attivista di qualche tipo. Mi occupo delle persone e del loro modo di rapportarsi con le idee, non delle idee in sé.
Cosa ne pensi, dunque, di chi dice spesso che noi giovani non c'impegniamo né c'interessiamo della politica e del sociale? E il tuo interesse fino a che punto arriva?
Cresciamo liberali e moriamo conservatori, questa è una massima che vale praticamente per chiunque, in qualunque epoca. Tutti noi ci impegniamo, a modo nostro, per cambiare il mondo, e finiamo con il cambiare i canali della televisione, fieri del nostro nuovo digitale terrestre.
Credo che i giovani s’impegnino nella politica, percentualmente, tanto quanto si impegnavano in passato, se non di più.
Spesso non ci rendiamo conto del fatto che non abbiamo realmente un peso, o un potere contrattuale e siamo convinti di poter davvero essere l’ago della bilancia in qualche occasione, anche se non sappiamo mai bene quale. Manifestiamo contro ogni riforma dell’istruzione fin dai tempi di Gentile e del regio decreto del 31 dicembre 1922, troviamo sempre il nuovo peggiore del vecchio, con l’occhio di chi non ha mai davvero capito cos’era il vecchio e non sa cos’è con precisione cos’è il nuovo, ma vuole comunque dire la sua.
Credo che i giovani si interessino, dunque, al mondo politico e sociale, mi riferisco a una certa categoria di ragazzi, diciamo gli stessi che leggono blog come questo e che hanno un minimo di cultura, quindi una netta minoranza tra i tanti. Credo anche che questi giovani si interessino con sincerità e voglia di fare ma che comunque anche la stragrande maggioranza di questo ristretto gruppo non abbia e non avrà nulla da dire. Esattamente come la loro controparte adulta.
In che modo si può acquistare "Divoridee"?
Esclusivamente online, tramite un qualunque paypal, dal link che è stato dato nella prefazione. È un libro auto-pubblicato, chiunque ne voglia una copia se la vedrà stampata personalmente e inviata a casa in un periodo pari a 2-3 giorni al più.
Per il futuro, pensi che continuerai a scrivere? Quali sono i tuoi progetti?
Ho scritto un romanzo, basato su un gioco di ruolo, Sine Requie, mi ha appassionato profondamente e penso sia uno dei miei migliori lavori. Ma i problemi riguardanti i diritti sono molti, forse troppi, quindi penso che lo utilizzerò per sostenere il tavolo del pc.
Decine di racconti sono stati accumulati in giro per il mio desktop, o in cartelle polverose. E quando sei una cartella del pc non è mica facile diventare polverosa. Magari cercherò un editore prima o poi, ma lo studio universitario incalza e il tempo per scrivere è sempre meno.
Scrivo più che altro per me e pubblico i miei nuovi racconti sul mio facebook, disponibili per chiunque voglia leggerli, ovviamente gratis.
Grazie per aver accettato l'invito, Giuseppe. Non mi resta che farti tanti in bocca al lupo per tutto!
Grazie a te, rispondere a delle domande su ciò che sono fatte da qualcun altro mi aiuta molto a riflettere e a pensare.
E ovviamente voglio salutare Chiara, la mia ragazza e Claudia, l’amica che mi ha presentato al buon blogger che mi ha fatto queste domande.
Sì, sono uno di quelli che di fronte alla telecamera alza la mano, fa ciao e dice “Mamma, guardami, sono in tv!”
Ciao a tutti!
Domenico Esposito Mito
A diciassette anni scrive il suo primo libro, una raccolta di racconti, intitolata "Divoriidee", autopubblicata con ilmiolibro.it.
Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza al Consorzio universitario Megara Ibleo di Messina.
"Se ciò che cerchi è la storia dell'amore e dei problemi di due adolescenti sedicenni o un lacrimoso epillio su una quarantenne divorziata che si riscopre pittrice, posa subito questo libro. Potrebbe farti del male. Queste sono solo storie di ordinaria follia. Voli pindarici e pazzi sogni, forse incubi. Potrebbero cambiarti la vita. Vuoi rischiare?"così, Giuseppe Vitale, presenta la sua raccolta.
Seguite questo link, per leggere le prime pagine:
Ciao, Giuseppe, innanzitutto ti do il benvenuto a questa piccola intervista.
Ciao a te e saluti anche a chi legge.
Parliamo innanzitutto del titolo: cos'è "Divoriidee"? Perché hai intitolato proprio così la tua raccolta di racconti?
Perché era un periodo della mia vita, quello in cui pubblicai Divoridee, in cui amavo analizzare ogni ideale, ogni modo di vedere o di essere delle cose, per scoprirne i motivi e le cause. Quello che all’inizio era solo uno sfogo disperato, la rabbia nell’accorgermi di molti siparietti e bugie, diventò un hobby: rompere e divorare idee, aprirle come certi bambini fanno con i giocattoli meccanici, per scoprire come funzionano, come ripararli, magari, migliorarli, da necessità era diventato hobby, motivo di vita.
Come mai hai deciso di scrivere racconti anziché un romanzo?
Scrivere un romanzo che parli della mia società? Che riesca, intorno ad un solo protagonista, o a un gruppo ristretto di persone, a mostrare la poliedrica sfaccettatura del mondo? Le centinaia di tinte di grigio che esistono?
Non credo che ne sarei stato in grado, non mi sento né Bulgakov, né Gogol.
Quando hai scritto Divoriidee, avevi soltanto diciassette anni e già parlavi, in forma molto ironica, di politica e d’ideologie. Questo tuo interesse è nato da sé oppure dipende da una certa educazione, una cultura acquisita nell’ambiente in cui sei cresciuto?
Credo che praticamente nulla nasca da sé. Sono il risultato dell’educazione impartitami dai miei genitori e delle esperienze, belle brutte, che mi sono capitate. Il mio è un interesse generale per la vita, non solo per la politica, o le ideologie. In loro vedo solo qualcosa di tragicomico, un siparietto interessante per coprire le parti intime della nostra anima, per vestirci con qualcosa che ci riempie la bocca e ci fa sentire meno stupidi, meno inutili, più partecipi del mondo intorno a noi. Ma che non si pensi, neanche lontanamente, che io sia un attivista di qualche tipo. Mi occupo delle persone e del loro modo di rapportarsi con le idee, non delle idee in sé.
Cosa ne pensi, dunque, di chi dice spesso che noi giovani non c'impegniamo né c'interessiamo della politica e del sociale? E il tuo interesse fino a che punto arriva?
Cresciamo liberali e moriamo conservatori, questa è una massima che vale praticamente per chiunque, in qualunque epoca. Tutti noi ci impegniamo, a modo nostro, per cambiare il mondo, e finiamo con il cambiare i canali della televisione, fieri del nostro nuovo digitale terrestre.
Credo che i giovani s’impegnino nella politica, percentualmente, tanto quanto si impegnavano in passato, se non di più.
Spesso non ci rendiamo conto del fatto che non abbiamo realmente un peso, o un potere contrattuale e siamo convinti di poter davvero essere l’ago della bilancia in qualche occasione, anche se non sappiamo mai bene quale. Manifestiamo contro ogni riforma dell’istruzione fin dai tempi di Gentile e del regio decreto del 31 dicembre 1922, troviamo sempre il nuovo peggiore del vecchio, con l’occhio di chi non ha mai davvero capito cos’era il vecchio e non sa cos’è con precisione cos’è il nuovo, ma vuole comunque dire la sua.
Credo che i giovani si interessino, dunque, al mondo politico e sociale, mi riferisco a una certa categoria di ragazzi, diciamo gli stessi che leggono blog come questo e che hanno un minimo di cultura, quindi una netta minoranza tra i tanti. Credo anche che questi giovani si interessino con sincerità e voglia di fare ma che comunque anche la stragrande maggioranza di questo ristretto gruppo non abbia e non avrà nulla da dire. Esattamente come la loro controparte adulta.
In che modo si può acquistare "Divoridee"?
Esclusivamente online, tramite un qualunque paypal, dal link che è stato dato nella prefazione. È un libro auto-pubblicato, chiunque ne voglia una copia se la vedrà stampata personalmente e inviata a casa in un periodo pari a 2-3 giorni al più.
Per il futuro, pensi che continuerai a scrivere? Quali sono i tuoi progetti?
Ho scritto un romanzo, basato su un gioco di ruolo, Sine Requie, mi ha appassionato profondamente e penso sia uno dei miei migliori lavori. Ma i problemi riguardanti i diritti sono molti, forse troppi, quindi penso che lo utilizzerò per sostenere il tavolo del pc.
Decine di racconti sono stati accumulati in giro per il mio desktop, o in cartelle polverose. E quando sei una cartella del pc non è mica facile diventare polverosa. Magari cercherò un editore prima o poi, ma lo studio universitario incalza e il tempo per scrivere è sempre meno.
Scrivo più che altro per me e pubblico i miei nuovi racconti sul mio facebook, disponibili per chiunque voglia leggerli, ovviamente gratis.
Grazie per aver accettato l'invito, Giuseppe. Non mi resta che farti tanti in bocca al lupo per tutto!
Grazie a te, rispondere a delle domande su ciò che sono fatte da qualcun altro mi aiuta molto a riflettere e a pensare.
E ovviamente voglio salutare Chiara, la mia ragazza e Claudia, l’amica che mi ha presentato al buon blogger che mi ha fatto queste domande.
Sì, sono uno di quelli che di fronte alla telecamera alza la mano, fa ciao e dice “Mamma, guardami, sono in tv!”
Ciao a tutti!
Domenico Esposito Mito
mercoledì 15 dicembre 2010
Recensione de "La Città Dei Matti" su Sognando Leggendo
Seguite questo link per leggere la recensione del mio libro su Sognando Leggendo.
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